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A Roma servono 70mila alloggi, afferma il sindaco Roberto Gualtieri.

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A Roma servono 70mila alloggi, afferma il sindaco Roberto Gualtieri.

Il sindaco Roberto Gualtieri ha dichiarato che a Roma servono circa 70mila alloggi per coprire il fabbisogno abitativo. Interventi da parte del Comune sono in atto, ma per il momento quello della casa continua a rimanere un problema molto sentito nella capitale.

La sfida del divario abitativo

“Abbiamo bisogno di una trasformazione capillare e diffusa della città. Abbiamo bisogno di più case, c’è un gap di 70mila abitazioni tra edilizia pubblica, sociale e studentati”. Lo ha detto il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, intervenendo all’assemblea di Confindustria Assoimmobiliare. Il risultato è stato estrapolato da uno studio effettuato dal Comune di Roma, che tiene conto dei bisogni di chi cerca un alloggio nella capitale. Tra studenti, singoli e famiglie, sono circa 70mila le persone che cercano casa a Roma, un numero che non diminuirà nel corso dei prossimi anni. Ma dove reperirle?

Progetti e riqualificazioni in corso

Il Comune di Roma ha messo in campo degli interventi al fine di ovviare al problema, che riguardano il recupero di alcune aree della capitale in passato oggetto di situazioni molto complesse. Con 24 milioni di fondi del Pnrr si punta a riqualificare l’ex edificio scolastico di Cardinal Capranica, che nel 2019 fu oggetto di uno sgombero discusso e problematico, con centinaia di persone – tra cui moltissimi bambini – lasciate in strada senza una soluzione alternativa. Al suo posto saranno edificare due nuove palazzine di edilizia residenziale pubblica che arriveranno a contare circa 71 appartamenti. C’è poi il progetto per la riqualificazione dell’ex Fiera di Roma, che prevede una parte destinata all’abitativo e una parte agli spazi pubblici, e quello dell’ex residence Bravetta. La rigenerazione urbana ed edilizia del comparto di Edilizia Economica e Popolare R5 a Tor Bella Monaca e quella del Porto Fluviale RecHouse. Il recupero dell’ex stabilimento Mira Lanza, nel quadrante Ostiense – Marconi, invece, punta a creare residence per gli studenti. Progetti tutti in atto, ma per i quali ci vorrà ancora diverso tempo affinché siano completamente realizzati.

Sfide future per l’abitazione a Roma

Intanto però, il problema rimane. La situazione è destinata ad aggravarsi con l’arrivo del Giubileo 2025, con il boom di abitazioni destinate ai soggiorni brevi (ed esosi) dei pellegrini. L’aumento vertiginoso dei costi degli affitti impedisce a migliaia di persone di trovare una qualsivoglia sistemazione, anche ‘arrangiata’. E non è raro vedere adulti, pure con un lavoro stabile, cercare una stanza in condivisione con altre persone per dividere i costi (senza trovarla). Ci sono poi gli studenti, che con i loro budget limitati ormai quasi nemmeno ci provano a trovare casa a Roma, rassegnandosi a fare i pendolari. Così come pendolari sono ormai tutte quelle persone che lavorano a Roma ma vivono fuori città, e che da anni provano ad avvicinarsi alla capitale. Per non parlare invece delle persone in emergenza abitativa che non riescono ad accedere nemmeno alle case popolari, che vivono per strada o, se va meglio, nelle occupazioni. Chi invece una casa in affitto era riuscito a trovarla, sempre più spesso si vede sbattuto fuori per far posto a nuovi b&b, un mercato che oggi fa gola a chi prevede di affittare casa a turisti e pellegrini.

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L’umanità ha sfiorato appena lo 0,001% dei fondali marini e questo è un fallimento evidente

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L’umanità ha sfiorato appena lo 0,001% dei fondali marini e questo è un fallimento evidente

OceaniMisteriosi Avete idea di quanto poco abbiamo esplorato i vasti e affascinanti abissi oceanici? Un nuovo studio sconvolgente rivela che, dall’inizio delle esplorazioni negli anni ’50, l’umanità ha osservato direttamente solo lo 0,001% dei fondali marini – una frazione ridicola, paragonabile a un decimo della superficie del Belgio, che ci fa interrogare su quanti segreti incredibili potrebbero ancora nascondersi nelle profondità!

Ma cosa significa davvero questa scoperta? Le missioni di osservazione dei fondali marini, raccolte in uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances, evidenziano quanto siamo ancora ignoranti su un ambiente essenziale per il nostro pianeta. Eppure, nonostante il ruolo vitale degli oceani nel sistema terrestre, la maggior parte delle esplorazioni è concentrata in poche aree.

Un evidente bias di osservazione

Le 44.000 immersioni in acque profonde dal 1958 mostrano una distribuzione estremamente sbilanciata: il 65% è stato effettuato a 400 chilometri dalle coste degli Stati Uniti, del Giappone e della Nuova Zelanda, con il 97% condotto da sole cinque nazioni, tra cui la Francia e la Germania. Questo squilibrio crea un vero pregiudizio nella nostra comprensione degli ecosistemi marini, basata su un campionamento minuscolo e non rappresentativo. Immaginate se le ipotesi scientifiche sui continenti si basassero solo sullo 0,001% della superficie terrestre – suonerebbe assurdo, eppure è esattamente ciò che accade per gli oceani.

Come possiamo valutare gli effetti del cambiamento climatico o dell’estrazione mineraria sulle profondità marine con dati così limitati? Katy Croff Bell, autrice principale dello studio, lo spiega con chiarezza: “Abbiamo bisogno di comprendere meglio gli ecosistemi delle profondità oceaniche e i processi che regolano questi ambienti per prendere decisioni informate sulla gestione delle risorse e la conservazione di questo ambiente”.

Osservare direttamente l’oceano per comprenderlo

L’umanità ha sfiorato appena lo 0,001% dei fondali marini e questo è un fallimento evidente

Le profondità superiori ai 200 metri sono un mondo estremo che influisce sui cicli chimici globali e ha già regalato scoperte rivoluzionarie, come nel campo farmaceutico. Al momento, ci affidiamo a dati indiretti da navi e satelliti, che sono meno affidabili delle osservazioni dirette. Gli esperti concordano: non potremo mai mappare ogni angolo degli oceani, ma uno sforzo maggiore potrebbe rivelare tesori inimmaginabili che cambiano il nostro futuro.

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Elon Musk e gli Stati Uniti manovrano per imporre una tecnologia di controllo globale sulle comunicazioni

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Elon Musk e gli Stati Uniti manovrano per imporre una tecnologia di controllo globale sulle comunicazioni

ElonMuskSegreto Vi siete mai chiesti come gli USA potrebbero stare usando Starlink per conquistare il controllo globale delle comunicazioni? Un recente rapporto su documenti trapelati dal Dipartimento di Stato rivela una strategia audace che mescola business e geopolitica, con Elon Musk al centro di tutto, nel tentativo di surclassare potenze come Cina e Russia.

In un mondo dove il dominio digitale è sinonimo di potere, gli Stati Uniti stanno spingendo l’espansione di Starlink, il servizio Internet satellitare di SpaceX, ben oltre i confini commerciali. Secondo i documenti interni, il governo americano ha esercitato pressioni su vari paesi per concedere licenze a Starlink, integrando questi negoziati in accordi commerciali più ampi. Questa mossa non è solo per connettere regioni remote, ma per rafforzare l’influenza tecnologica globale e contrastare avversari internazionali.

L’espansione globale di Starlink

L’azienda di Elon Musk è diventata un pilastro della strategia USA, con esempi che fanno riflettere.

I documenti trapelati evidenziano come, in Lesotho, Starlink abbia ottenuto la sua prima licenza per i servizi Internet satellitari poche settimane dopo che gli Stati Uniti hanno imposto dazi del 50% sulle sue esportazioni. Similmente, in India, le approvazioni normative sono avanzate rapidamente, con l’aspettativa di facilitare nuovi accordi commerciali. Altre nazioni, come la Somalia, il Bangladesh e il Vietnam, hanno fatto concessioni simili per evitare tariffe più elevate e migliorare le relazioni con Washington.

Pressioni diplomatiche e contrasti internazionali

Sebbene non ci siano prove dirette di scambi espliciti, è chiaro che figure come Marco Rubio hanno intensificato le pressioni sui funzionari per approvare Starlink durante i negoziati. Queste azioni potrebbero essere parte di uno sforzo più ampio per controbilanciare l’espansione cinese nel settore delle telecomunicazioni satellitari,

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mettendo in luce un gioco di potere che potrebbe ridefinire le alleanze globali.

Impatto sui paesi in via di sviluppo

Questa tattica sta creando dilemmi per molti governi, che devono bilanciare i vantaggi commerciali con le preoccupazioni sulla sovranità tecnologica. Ad esempio, in India, il rapido via libera a Starlink potrebbe aprire porte a nuovi accordi, ma anche generare tensioni con partner commerciali. Analisti avvertono che tali strategie potrebbero leadere a dipendenze tecnologiche, ostacolando la negoziazione equa per i paesi emergenti e creando conflitti con i fornitori locali di telecomunicazioni, che rischiano di essere surclassati da una tecnologia così avanzata e accessibile.

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