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DOPING Magnini: “Tanta amarezza. Mi sento come Ronaldo”

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DOPING Magnini: “Tanta amarezza. Mi sento come Ronaldo”

DOPING Magnini, condannato a 4 anni di squalifica, ha detto la sua sulla sentenza del tribunale antidoping

DOPING Magnini a margine del processo: “Sono dispiaciuto e anche arrabbiato. L’amarezza è tanta ma me l’aspettavo. So che la sentenza era già stata scritta prima del 15 ottobre, prima che io venissi qui a parlare. Non conosco il motivo, ce lo stiamo chiedendo con gli avvocati, stiamo pensando a chi potrei aver pestato i piedi. Non ho fatto nulla, trovo ridicola questa sentenza. Il procuratore Laviani mi ha detto a processo sbattendo i pugni sul tavolo: “Basta, ormai è una questione personale”. Parliamo di un accanimento, di una forzatura. Non ci sono prove, anzi le prove dimostrano il contrario, ragion per cui faremo certamente ricorso. Mi rivedo molto in una frase importante e bella di Cristiano Ronaldo, accusato di stupro. Io come lui sono un esempio nello sport e nella vita: ho una bellissima famiglia, ho una ragazza che amo e che mi segue in tutto, sono in salute e ho sempre avuto un sorriso per tutti, quindi sinceramente di quello che dice certa gente non mi interessa minimamenteUna cosa mi fa ridere, anzi mi fa rabbia: la Procura dice di ritenere che noi abbiamo pensato di fare qualcosa, anche se poi non lo abbiamo fatto. È un processo alle intenzioni e non mi sarei mai immaginato una cosa del genere: sono incazzato nero. Se vogliamo guardare gli aspetti positivi, visto che sono sempre stato un atleta ottimista, oggi usciamo da qui con la certezza che non si può dire né scrivere che Magnini si sia dopato, perché due dei tre capi di accusa sono spariti.

Qualunque persona che ha un po’ di cervello capisce che io non posso aver convinto una persona di trenta anni come Michele Santucci, (anche lui squalificato per quattro anni, ndr) a fare delle cose. L’entità della squalifica di 4 anni? Io mi sarei arrabbiato anche per un giorno. Quattro anni fa ridere perché viene fuori da niente. Abbiamo esempi di atleti che hanno preso due mesi dopo essere stati trovati positivi, altri che hanno preso due anni da recidivi. Noi veniamo sottoposti più o meno a 200 controlli nazionali e internazionali, e forse anche di più: quattro anni mi sembra esagerato. Non dico di fare come negli altri Paesi, dove per una cosa del genere ti avrebbero dato una pacca sulla spalla, ma noi non abbiamo neanche fatto il tentativo. Nessuno ha mai pensato a questo. Io e Michele abbiamo fatto un record insieme: siamo gli unici atleti non positivi che vengono squalificati. Voglio dare un consiglio al Coni. Pensare che al Comitato Olimpico vada bene che un procuratore, al quale è stato dato pieno potere, possa dire queste parole senza avere nessuna ripercussione, mi farebbe arrabbiare parecchio fossi in loro. È una cosa molto grave, l’indagine non è stata fatta per cercare la verità. Ci sono state molte irregolarità nel processo. Abbiamo prove di cose accadute molto gravi e le diremo nelle sedi giuste. Sono molto deluso da questa giustizia sportiva che non chiamo nemmeno più così. Credo che scriverò un libro su questa vicenda. Agli atleti dico: “state attenti, fate qualcosa perché io ho avuto paura”. Finché non sono morto non posso accettare una cosa del genere. Siamo solo alla virata dei cinquanta metri ed io le gare le vincevo negli ultimi dieci. Perché è successo? Ho pensato di tutto, anche che il mio movimento “I’m doping free” possa aver dato fastidio a qualcuno o che io potessi essere una pedina per colpire qualcuno più importante. Se i trenta anni dati al medico Porcellini possano aver portato il mio processo su questa strada? Forse è tutto uno schema, ma mi chiedo quale sia il motivo. È una persecuzione, un accanimento nei miei confronti: la legge non può essere una cosa personale, non si giudica così. Al mio amico Mornati sono state fatte saltare le Olimpiadi di Rio e poi poco tempo fa ho avuto ragione dalla giustizia ordinaria: così è un po’ troppo facile”.

33ENNE ARRESTATO PER TENTATA CORRUZIONE 

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“Cucinavano tra i topi”: blitz in una pizzeria di Roma, scattano le multe

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“Cucinavano tra i topi”: blitz in una pizzeria di Roma, scattano le multe

Una pizzeria-tavola calda situata nel quartiere Ottavia, nel XIV Municipio di Roma, è stata chiusa a seguito di un controllo congiunto tra gli agenti della sezione amministrativa del XIV Gruppo Montemario della Polizia Locale e il personale della ASL Roma 1. Il provvedimento è stato adottato dopo la scoperta di gravi carenze igienico-sanitarie, tra cui la presenza di infestanti, blatte ed escrementi di topo, riscontrati nei locali durante l’ispezione.

Oltre all’allarmante quadro igienico, sono state rilevate irregolarità nei titoli autorizzativi dell’attività commerciale. Al termine dei controlli, al titolare sono state comminate sanzioni per un ammontare complessivo di circa 9.000 euro.

Un secondo intervento ha interessato anche un bar, sempre nel territorio del XIV Municipio. In questo caso, le autorità hanno rilevato difformità nei titoli autorizzativi e ulteriori criticità sul piano igienico-sanitario. La ASL ha emesso una diffida, ordinando il ripristino delle condizioni idonee. Anche qui sono state inflitte sanzioni, per un totale di circa 8.000 euro.

Questi interventi si inseriscono nell’ambito delle attività di vigilanza portate avanti dalla Polizia Locale e dagli organi sanitari per garantire il rispetto delle normative in materia di sicurezza alimentare e la tutela della salute pubblica.

Questi episodi rappresentano l’ennesimo campanello d’allarme sulla necessità di controlli sistematici nei pubblici esercizi. I cittadini, spesso ignari delle condizioni in cui vengono preparati gli alimenti, hanno il diritto di consumare cibo in ambienti salubri e sicuri.

La tutela della salute pubblica non può essere lasciata alla buona volontà del singolo imprenditore, ma deve essere garantita da controlli frequenti, pene efficaci e un forte senso civico.

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BIMBA CON TUMORE DI 800 GRAMMI: SALVATA GRAZIE AL BAMBINO GESU’

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BIMBA CON TUMORE DI 800 GRAMMI: SALVATA GRAZIE AL BAMBINO GESU’

‘Staffetta’ tra l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e l’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli per trattare una rara e voluminosa neoformazione fetale in una neonata prematura di appena 1,9 kg

Alla nascita pesava quasi due chili, ma portava con sé un tumore di ben 800 grammi, pari a oltre la metà del suo peso corporeo effettivo (1,1 kg). Grazie a un intervento intrauterino salvavita, effettuato mentre era ancora nella pancia della mamma e, subito dopo il parto, a un’operazione chirurgica di rimozione della massa, oggi la piccola – nata prematura alla 30° settimana di gestazione – è in buone condizioni di salute e sta per tornare a casa con la famiglia.

L’intervento fetale è stato eseguito all’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli da un’équipe multidisciplinare coordinata dagli specialisti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Due settimane dopo la procedura salvavita, la piccola è nata al Bambino Gesù con parto cesareo e subito dopo è stata sottoposta all’asportazione del tumore.

La grande massa rimossa, un teratoma sacro-coccigeo, è una rara neoplasia che si sviluppa nella parte terminale della colonna vertebrale e colpisce circa 1 neonato ogni 35.000-40.000 nati vivi. Pur essendo solitamente benigna, può comportare gravi complicanze per il feto. Tra queste il rischio di scompenso cardiaco, idrope fetale e morte intrauterina.

Nel caso specifico, alla 28° settimana di gestazione, a seguito di una rapida e improvvisa crescita della massa tumorale, gli specialisti dei due ospedali hanno deciso di intervenire in epoca fetale con una procedura mininvasiva di lasercoagulazione ecoguidata dei vasi sanguigni della massa stessa, eseguita presso il comparto operatorio del San Pietro Fatebenefratelli. Utilizzando un laser a diodi è stato possibile ridurre l’afflusso sanguigno al tumore, rallentandone la crescita e permettendo di prolungare la gravidanza fino alla 30° settimana.

La gestione multidisciplinare è proseguita all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, dove la mamma ha poi partorito con parto cesareo programmato nell’ambito del ‘Progetto Nascita’ dedicato ai nascituri affetti da gravi patologie congenite. Dopo essere venuta alla luce, la neonata – che prima dell’intervento pesava 1,9 chili – è stata immediatamente operata per rimuovere completamente il teratoma di circa 800 grammi, pari ad oltre la metà del suo peso corporeo effettivo (1,1 kg). L’operazione, della durata di circa 3 ore, ha incluso anche la ricostruzione della regione sacrale.

Oggi, a poche settimane dalla nascita, la piccola è in buone condizioni cliniche: respira autonomamente e si alimenta per bocca. Sta per tornare a casa con la sua famiglia e proseguirà il percorso di follow-up chirurgico e oncologico con controlli periodici. Al Bambino Gesù vengono seguiti circa 4-5 casi all’anno di teratoma sacro-coccigeo; 6 i bambini affetti da questa rara patologia nati nell’Ospedale Pediatrico romano.

 «In casi come questo, il tempo è un fattore determinante perché la tempestività dell’intervento consente di ridurre il rischio di scompenso cardiaco fetale che può portare alla necessità di una nascita molto prematura o alla morte in utero. Nel caso specifico, il corretto timing operatorio ha consentito di ‘stabilizzare’ il feto e di prolungare la gravidanza» sottolinea la dott.ssa Isabella Fabietti, chirurga fetale del Bambino Gesù. «È stato un lavoro di squadra rapido e coordinato, che ha fatto la differenza per il futuro di questa piccola paziente».

«L’approccio multidisciplinare, attivato sin dalla fase di diagnosi prenatale, si è rivelato fondamentale per garantire una pianificazione ottimale del percorso assistenziale nei suoi tre momenti chiave: prenatale, perinatale e postnatale» dichiara il dott. Andrea Conforti, responsabile di Chirurgia Neonatale e Pediatrica del Bambino Gesù. «Questo ha permesso di coordinare efficacemente numerose équipe afferenti a due diversi Ospedali, tutte coinvolte nella gestione di pazienti estremamente fragili. Grazie a questa pianificazione accurata è stato possibile eseguire, pochi minuti dopo la nascita, il complesso intervento di asportazione completa della massa sacrococcigea, con contestuale ricostruzione anatomica della regione perineale, salvaguardando strutture essenziali come il retto e le componenti nervose e vascolari deputate alla funzionalità della vescica e del colon distale».

 LE ÉQUIPE COINVOLTE

Il caso della bambina con teratoma da 800 grammi è stato seguito da diverse équipe coordinate dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. In particolare, per l’Ospedale Pediatrico romano hanno collaborato gli specialisti delle Unità Operative di Medicina e Chirurgia Fetale e Perinatale (il responsabile prof. Leonardo Caforio e la dott.ssa Isabella Fabietti); Terapia Intensiva Neonatale (il responsabile dott. Andrea Dotta e la dott.ssa Irma Capolupo); Chirurgia Neonatale e Pediatrica (il responsabile dott. Andrea Conforti e la dott.ssa Barbara Daniela Iacobelli); Anestesia e Perioperatorio Intensivo (il responsabile dott. Simone Reali). Per l’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, le Unità Operative di Ostetricia e Ginecologia (il responsabile prof. Marco Bonito); Anestesiologia e Rianimazione (il responsabile dott. Gianni Cipriani); Pediatria e Neonatologia (la responsabile dott.ssa Maria Eleonora Scapillati).

UN ‘PROGETTO NASCITA’ PER BAMBINI AD ALTO RISCHIO

Il Bambino Gesù copre tutte le specialità mediche e chirurgiche pediatriche, compresa la medicina materno-fetale, la ginecologia e la chirurgia fetale, ma non ha un reparto di degenza ostetrica. Con l’autorizzazione della Regione Lazio e l’accordo con l’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli, siglato nel marzo 2017, il Bambino Gesù è diventato a tutti gli effetti un ‘punto nascita’ per i casi ad alta complessità, a rischio di scompenso cardiaco e, quindi, di mortalità, che possono richiedere interventi in emergenza, anche con procedure assistenziali non convenzionali. L’obiettivo del ‘Progetto Nascita’, attivo da 8 anni, è quello di evitare a nascituri particolarmente vulnerabili i rischi del trasporto neonatale da una struttura all’altra, rendendo immediatamente disponibili, in un’unica sede, tutte le competenze ostetriche, neonatologiche e medico-chirurgiche necessarie alla gestione del caso. 

Le future mamme vengono selezionate per il parto al Bambino Gesù da un apposito comitato (composto da anestesisti, ostetrici e chirurghi di entrambi gli ospedali) che valuta le caratteristiche della gravidanza e la gravità delle condizioni del bambino. Ogni nascita viene seguita da un’équipe mista Bambino Gesù – San Pietro. Dall’inizio del progetto ad oggi sono stati effettuati in totale 216 parti, di cui 12 nel 2025.

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