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Cultura

ROMA ANTICA Il culto di Ecate

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ROMA ANTICA Il culto di Ecate

ROMA ANTICA Ecate o Hekate o Hekat, nota anche come Zea, è un personaggio di origine pre-indoeuropea ripreso nella mitologia greca e romana e poi nella religione.

Ecate regnava sui demoni malvagi, i fantasmi, la luna, i morti, la Negromanzia e la notte. Il più noto santuario a lei dedicato si trova a Lagina, in Turchia sudoccidentale. A seconda degli autori è figlia del titano Perse e di Asteria o di Zeus e Asteria. Secondo Apollonio Rodio fu madre di Scilla. Secondo Diodoro Siculo invece fu madre di Circe, Medea ed Egialeo avuti da Eete. Gli autori che attribuiscono a Ecate queste progenie sono posteriori ad altri che la citavano invece come vergine. Le sue ancelle erano chiamate Empuse.

ORIGINI

Ecate era in origine una dea delle terre selvagge e del parto proveniente dalla Tracia, della Tessaglia o dalla Caria. Nell’Alessandria tolemaica ottenne le sue connotazioni di dea della stregoneria. Il suo ruolo di Regina degli Spettri venne poi trasferito nella cultura post-rinascimentale. Oggi è considerata come una dea delle arti magiche e della stregoneria. Ecate era una divinità psicopompa, in grado di viaggiare tra il mondo degli uomini, quello degli dei e il regno dei Morti.

ICONOGRAFIA

Spesso è raffigurata con delle torce in mano, proprio per questa sua capacità di accompagnare anche i vivi nel regno dei morti. La Sibilla Cumana, a lei consacrata, traeva da Ecate la capacità di dare responsi provenienti dagli spiriti o dagli dei. La sua natura è bi-sessuata, in quanto possiede entrambi i principi della generazione, maschile e femminile. Per questo motivo è definita la fonte della vita, inoltre ha potere vitale su tutti gli elementi. Nell’iconografia Ecate è raffigurata con tre corpi, sembianze di cane o accompagnata da cani infernali ululanti in quanto veniva considerata protettrice dei cani. Dea degli incantesimi e degli spettri Ecate è raffigurata come triplice (celeste, terrestre e marina) e il numero Tre la rappresenta. Le sue statue si trovavano agli incroci (trivi) a protezione dei viandanti. È inoltre l’equivalente della Trivia romana.

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