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Abiti Puliti contro Zara, Inditex risponde alle accuse

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Abiti Puliti contro Zara, Inditex risponde alle accuse

Abiti Puliti contro Zara, Inditex risponde alle accuse.

AGGIORNAMENTO 21/11 ore 11: Abiti Puliti contro Zara, Inditex risponde alle accuse. Queste le parole affidate ad una nota ufficiale:

“I calcoli ipotizzati da Public Eye sono privi di fondamento, quindi le conclusioni sono completamente inaccurate e fuorvianti e respingiamo fermamente tali affermazioni. Infatti il prezzo di approvvigionamento è ben al di sopra di quello utilizzato in modo speculativo nel rapporto, che non è veritiero.

In ogni caso, sottolineiamo che tutte le fabbriche coinvolte nella produzione di questo capo sono state registrate e supervisionate prima che Public Eye ci contattasse, in linea con le nostre politiche di tracciabilità e compliance, senza alcuna violazione degli stipendi dei loro lavoratori.”

Contro Zara in scena la campagna ‘Abiti Puliti’. Secondo un’indagine esclusiva di Public Eye ci sarebbe infatti una forte ipocrisia dietro la produzione tessile del marchio, di proprietà del colosso Inditex. Ripercorrendo a ritroso la produzione di un maglione della collezione “Join Life” di Zara, la linea modello per la sostenibilità dell’azienda, l’organizzazione ha messo in luce la realtà vissuta dai lavoratori e dalle lavoratrici lungo la catena di fornitura.
 
Al pubblico Inditex si presenta come un’azienda trasparente, che attribuisce la massima importanza alle persone che realizzano i suoi capi. Lo dimostra lo slogan della sua campagna di comunicazione, “R-E-S-P-E-C-T: find out what it means to me” (RISPETTO: scopri cosa significa per me), che si rifà alla canzone di Aretha Franklin. Un modo che sottintende la cura che l’azienda avrebbe verso le lavoratrici e i lavoratori della sua filiera.
 
In realtà, secondo i risultati dell’inchiesta, l’impressione sarebbe del tutto diversa: operai soffocati dall’enorme compressione dei prezzi che Inditex esercita sui suoi fornitori. Ne conseguono salari di povertà, orari di lavoro eccessivi, contratti precari, cui fanno da contraltare i profitti milionari per il brand. Public Eye, in collaborazione con alcuni partner della Clean Clothes Campaign e BASIC, stima che l’azienda, per ogni maglione venduto, guadagna il doppio di tutte le persone impegnate nella sua produzione.
 
Risalendo la catena di produzione dell’articolo, si è arrivati fino agli stabilimenti di Smirne, in Turchia. E’ qui che vengono realizzati i 20mila maglioni, venduti in Svizzera al prezzo di 39,67 euro cadauno. Peccato che la fabbrica abbia ricevuto soltanto 1,53 euro al pezzo, mentre la tipografia che ha apposto lo slogan solo nove centesimi a stampa. E’ quindi ovvio che, per garantire la produzione, i proprietari abbiano dovuto sotto pagare i dipendenti o farli lavorare più del consentito.
 
I lavoratori avrebbero percepito tra i 310 e i 390 euro al mese, un terzo del salario che la Clean Clothes Campaign stima come dignitoso. Il tutto mentre il codice di condotta di Inditex afferma testualmente che i suoi fornitori dovrebbero sempre pagare salari “sufficienti a coprire almeno le esigenze di base dei lavoratori e delle loro famiglie, nonché ogni altra ragionevole necessità“. Non solo: in uno degli stabilimenti la produzione sarebbe continuativa per 24 ore al giorno, divisa in due soli turni da 12 ore. Una pratica contraria al codice di condotta e alla legge turca, che impone in sette ore e mezza i turni massimi di lavoro. In più, in una delle fabbriche buona parte dei lavoratori sarebbero assunti con contratti giornalieri, senza alcuna garanzia di impiego il giorno successivo.
 
La ricerca condotta sulla popolare felpa di Zara conferma ciò che affermiamo da tempo. Le pratiche d’acquisto capestro esercitate dai marchi committenti sono la prima causa strutturale della compressione dei costi verso i fornitori e del conseguente impoverimento cronico di milioni di lavoratori nel mondo.” dichiara Deborah Lucchetti, portavoce della Campagna Abiti Puliti. “È sempre più urgente e necessario affrontare il tema della redistribuzione della ricchezza nelle catene produttive globali della moda a favore dei lavoratori, spesso donne, che ne sono le principali artefici. Per questo sono necessari accordi vincolanti che obblighino i marchi committenti a pagare prezzi adeguati a garantire il riconoscimento di salari dignitosi a tutti i lavoratori della filiera
 
Da Inditex non è fornito nessun dato concreto sui livelli salariali dei suoi fornitori e sui prezzi di acquisto dei suoi articoli. Per questo, Public Eye, in collaborazione con il collettivo Éthique sur l’étiquette, la Schone Kleren Campagne e l’ufficio di analisi francese BASIC ha stimato dettagliatamente la composizione del prezzo di questo maglione. Secondo i calcoli, il guadagno per l’azienda è di 4,20 euro al pezzo, il doppio di quanto percepiscono le persone impegnate nella sua produzione (2,08 euro), dai campi di cotone in India alla filanda di Kayseri, nella Turchia centrale, fino alle fabbriche di Smirne. Una scelta questa tutt’altro che frutto del caso: con soli 3,62 euro in più a maglione alla mano d’opera, si garantirebbe un salario dignitoso a tutti i lavoratori. 
 
Inditex, che nel 2018 ha registrato un utile netto record di 3,44 miliardi di euro, deve rispettare i diritti di coloro che contribuiscono al suo successo, cominciando a pagare dei prezzi di acquisto sufficienti a garantire loro un salario dignitoso.

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Morte sul lavoro a Frosinone: operaio crolla in fabbrica per malore

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Morte sul lavoro a Frosinone: operaio crolla in fabbrica per malore

#TragediaSulLavoro Hai mai pensato a quanto possa essere imprevedibile un normale giorno di lavoro? Scopri i dettagli sconvolgenti di un incidente fatale in fabbrica che sta facendo discutere tutti!

In una mattina come tante, un operaio di Frosinone si è sentito improvvisamente male mentre era al suo posto di lavoro, trasformando una routine quotidiana in una tragedia inaspettata. Le autorità stanno indagando sulle circostanze esatte, con testimoni che parlano di un evento rapido e misterioso, lasciando tutti a chiedersi cosa potrebbe averlo causato. Questo caso solleva domande importanti sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, un tema che colpisce milioni di persone.

Le Prime Indagini

Fonti vicine alle indagini rivelano che l’operaio, impegnato in attività standard, ha accusato sintomi improvvisi prima di crollare. Gli esperti stanno esaminando fattori come le condizioni ambientali e lo stress lavorativo, alimentando la curiosità su potenziali rischi nascosti che potrebbero riguardare chiunque.

Impatto sulla Comunità

La notizia ha scosso la comunità locale, con molti che si interrogano su come prevenire simili incidenti. Testimoni oculari descrivono scene di caos e urgenza, ricordandoci quanto sia fragile la vita quotidiana.

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Emanuela Orlandi, l’ex poliziotto preda di un gruppo criminale in trappola orchestrata

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Emanuela Orlandi, l’ex poliziotto preda di un gruppo criminale in trappola orchestrata

#MisteroSvelato La scomparsa di Emanuela Orlandi potrebbe nascondere una trappola orchestrata da un gruppo misterioso, con un ex commissario di polizia al centro di rivelazioni scioccanti che stanno facendo tremare l’Italia!

Immaginate una storia che unisce intrighi internazionali, un rapimento calcolato e un ex commissario di polizia finito nella rete di un’organizzazione oscura: è questo il caso di Emanuela Orlandi, la giovane scomparsa nel 1983 che continua a ossessionare le indagini. Fonti affidabili suggeriscono che il sequestro non fu un atto isolato, ma parte di una trappola ben pianificata, con dettagli che emergono solo ora e lasciano tutti a chiedersi: chi c’è davvero dietro?

La Trappola Orchestrata

Le prime tracce indicano che ‘l’ex commissario della polizia’ potrebbe aver giocato un ruolo inaspettato, attirato in un inganno che ha sconvolto le autorità. Testimoni parlano di un gruppo organizzato che ha teso la rete, con manovre che ricordano spy thriller hollywoodiani – ma è tutto vero, e le prove stanno emergendo.

Rivelazioni Sconvolgenti

Nuove informazioni, filtrate da indagini recenti, aggiungono pezzetti al puzzle: ‘le hanno teso una trappola’ non è solo una frase, ma un indizio che punta a connessioni internazionali. Gli esperti si interrogano su motivazioni nascoste, alimentando teorie che vanno dal crimine organizzato alle ombre del Vaticano – una vera caccia al tesoro per chi ama i misteri irrisolti.

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