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Negozi di arredamento a Roma: come sceglierli?

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Negozi di arredamento a Roma: come sceglierli?

Arredare con gusto la propria casa è sicuramente una grande soddisfazione, ma non è un’impresa facilissima. Trovare mobili di qualità, che si adattano alla propria abitazione e che rispecchiano il proprio stile, può diventare una vera caccia al tesoro.

Bisogna avere chiaro in mente il progetto di arredamento che si vuole realizzare ed è necessario avere molto tempo a disposizione per poter visitare i vari negozi e mobilifici dislocati per la città e scegliere quello che soddisfa i propri requisiti.

A Roma ci sono davvero tanti negozi di arredamento, per tutti i gusti: dall’etnico, a quelli d’epoca, passando per il contemporaneo a quelli minimal e all’hi-tech. Riuscire a scegliere quello che faccia al proprio caso potrebbe risultare disorientante. È importante focalizzarsi sullo stile che volete dare alla nostra abitazione.

Nella Capitale si può trovare facilmente il negozio di mobili più adatto al proprio stile, come lo show-room Roma Arredamenti, che offre mobili componibili e arredi su misura, in grado di soddisfare ogni necessità.

Il giusto negozio di arredamento dovrebbe essere un punto di riferimento, in grado di chiarire i dubbi e allontanare ogni preoccupazione. I commessi dovrebbero saper ascoltare e capire quello che si sta cercando, proponendo le soluzioni più semplici e valide per ottenere i risultati migliori.

Come scegliere il negozio di arredamento

Per prima cosa è importante scegliere uno showroom che abbia grande esperienza e che possieda un ampio catalogo di mobili. I materiali con cui vengono costruiti gli arredi devono essere innovativi, di alta qualità e soprattutto resistenti.

Ci deve anche essere la possibilità di un’ampia scelta di colori e materiali di rivestimento, come i tessuti per i divani e i top per le cucine. I mobili dovrebbero essere consegnati in tempi brevi, senza inutili lunghe attese, e montati con cura e precisione.

Un buon negozio di mobili mette a disposizione dei suoi clienti degli esperti di interior design, che realizzano un progetto dello spazio che si desidera arredare; creando una versione realistica degli ambienti usando dei software 3D a colori, in modo da semplificare il posizionamento degli arredi interni.

In questo modo si potrà visualizzare facilmente la disposizione dei mobili e vedere i possibili abbinamenti di colori e texture. Ci si potrà inoltre farsi consigliare nella scelta delle migliori fantasie dei tessuti, sugli accessori e i complementi d’arredo, per rendere la casa davvero accogliente e personalizzata.

La consegna e il montaggio

Dopo la prima fase di progettazione e di scelta, da non sottovalutare è il servizio di consegna e montaggio dei mobili. Bisogna affidarsi a un negozio di arredamento che garantisca una consegna in breve tempo e un montaggio accurato.

Un servizio professionale sarà in grado di risolvere immediatamente gli eventuali imprevisti che possono accadere durante il montaggio dei mobili. Si occuperà anche dello smaltimento degli imballaggi e successivamente sarà disponibile ad aiutare in caso di problematiche legate al montaggio.

Trovare il negozio di arredamento giusto, in grado di rispondere alle nostre necessità e che realizzi mobili di qualità, è un’operazione che potrebbe non essere semplice e veloce, ma una volta individuato lo showroom adatto a soddisfare le proprie esigenze, arredare casa sarà semplice e divertente.

Attualità

Femminicidi e scuola: un appello all’educazione affettiva

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Femminicidi e scuola: un appello all’educazione affettiva

Di fronte all’ennesimo femminicidio, la reazione è spesso la stessa: sconcerto, rabbia, dolore. Poi, troppo spesso, il silenzio. Un silenzio che dura fino alla prossima tragedia, in un ciclo che sembra destinato a ripetersi. Ma la verità è che ogni femminicidio non inizia con un colpo, inizia molto prima, nei gesti piccoli ormai normalizzati e nei ruoli imposti.

La scuola è il primo spazio pubblico in cui i bambini imparano a vivere con gli altri: è il luogo dove si formano le idee, si costruiscono le identità, si assimilano i modelli sociali.. parlare di femminicidio a scuola non significa portare dentro le aule la cronaca nera, ma riconoscere che la violenza di genere è un fatto culturale, prima ancora che criminale.

Serve un’educazione affettiva che aiuti i ragazzi a interrogarsi su cosa significhi amare, rispettare, comunicare e gestire il conflitto. Serve un’educazione emotiva che insegni a nominare le emozioni, riconoscerle, non reprimerle né trasformarle in rabbia.

Eppure, in Italia, l’educazione sessuale e affettiva non è obbligatoria. Viene spesso ostacolata, ridotta a interventi occasionali, lasciata alla buona volontà di singoli docenti o associazioni; come se parlare d’amore, di rispetto, di corpo e consenso fosse un tabù più pericoloso della violenza che esplode quando quei temi vengono ignorati.

La scuola ha il dovere di preparare cittadini, non solo studenti. E in una società in cui le disuguaglianze e la violenza di genere sono ancora profondamente radicate, non si può più considerare opzionale l’educazione al rispetto e alla parità. Non basta conoscere Dante o la matematica, se poi non si è in grado di costruire relazioni sane, di accettare un no, di riconoscere la libertà dell’altro come inviolabile.

Il cambiamento culturale non sarà immediato., ma può cominciare in una classe, da una domanda, da una discussione, da un dubbio piantato nella mente di un ragazzo o una ragazza, può cominciare quando smettiamo di pensare che “certe cose” non si dicano ai giovani, e iniziamo invece a fidarci della loro intelligenza e sensibilità.

Se vogliamo davvero fermare i femminicidi, dobbiamo smettere di parlarne solo dopo e cominciare a parlarne prima. Dove si cresce, dove si impara a diventare adulti e dove si può ancora cambiare.

 

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Svolta in Sicilia sull’aborto: un passo storico per i diritti delle donne

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Svolta in Sicilia sull’aborto: un passo storico per i diritti delle donne

Una regione che per anni è stata simbolo delle difficoltà più estreme nell’applicazione della Legge 194/1978, quella che garantisce il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, ha appena compiuto un passo importante: l’’approvazione dell’articolo 3 del disegno di legge regionale n.738 segna un cambio di rotta netto, profondo, storico. D’ ora in poi, tutte le aziende sanitarie siciliane dovranno garantire spazi dedicati all’IVG e, cosa ancora più significativa, i bandi pubblici per il personale sanitario potranno includere il vincolo di non essere obiettori di coscienza.

Sembra banale, ma non lo è. Secondo il Ministero della Salute, nel 2022 il 60,5% dei ginecologi italiani si dichiarava obiettore, mentre in alcune strutture meridionali si toccavano punte del 90%.

Il problema che pochi si pongono é che mentre il medico si rifiuta, il diritto resta sulla carta.

A chi serve una legge che non può essere applicata?

Questa norma non impone, non forza nessuno a cambiare idea, ma mette al centro una verità che troppo spesso viene dimenticata: la decisione ultima spetta alla donna, non allo Stato, non al medico, non alla morale pubblica. Alla donna.

Guardando da Roma questa svolta siciliana, viene spontaneo chiedersi: e noi?

La Capitale d’Italia, che dovrebbe essere faro di diritti e di accesso alla sanità pubblica, presenta ancora oggi un contesto discontinuo: a Roma l’IVG è garantita in alcuni ospedali, ma i tempi d’attesa sono spesso incompatibili con l’urgenza della decisione, e molte donne finiscono col rivolgersi altrove o al privato.

E allora ben venga la Sicilia, se serve a ricordarci che la libertà di scelta non è un privilegio, ma un diritto e che l’obiezione di coscienza, se diventa regola e non eccezione, è un abuso.

Dietro ogni aborto c’è una storia che non ci riguarda, che non possiamo giudicare e che non ci appartiene.

Roma, città eterna, città delle battaglie civili, ha il dovere di vigilare, di pretendere che in ogni struttura sanitaria il diritto all’aborto sia garantito, non solo formalmente, ma concretamente. Perché quando si parla di IVG, ogni ostacolo, ogni ritardo, ogni silenzio è un fallimento dello Stato.

Il diritto di abortire non è un favore concesso, è una conquista civile, è la libertà di decidere sul proprio corpo, sulla propria vita e sul proprio futuro.
Una donna che sceglie di non diventare madre non è meno donna, né meno degna di rispetto.

Oggi è la Sicilia a dirci che si può cambiare, ora tocca a noi.

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