Donna
Roma, donna con cuore malformato dà alla luce due gemelli

Il miracolo della vita: una donna con un cuore malformato dà alla luce due gemelli a Roma
Una donna romana di trentasei anni è diventata madre di due gemelli nonostante sia nata con un cuore malformato. Questo è un caso molto raro, con solo quattro casi simili segnalati in tutto il mondo. La donna, che è stata seguita dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e dal Policlinico Gemelli a Roma fin dalla nascita, ha affermato di essersi resa conto dei rischi derivanti dalla sua condizione, ma aveva comunque il desiderio di diventare madre.
Nata con un cuore univentricolare, cioè privo del ventricolo destro, la trentaseienne ha subito diversi interventi correttivi per affrontare questa grave patologia congenita. All’età di quattro anni, ha subito un intervento per costruire un sistema di circolazione alternativo noto come Fontan, che bypassa il cuore per portare il sangue direttamente ai polmoni. Nonostante l’intervento, la patologia richiede terapie e controlli costanti per tutta la vita, con solo il 5% dei casi che richiedono il trapianto.
Nonostante i rischi associati alle gravidanze in pazienti cardiopatiche, come l’aumento del volume del sangue, l’attività cardiaca e lo stress potenziale su organi come il fegato, i reni e l’intestino, la donna è riuscita a completare con successo la gravidanza. Il cesareo è stato eseguito nella 34ª settimana presso il Policlinico Gemelli, e i gemelli, un maschio e una femmina entrambi del peso di 1,4 chilogrammi, sono stati dimessi insieme alla mamma dopo circa dieci giorni di ricovero.
La neomamma ha descritto l’esperienza come un’emozione indescrivibile e ha incoraggiato altre donne con la stessa condizione a cercare assistenza presso centri specializzati per intraprendere il percorso della maternità. Data la complessità della patologia, il Bambino Gesù ha messo a disposizione un team di specialisti ACHD (Adults with Congenital Heart Disease) dedicato al sostegno dei bambini con cardiopatia anche in età adulta. Inoltre, per le donne cardiopatiche in gravidanza, esiste un gruppo multidisciplinare chiamato GUCH (Grown Up Congenital Heart) che offre supporto dalla pianificazione del parto al periodo post-gravidanza.
Questa storia è un vero esempio di coraggio e determinazione, e offre speranza a tutte le donne che si trovano in situazioni simili. La donna è riuscita a sfidare le probabilità e ad accogliere al mondo i suoi due preziosi piccoli, dimostrando che con il giusto supporto e attenzione, è possibile realizzare il sogno della maternità nonostante le sfide di salute. Fonte
Attualità
Femminicidi e scuola: un appello all’educazione affettiva

Di fronte all’ennesimo femminicidio, la reazione è spesso la stessa: sconcerto, rabbia, dolore. Poi, troppo spesso, il silenzio. Un silenzio che dura fino alla prossima tragedia, in un ciclo che sembra destinato a ripetersi. Ma la verità è che ogni femminicidio non inizia con un colpo, inizia molto prima, nei gesti piccoli ormai normalizzati e nei ruoli imposti.
La scuola è il primo spazio pubblico in cui i bambini imparano a vivere con gli altri: è il luogo dove si formano le idee, si costruiscono le identità, si assimilano i modelli sociali.. parlare di femminicidio a scuola non significa portare dentro le aule la cronaca nera, ma riconoscere che la violenza di genere è un fatto culturale, prima ancora che criminale.
Serve un’educazione affettiva che aiuti i ragazzi a interrogarsi su cosa significhi amare, rispettare, comunicare e gestire il conflitto. Serve un’educazione emotiva che insegni a nominare le emozioni, riconoscerle, non reprimerle né trasformarle in rabbia.
Eppure, in Italia, l’educazione sessuale e affettiva non è obbligatoria. Viene spesso ostacolata, ridotta a interventi occasionali, lasciata alla buona volontà di singoli docenti o associazioni; come se parlare d’amore, di rispetto, di corpo e consenso fosse un tabù più pericoloso della violenza che esplode quando quei temi vengono ignorati.
La scuola ha il dovere di preparare cittadini, non solo studenti. E in una società in cui le disuguaglianze e la violenza di genere sono ancora profondamente radicate, non si può più considerare opzionale l’educazione al rispetto e alla parità. Non basta conoscere Dante o la matematica, se poi non si è in grado di costruire relazioni sane, di accettare un no, di riconoscere la libertà dell’altro come inviolabile.
Il cambiamento culturale non sarà immediato., ma può cominciare in una classe, da una domanda, da una discussione, da un dubbio piantato nella mente di un ragazzo o una ragazza, può cominciare quando smettiamo di pensare che “certe cose” non si dicano ai giovani, e iniziamo invece a fidarci della loro intelligenza e sensibilità.
Se vogliamo davvero fermare i femminicidi, dobbiamo smettere di parlarne solo dopo e cominciare a parlarne prima. Dove si cresce, dove si impara a diventare adulti e dove si può ancora cambiare.
Attualità
Svolta in Sicilia sull’aborto: un passo storico per i diritti delle donne

Una regione che per anni è stata simbolo delle difficoltà più estreme nell’applicazione della Legge 194/1978, quella che garantisce il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, ha appena compiuto un passo importante: l’’approvazione dell’articolo 3 del disegno di legge regionale n.738 segna un cambio di rotta netto, profondo, storico. D’ ora in poi, tutte le aziende sanitarie siciliane dovranno garantire spazi dedicati all’IVG e, cosa ancora più significativa, i bandi pubblici per il personale sanitario potranno includere il vincolo di non essere obiettori di coscienza.
Sembra banale, ma non lo è. Secondo il Ministero della Salute, nel 2022 il 60,5% dei ginecologi italiani si dichiarava obiettore, mentre in alcune strutture meridionali si toccavano punte del 90%.
Il problema che pochi si pongono é che mentre il medico si rifiuta, il diritto resta sulla carta.
A chi serve una legge che non può essere applicata?
Questa norma non impone, non forza nessuno a cambiare idea, ma mette al centro una verità che troppo spesso viene dimenticata: la decisione ultima spetta alla donna, non allo Stato, non al medico, non alla morale pubblica. Alla donna.
Guardando da Roma questa svolta siciliana, viene spontaneo chiedersi: e noi?
La Capitale d’Italia, che dovrebbe essere faro di diritti e di accesso alla sanità pubblica, presenta ancora oggi un contesto discontinuo: a Roma l’IVG è garantita in alcuni ospedali, ma i tempi d’attesa sono spesso incompatibili con l’urgenza della decisione, e molte donne finiscono col rivolgersi altrove o al privato.
E allora ben venga la Sicilia, se serve a ricordarci che la libertà di scelta non è un privilegio, ma un diritto e che l’obiezione di coscienza, se diventa regola e non eccezione, è un abuso.
Dietro ogni aborto c’è una storia che non ci riguarda, che non possiamo giudicare e che non ci appartiene.
Roma, città eterna, città delle battaglie civili, ha il dovere di vigilare, di pretendere che in ogni struttura sanitaria il diritto all’aborto sia garantito, non solo formalmente, ma concretamente. Perché quando si parla di IVG, ogni ostacolo, ogni ritardo, ogni silenzio è un fallimento dello Stato.
Il diritto di abortire non è un favore concesso, è una conquista civile, è la libertà di decidere sul proprio corpo, sulla propria vita e sul proprio futuro.
Una donna che sceglie di non diventare madre non è meno donna, né meno degna di rispetto.
Oggi è la Sicilia a dirci che si può cambiare, ora tocca a noi.
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