Attualità
A Fontana di Trevi passerella con piscina come dieci anni fa: oggi uno scempio, all’epoca uno “show”

Nel 2014, durante il restauro finanziato da Fendi, erano state installate sia una passerella per i turisti che una piscinetta provvisoria per il lancio delle monetine. Allora il restauro veniva definito “uno show” e, come ricordato dal sindaco Gualtieri, “fu salutato con interesse”.
A sinistra i lavori nel 2014, a destra i lavori nel 2024
I lavori di manutenzione della Fontana di Trevi a Roma hanno scatenato un dibattito surreale, finito anche sulle pagine dei più importanti quotidiani del mondo. La passerella per i turisti e la piscinetta installata per permettere ai visitatori di non rinunciare al rito del lancio delle monetine sono stati definiti “uno scempio” da molti commentatori. Eppure, ha fatto notare il sindaco della Capitale, Roberto Gualtieri, dieci anni fa è accaduta esattamente la stessa cosa. Ma all’epoca il restauro finanziato da Fendi, con tanto di passerella per turisti e vaschetta per le monetine, venne definito uno “show”.
“Così come la passerella anche la vasca piscinetta non è una novità, c’era anche la volta scorsa. Mi pongo degli interrogativi sullo stato delle nostre coscienze in questa epoca perché sulla rassegna stampa ho letto polemiche divertenti, nonostante si sia fatto ciò che nel 2014 era stato già fatto senza alcuna polemica. Fu anzi salutato con interesse. Sarà lo spirito dei tempi”, ha spiegato il sindaco Gualtieri.
In effetti ha ragione il primo cittadino. Negli articoli dell’epoca il restauro firmato da Fendi e annunciato dall’allora sindaco Ignazio Marino veniva…
Attualità
Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?
Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.
Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.
Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.
Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?
Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.
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