Attualità
Come sta il vigile più grave travolto da un carabiniere sulla Tiburtina a Roma

I chirurghi del San Camillo sono riusciti a salvare la gamba destra di Daniele Virgili, il vigile urbano 25enne travolto ieri sera da un’auto guidata da un carabiniere sulla Tiburtina a Roma. La sinistra è stata amputata per salvargli la vita.
Foto da Welcome to Favelas
La gamba destra del vigile urbano venticinquenne investito da un’auto su via Tiburtina è salva. I chirurghi dell’ospedale San Camillo sono riusciti a ricostruirgliela anche nella parte fratturata, grazie ad un lungo intervento chirurgico. La gamba sinistra invece è stata purtroppo amputata e l’amputazione è servita per salvargli la vita.
Daniele Virgili, l’agente della polizia locale di Roma Capitale, è ricoverato da stanotte nel reparto di Terapia Intensiva del San Camillo in prognosi riservata. È rimasto gravemente ferito nella serata di mercoledì scorso 6 novembre, travolto da un’auto mentre faceva dei rilievi lungo via Tiburtina insieme a due colleghe, anche loro rimaste ferite.
I tre vigili investiti da un carabiniere ubriaco
Alla guida della macchina che ha travolto e ferito i tre agenti c’era un carabiniere che è risultato positivo all’alcoltest, con un tasso alcolemico di 1,9, tre volte il limite consentito alla guida. Si tratta di un militare del Ros, Raggruppamento operativo speciale, libero dal servizio, che subito dopo l’incidente si è fermato a prestare soccorso alle vittime.
Il fratello del vigile travolto sulla Tiburtina: “Diceva ‘sto morendo, non ho più le gambe”
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Attualità
Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma
Attualità
La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

Nella notte tra l’1 e il 2 giugno, intorno alle 2:30, un gruppo di barcaioli dell’isola di Ponza è stato oggetto di minacce per un semplice gesto di solidarietà: aver esposto la bandiera della Palestina sulle loro imbarcazioni come simbolo di sostegno ad una popolazione in una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo aver infastidito il guardiano del porto, gli autori dell’intimidazione hanno strappato e rimosso con la forza la bandiera palestinese.
È un episodio che va oltre il fatto in sé, perchè tocca il nervo scoperto di un’Italia che troppo spesso confonde la solidarietà con la provocazione e che si mostra incapace di accettare gesti di umanità se non allineati con un certo sentire politico.
Esporre la bandiera della Palestina, in questo contesto, non equivale a prendere parte a un conflitto, perchè è un’affermazione di empatia per le vittime civili, per i bambini sotto le bombe, per le famiglie distrutte da decenni di violenza. Non significa negare il dolore degli israeliani, né tantomeno giustificare il terrorismo, ma riconoscere la sofferenza di un popolo dimenticato e condannato.
Ponza, isola aperta al mondo, costruita nei secoli sull’accoglienza e sul passaggio di genti diverse, non merita che certi gesti vengano accolti con violenza. Il gesto di quei barcaioli va rispettato, anche da chi non lo condivide, perché la democrazia è proprio questo: il diritto di manifestare un pensiero pacifico, anche scomodo, senza temere ritorsioni.
Chi ha strappato quella bandiera ha voluto togliere voce a una parte della coscienza collettiva, ma non potrà strappare il senso più profondo della solidarietà umana.
In un tempo in cui il silenzio complice è la norma, chi ha il coraggio di esporsi, anche solo con un simbolo, merita rispetto, non intimidazioni.
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