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Incidente tra auto: William muore a 45 anni, nell’altra macchina una famiglia con due minorenni

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Incidente tra auto: William muore a 45 anni, nell’altra macchina una famiglia con due minorenni

Tragedia in provincia di Latina, dove un 45enne, William Marras, è morto nello scontro tra due auto. Nell’altra macchina viaggiava una famiglia con due minorenni.

Immagine di repertorio

Si chiamava William Marras il quarantacinquenne morto nell’incidente avvenuto lungo la strada dei Monti Lepini nel Comune di Priverno. Il sinistro si è verificato nel pomeriggio di ieri, domenica 3 novembre, nel territorio della provincia di Latina. A scontrarsi sono state due auto, a bordo di una di queste viaggiavano anche la moglie di Marras e i loro due figli minorenni. La dinamica dell’incidente è al vaglio dei carabinieri della stazione di Priverno, che hanno svolto i rilievi di rito.

Lo scontro tra due auto

Secondo quanto ricostruito finora Marras al momento del tragico incidente nel quale ha perso la vita era alla guida della sua auto, una Toyota Yaris. Improvvisamente, per cause non note e ancora in corso d’accertamento, si è scontrato con un Suv Jaguar all’altezza di via Torretta Rocchigiana. Al volante del Suv c’era un trentaseienne, a bordo c’erano anche sua moglie e i loro due figli minorenni. Secondo una prima ricostruzione della dinamica del sinistro i militari hanno accertato che l’auto guidata dal trentaseienne, proveniente da Frosinone in direzione Latina, arrivata all’altezza dell’incrocio con via Torretta Rocchigiana si è scontrata con la macchina guidata dalla vittima, che proveniva invece da via Schito e stava per accedere in via Torretta Marchiggiana verso Priverno.

Morto il 45enne, 36enne e famiglia…

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Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma

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Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma

Mentre le strade di Roma risuonavano ancora di musica, canti e slogan del Pride, un episodio vergognoso ha ricordato a tutti quanto sia ancora lunga la strada verso una reale inclusione: sabato 14 giugno, intorno alle 19:40, subito dopo la fine del Roma Pride, che ha visto la partecipazione di oltre 200.000 persone, una donna trans è stata aggredita nei pressi della stazione Laurentina della linea B della metropolitana.

Secondo quanto denunciato da Gay Help Line, la vittima è stata bersagliata da insulti transfobici e poi inseguita da un uomo. Le frasi urlate “Frocio!”, “Si vede che sei un uomo!” sono lo specchio di un odio che continua a diffondersi nella nostra società, anche quando i riflettori delle grandi manifestazioni si spengono. Fortunatamente, alcuni passanti sono intervenuti, permettendo alla donna di mettersi in salvo su un autobus.

Il servizio di supporto Gay Help Line, che ha ricevuto la segnalazione attraverso il numero verde 800 713 713, lancia ora un appello a chiunque fosse presente in quel momento alla fermata: servono testimonianze, immagini, qualunque elemento possa aiutare a identificare l’aggressore.

In una città che poche ore prima celebrava l’amore, la libertà e la diversità, è inaccettabile che un’aggressione del genere possa accadere in pieno giorno, in un luogo pubblico, tra l’indifferenza di molti.

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La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

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La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

Nella notte tra l’1 e il 2 giugno, intorno alle 2:30, un gruppo di barcaioli dell’isola di Ponza è stato oggetto di minacce per un semplice gesto di solidarietà: aver esposto la bandiera della Palestina sulle loro imbarcazioni come simbolo di sostegno ad una popolazione in una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo aver infastidito il guardiano del porto, gli autori dell’intimidazione hanno strappato e rimosso con la forza la bandiera palestinese.

È un episodio che va oltre il fatto in sé, perchè tocca il nervo scoperto di un’Italia che troppo spesso confonde la solidarietà con la provocazione e che si mostra incapace di accettare gesti di umanità se non allineati con un certo sentire politico.

Esporre la bandiera della Palestina, in questo contesto, non equivale a prendere parte a un conflitto, perchè è un’affermazione di empatia per le vittime civili, per i bambini sotto le bombe, per le famiglie distrutte da decenni di violenza. Non significa negare il dolore degli israeliani, né tantomeno giustificare il terrorismo, ma riconoscere la sofferenza di un popolo dimenticato e condannato.

Ponza, isola aperta al mondo, costruita nei secoli sull’accoglienza e sul passaggio di genti diverse, non merita che certi gesti vengano accolti con violenza. Il gesto di quei barcaioli va rispettato, anche da chi non lo condivide, perché la democrazia è proprio questo: il diritto di manifestare un pensiero pacifico, anche scomodo, senza temere ritorsioni.

Chi ha strappato quella bandiera ha voluto togliere voce a una parte della coscienza collettiva, ma non potrà strappare il senso più profondo della solidarietà umana.

In un tempo in cui il silenzio complice è la norma, chi ha il coraggio di esporsi, anche solo con un simbolo, merita rispetto, non intimidazioni.

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