Attualità
Morte Gianmarco Pozzi, procura chiede l’archiviazione. Il legale: “Sconcertati, faremo opposizione”

La procura di Cassino ha chiesto l’archiviazione delle indagini per omicidio relative alla morte di Gianmarco Pozzi, il 27enne morto sull’isola di Ponza nell’estate 2020. Sconcerto del legale: “Sorpresi, è un’altra pietra addosso alla famiglia”.
La Procura di Cassino ha chiesto l’archiviazione delle indagini sulla morte di Gianmarco Pozzi, il ragazzo trovato senza vita a Ponza il 9 agosto 2020. L’ultima parola spetta adesso al giudice per le indagini preliminari, che dovrà decidere se accogliere la richiesta del pubblico ministero oppure respingerla, disponendo il proseguimento delle indagini. Sono invece sette le persone indagate per traffico di droga: si tratta di soggetti che gestirebbero lo spaccio nei locali di Ponza, in alcuni dei quali Pozzi lavorava come addetto alla sicurezza.
Le indagini per droga nate dalla morte di Gianmarco Pozzi
Questo filone parallelo è nato proprio dalle indagini sulla morte del 27enne, campione italiano di kick boxing, trasferitosi sull’isola per il periodo estivo come lavoratore stagionale. Uno degli indagati, in particolare, è un uomo di 47 anni che aveva falsamente accusato due carabinieri dell’omicidio del ragazzo. Le accuse vanno a vario titolo dal traffico di sostanze stupefacenti in concorso, calunnia, rifiuto di sottoporsi ad accertamenti psicofisici connessi all’uso di sostanze stupefacenti durante la guida, violenza e minaccia a pubblico ufficiale.
Il legale della famiglia Pozzi: “Siamo sorpresi, faremo opposizione”
“La decisione della procura ci lascia…
Attualità
Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?
Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.
Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.
Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.
Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?
Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.
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