Cronaca
Pusher vendeva droga nei pressi delle scuole superiori vicino Roma

La piazza di spaccio vicino alle scuole superiori di Guidonia è stata smantellata dai carabinieri, che hanno arrestato un ventisettenne responsabile di un traffico di sostanze stupefacenti. L’operazione ha portato al sequestro di sei chili di droga, tra cui tre chili e mezzo di hashish, uno e mezzo di marijuana, 614 grammi di cocaina, 284 grammi di crack, 262 shaboo e 37 pasticche di ecstasy. Quarantamila dosi pronte per essere smerciate avrebbero potuto fruttare almeno 800 mila euro. L’uomo utilizzava una Panda a noleggio per le sue consegne, mantenendo un profilo basso per evitare sospetti.
Attività di spaccio
Il ventisettenne è stato osservato dai carabinieri mentre effettuava continui spostamenti tra la sua casa e una zona commerciale nei pressi delle scuole. Al momento dell’arresto, gli investigatori hanno trovato nel borsone dell’uomo mezzo chilo di marijuana. Le perquisizioni si sono estese all’appartamento in cui vive con la famiglia, rivelando un "bazar" della droga, in particolare nella sua stanza, dove erano nascosti materiali per taglio, confezionamento e pesatura delle sostanze.
Sequestro di denaro
Durante la perquisizione è stato scoperto anche un zainetto contenente 3.450 euro in contanti, ricavati dallo spaccio, e una macchina conta-soldi per calcolare le entrate. Il ventisettenne è stato posto agli arresti domiciliari su disposizione della procura di Tivoli e dovrà rispondere di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, con l’aggravante di operare in prossimità delle scuole.
Altri arresti nella zona
Il ventisettenne non è il solo coinvolto nell’attività di spaccio a Guidonia. I carabinieri della compagnia di Tivoli hanno arrestato un cinquantenne in un’operazione simile, che trasportava droghe per piccole consegne. Anche in questo caso, i movimenti ripetitivi hanno attirato l’attenzione delle forze dell’ordine, portando alla scoperta di oltre 600 grammi di cocaina e 6.040 euro in contanti, recuperati dopo aver tentato di disfarsi di prove durante un controllo stradale.
Cronaca
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Il Duetto Che Nessuno Si Aspettava
E poi, il colpo di scena: un fuoriprogramma che ha fatto impazzire i fan! L’artista ha condiviso il palco con Giuliano Sangiorgi dei Negramaro per un duetto su “Se lo senti lo sai”, un momento di pura emozione che ha creato scintille inaspettate. Chissà quali altre sorprese ci riserveranno le date successive? Non vorrai perdertelo!
Cronaca
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Rivelazioni choc in aula: i messaggi WhatsApp che svelano l’oscura ossessione di un omicidio! #OmicidioPetrangeli #DelittoRivelato
I messaggi
Immaginate di scoprire messaggi che anticipano un tragico destino: Gianluca Molinaro, accusato dell’omicidio di Manuela Petrangeli, inviava audio WhatsApp carichi di rabbia e minacce. Frasi come “Mi sta portando all’estremo” e “maledetta, gliela devo fare pagare” emergono dalle indagini, lasciando tutti a chiedersi cosa si nascondeva dietro quelle parole. Dagli esami del suo telefono, si scopre anche un’accusa di manipolazione verso l’ex compagna, con lei che ribatteva: “Mi stai portando all’esasperazione”. Sarà vero? Questi dettagli stanno accendendo la curiosità sul processo in corso.
L’omicidio
E se un delitto fosse stato pianificato sotto gli occhi di tutti? Molinaro è imputato per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, stalking e detenzione abusiva di un fucile a canne mozze. Gli inquirenti hanno rintracciato SMS scambiati con un amico, dove si leggeva “oggi forse prendo due piccioni con una fava” prima del fatto, e dopo l’uccisione della 51enne fisioterapista: “gli ho sparato du botti”. Non potete non domandarmi: cosa ha spinto un uomo a compiere un gesto così estremo, per poi costituirsi in caserma con l’arma in mano?Le testimonianze
Cosa accade quando le testimonianze in aula rivelano dettagli agghiaccianti? I carabinieri hanno descritto la scena del crimine, con il corpo di Manuela vicino alla sua auto, mentre i colleghi tentavano disperatamente di rianimarla. Altri militari hanno raccontato la confessione di Molinaro in caserma, dove, al telefono con la madre, ha ammesso: “sono in caserma, quello che ho detto ho fatto”. Le indagini sui dispositivi sequestrati hanno confermato un pattern di stalking e premeditazione, come sottolineato dai legali della famiglia. Queste storie fanno sorgere una domanda: quanto profondo era il risentimento che ha condotto a questo dramma?
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