Attualità
Cosparge l’ex di benzina e prova a darle fuoco: 40enne condannato a dieci anni di carcere

La donna aveva conosciuto l’uomo in Polonia, ma dopo un anno insieme lo aveva lasciato per il suo comportamento aggressivo e violento. Lui è stato condannato a dieci anni per tentato omicidio.
Immagine di repertorio
Un uomo è stato condannato a dieci anni di carcere per aver tentato di uccidere l’ex compagna. Il 40enne, arrivato con lei dall’Ucraina, aveva tentato di darle fuoco cospargendola di benzina. La donna si era salvata per miracolo, aiutata anche dai passanti che l’hanno vista correre in strada coperta di liquido infiammabile. Lui, Wolodmir Bmobisky, è stato arrestato subito dopo e portato in carcere con l’accusa di tentato omicidio. La pubblico ministero Claudia Alberti aveva chiesto per lui quattordici anni di carcere.
Tutto è cominciato nel 2022, quando i due si sono conosciuti in Polonia. Secondo quanto riportato da Il Corriere della Sera, inizialmente le cose andavano bene: Bmobisky aveva già all’epoca problemi con l’alcol, ma la cosa sembrava abbastanza sotto controllo, o comunque non aveva comportamenti violenti. Il suo atteggiamento è cominciato a cambiare appena arrivati in Italia, dove la donna lavorava come badante. Il 40enne si è fatto sempre più aggressivo: voleva controllare la compagna, dire addirittura come doveva tagliarsi i capelli. In un’occasione ha minacciato di seppellirla viva, e per farle vedere che non scherzava le ha mostrato una vanga, che aveva preso per minacciarla. Quando lei si è resa conto che le cose potevano andare solamente peggio, ha deciso di lasciarlo.
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Attualità
Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?
Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.
Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.
Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.
Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?
Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.
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