Attualità
La lettera dei colleghi di Christian Raimo a Valditara: “È un valore aggiunto per la scuola”

Christian Raimo è stato sospeso per tre mesi dall’insegnamento per le critiche al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. Oggi la lettera dei colleghi al ministro in solidarietà al professore dell’Archimede.
Ieri gli studenti e le studentesse del Liceo Archimede hanno protestato contro la sospensione di Christian Raimo, insegnante e scrittore molto noto per il suo attivismo culturale e politico. Raimo per tre mesi non sarà in classe e riceverà uno stipendio decurtato del 50%, per le polemiche a seguito delle sue dichiarazioni di dura critiche al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. Ai tantissimi messaggi di solidarietà si aggiunge oggi una lettera firmata dai colleghi, come riportato oggi da un lancio dell’agenzia Ansa.
La lettera dei colleghi di Raimo al ministro Valditara
La sospensione di ben tre mesi dal lavoro con cui si punisce il prof. Raimo (concedendogli un umiliante ‘assegno alimentare’) per aver espresso, in un ambito extrascolastico e con termini coloriti e metaforici da intellettuale, il suo giudizio sul ministro Valditara, è la prova di un sistema punitivo che, per primo, non rispetta le istituzioni. L’istituzione che reprime e punisce chi esprime il proprio pensiero se questo non è allineato, è un’istituzione che non cresce ed educa cittadini liberi, ma alleva sudditi.
Se i termini usati dal prof. Raimo siano stati lesivi e offensivi si sarebbe potuto giudicare nei termini di una querela per diffamazione sporta dal diretto interessato, invece l’Ufficio scolastico ha scelto il…
Attualità
Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma
Attualità
La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

Nella notte tra l’1 e il 2 giugno, intorno alle 2:30, un gruppo di barcaioli dell’isola di Ponza è stato oggetto di minacce per un semplice gesto di solidarietà: aver esposto la bandiera della Palestina sulle loro imbarcazioni come simbolo di sostegno ad una popolazione in una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo aver infastidito il guardiano del porto, gli autori dell’intimidazione hanno strappato e rimosso con la forza la bandiera palestinese.
È un episodio che va oltre il fatto in sé, perchè tocca il nervo scoperto di un’Italia che troppo spesso confonde la solidarietà con la provocazione e che si mostra incapace di accettare gesti di umanità se non allineati con un certo sentire politico.
Esporre la bandiera della Palestina, in questo contesto, non equivale a prendere parte a un conflitto, perchè è un’affermazione di empatia per le vittime civili, per i bambini sotto le bombe, per le famiglie distrutte da decenni di violenza. Non significa negare il dolore degli israeliani, né tantomeno giustificare il terrorismo, ma riconoscere la sofferenza di un popolo dimenticato e condannato.
Ponza, isola aperta al mondo, costruita nei secoli sull’accoglienza e sul passaggio di genti diverse, non merita che certi gesti vengano accolti con violenza. Il gesto di quei barcaioli va rispettato, anche da chi non lo condivide, perché la democrazia è proprio questo: il diritto di manifestare un pensiero pacifico, anche scomodo, senza temere ritorsioni.
Chi ha strappato quella bandiera ha voluto togliere voce a una parte della coscienza collettiva, ma non potrà strappare il senso più profondo della solidarietà umana.
In un tempo in cui il silenzio complice è la norma, chi ha il coraggio di esporsi, anche solo con un simbolo, merita rispetto, non intimidazioni.
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