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ADDIO LAVORO – Ecco i ‘robot sociali’ pronti a invadere i centri commerciali

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ADDIO LAVORO – Ecco i ‘robot sociali’ pronti a invadere i centri commerciali

Intelligenti, agili, cordiali: i robot sociali si preparano a invadere i centri commerciali per assisterci nelle ore dello shopping. Per questo imparano come aprire porte, servire il caffè, spostare oggetti sugli scaffali, accompagnare i clienti in ascensore e soccorrerli in caso di emergenza, tutte abilità messe in mostra alla ERL Smart Cities Robotics Challenge (SciRoc Challenge), la sfida tra i robot di 10 università europee svolta in Gran Bretagna, a Milton Keynes, sotto l’egida del programma Horizon 2020 dell’Unione europea. Tra i partner organizzatori anche il Politecnico di Milano, responsabile della competizione tra robot ‘portieri’, e l’Università Sapienza di Roma, organizzatrice della sfida dell’ascensore. “L’obiettivo della nostra competizione era quello di studiare come i robot sono in grado di negoziare lo spazio con gli umani quando si trovano in luoghi affollati o ristretti come l’ascensore”, spiega Luca Iocchi, professore ordinario al Dipartimento di Ingegneria informatica, automatica e gestionale della Sapienza. “I robot di cinque squadre sono stati messi alla prova in un ascensore che dovevano prendere per salire al piano giusto insieme a dei volontari, a cui poi abbiamo chiesto di giudicare la performance secondo criteri prestabiliti: questo è stato fondamentale per vedere come i robot venivano percepiti da persone comuni, non esperte di robotica”.

I test sono stati ripetuti in giornate successive “e questo ci ha permesso di osservare come le squadre hanno modificato i robot per far evolvere il loro comportamento sociale”, prosegue Iocchi. “Nei primi test i robot erano molto silenziosi, poi hanno iniziato a interagire con le persone, dicendo le solite frasi di convenienza o addirittura raccontando barzellette”. Tutti hanno dimostrato di essere più o meno capaci di prendere l’ascensore per poi scendere al piano giusto, “ma quello che volevamo mettere davvero alla prova – sottolinea Iocchi – era la loro intelligenza sociale nell’interazione con gli umani”.

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Gesù rivisitato: provocazione artistica o cancellazione simbolica?

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Gesù rivisitato: provocazione artistica o cancellazione simbolica?
Sta facendo discutere la scelta di affidare all’attrice britannica Cynthia Erivo – donna, nera e apertamente omosessuale – il ruolo di Gesù nel celebre musical Jesus Christ Superstar. Una decisione che viene vista da alcuni come un atto di coraggio e inclusività, ma per altri rappresenta un ulteriore passo verso lo svuotamento dei simboli identitari in nome di una visione ideologica.

Non si tratta, come spesso viene sostenuto in questi casi, di razzismo o omofobia. Il talento di Erivo è fuori discussione, così come il diritto del teatro di sperimentare linguaggi nuovi. Tuttavia, è lecito porsi una domanda: perché modificare radicalmente l’identità di una figura simbolica universale come Gesù Cristo?La figura di Gesù – maschile, ebraica, storicamente e religiosamente connotata – ha attraversato i secoli mantenendo un valore spirituale e culturale ben preciso; cambiarne l’aspetto, il genere e il profilo identitario non è un dettaglio creativo, ma un atto profondamente ideologico, un segnale del nostro tempo, in cui ogni rappresentazione tradizionale viene riscritta per adattarsi a criteri di inclusione sempre più rigidi e imposti.

L’inclusività è un valore importante, ma quando diventa un obbligo culturale che trasforma ogni simbolo in qualcosa di instabile e privo di radici, rischia di ottenere l’effetto opposto: non più unire, ma confondere.

Quando tutto può essere tutto, allora nulla ha più significato, e in questo caso non si rompe un tabù per cercare nuove verità, ma si sostituisce un simbolo per riscrivere ciò che rappresenta.

E il pubblico ha il diritto di chiedersi dove finisce l’arte e dove comincia l’ideologia.

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Omicidio a Racale: quando la violenza nasce dentro casa

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Omicidio a Racale: quando la violenza nasce dentro casa

Una donna uccisa a colpi d’accetta dal figlio, una casa di famiglia trasformata in scena del crimine. A Racale, nel leccese, il pomeriggio del 17 giugno si è consumato un delitto che sconvolge un’intera comunità: Teresa Sommario, 53 anni, è stata trovata senza vita nel proprio appartamento, colpita ripetutamente alla testa e al petto. L’aggressore è il figlio maggiore, Filippo Manni, 21 anni, fermato poco dopo in stato confusionale.

Il dettaglio più inquietante, oltre alla brutalità del gesto, è la sua matrice familiare…la violenza, ancora una volta, non arriva dall’esterno: avviene tra le mura domestiche, dove dovrebbe esserci protezione, affetto o almeno convivenza. Non è un caso isolato, il contesto di conflittualità all’interno della famiglia Sommario era noto ai vicini: litigi frequenti e tensioni che, probabilmente, covavano da tempo.

Resta da capire come e perché questa tensione sia esplosa in modo tanto estremo. È una domanda che accompagna ogni caso di cronaca nera in ambito familiare, ma che continua a non trovare chiarimenti adeguati. Il delitto di Racale ci mette davanti, ancora una volta, al nodo irrisolto della violenza che nasce all’interno di legami affettivi spezzati e distorti.

Il figlio minore, presente al momento dell’aggressione, lancia l’allarme. Anche questo elemento pesa: i figli come testimoni, e spesso vittime indirette, di drammi che segnano per sempre intere esistenze.

L’indagine chiarirà i contorni esatti della vicenda, il movente preciso e le responsabilità. Ma sullo sfondo resta una considerazione difficile da ignorare: le fratture all’interno della famiglia, quando ignorate o sottovalutate, possono degenerare e trasformare una casa qualunque nel teatro di una tragedia.

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