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Ama, la Raggi finisce sotto inchiesta della Guardia di Finanza

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Ama, la Raggi finisce sotto inchiesta della Guardia di Finanza

Nel mirino delle Fiamme Gialle la Sindaca, parte della giunta e alcuni dirigenti Ama

Roma. Virginia Raggi è finita nel mirino di un’indagine condotta dalla Guardia di finanza sui bilanci dell’ Ama; con lei altri 14 tra assessori e dirigenti della società municipale per i rifiuti. Sotto accusa sarebbero gli stipendi indebitamente pagati al vecchio collegio sindacale della partecipata. Parliamo di 130mila euro, versati appunto ai membri del vecchio collegio che rimasero in carica oltre la naturale scadenza, e i 45 giorni di prorogatio. Altro tema sotto indagine le conseguenze dei continui rinvii sull’approvazione degli ultimi tre bilanci della municipalizzata dell’ambiente, relativo alle linee di credito concesse ad Ama dalle banche e ritirate in attesa dell’approvazione dei bilanci 2017 e 2018. Questo ha provocato una serie di intoppi nel pagamento di diversi tributi per mancanza di liquidità. Nel 2018 sono stati 23 i giorni di ritardo, nel 2019 11, per un ammontare danni di 31.045 euro. Oltre alla Raggi potrebbero essere coinvolti anche gli ex vertici di Ama, Lorenzo Bagnacani e Luisa Melara, e i membri della giunta attualmente in carica: Luca Bergamo, Gianni Lemmetti, Carlo Cafarotti, Antonio De Santis, Luca Montuori, Daniele Frongia e Linda Meleo. Con loro anche gli ex assessori Laura Baldassarre, Rosalba Castiglione, Margherita Gatta, Flavia Marzano e Pinuccia Montanari.

Roma e dintorni

Roma, abusava delle allieve minorenni: arrestato allenatore di Taekwondo

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Roma, abusava delle allieve minorenni: arrestato allenatore di Taekwondo

(Adnkronos) – La polizia ha arrestato a Roma un allenatore di Taekwondo accusato di violenza sessuale aggravata perché avrebbe abusato di almeno tre ragazzine a partire dal 2023. Secondo quanto ricostruito l’uomo, che lavorava in una palestra in zona Pietralata, era riuscito a guadagnare la fiducia delle famiglie e delle allieve, iniziando ad avvicinarle e ad abusare sessualmente di loro, grazie alla sua capacità manipolatoria.  

A dare il via alle indagini, la denuncia di una mamma che, a partire da alcuni comportamenti anomali della figlia, era riuscita a farsi raccontare le violenze subite: secondo chi indaga, le violenze si consumavano all’interno del centro sportivo o nell’autovettura che l’istruttore, grazie al favore che aveva ormai acquisito tra le famiglie delle sue allieve, utilizzava per riaccompagnarle a casa dopo averle trattenute oltre l’orario di allenamento. Le pressioni e gli abusi non avevano incontrato una battuta d’arresto neppure dopo il rifiuto delle vittime: una di loro, pur di non continuare a subire violenze, aveva deciso di abbandonare la disciplina. 

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Quando a tradire è chi dovrebbe proteggere: la scuola e il dovere della vigilanza

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Quando a tradire è chi dovrebbe proteggere: la scuola e il dovere della vigilanza

La condanna a sette anni di carcere inflitta al professore di chimica di due scuole romane, accusato di aver molestato cinque studenti quindicenni e di possedere materiale pedopornografico, segna una tappa dolorosa ma necessaria in una vicenda che scuote nel profondo la fiducia delle famiglie nella scuola.
Le testimonianze dei ragazzi, le denunce coraggiose dei genitori, i filmati dei carabinieri hanno tolto ogni dubbio sulla realtà delle violenze subite. La pena inflitta — già ridotta per la scelta del rito abbreviato — è severa ma, per molti, comunque insufficiente per il dolore causato alle vittime.
Eppure questa sentenza deve rappresentare soprattutto un punto di partenza, perché non basta condannare chi ha commesso il male: bisogna interrogarsi sulle condizioni che lo hanno permesso e sulle azioni da mettere in campo per prevenire casi simili.
Come è possibile che un professore già sotto indagine sia rimasto al suo posto, continuando a «scherzare e toccare» ragazzi inermi? Come è possibile che la segnalazione di un collega e i comportamenti «poco professionali» osservati dai compagni non siano bastati a fermarlo prima? Cosa manca nei nostri istituti, nelle procedure disciplinari, nella formazione del personale e nella vigilanza interna?
La sicurezza psicologica e fisica dei ragazzi deve venire prima di ogni altra considerazione: occorrono linee guida chiare, sportelli di ascolto, formazione specifica per il personale e una cultura che non banalizzi certi comportamenti come “scherzi”, ma li riconosca subito come violenze.
Sette anni di carcere e l’interdizione perpetua da ruoli a contatto con minori impediranno a quell’uomo di fare altri danni, ma la sfida più grande è fare in modo che quei ragazzi, e tutti i loro coetanei, possano tornare a sentire la scuola come una casa sicura.

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