Attualità
Il salario minimo crepa la maggioranza, i dati del sondaggio

Le forze d’opposizione stanno spingendo piano piano la Meloni alle corde: come riportato dalla stessa campagna firme per il salario minimo. Sul tema del lavoro povero poco può fare la maggioranza per impedire alle masse di parlare. Un tema del genere fa infatti gola ad una fetta troppo ampia di Italiani, più ampia forze di quella che appoggia il governo.
Con la raccolta firme per il salario minimo che dopo un primo momento di stordimento, dovuta alla debolezza del sito internet utilizzato, che sta macinando firme. Il polo d’opposizione rischia di diventare un fronte invincibile: Fratoianni, Calenda, Elly Schlein e Giuseppe Conte. Una compagine che a livello elettorale comprende quasi il 50% degli elettori che sono andati alle urne.
Le prime ventiquattro ore di vita della petizione hanno visto 100.000 account votare a favore, un numero che si allarga ogni secondo che passa. Su https://www.salariominimosubito.it si gioca quindi una partita molto importante, che porrà esecutivo, maggioranza e opposizione in una battaglia in cui le bandiere si verranno ad intrecciare imbrogliare, con cambi di fronte da più parti.
Su questa onda la Meloni arretra, lasciando alle opposizione larga libertà di manovra. Dopo il faccia a faccia con le opposizioni la Meloni crede di essersi posta come “capo di un esecutivo aperto alle opposizioni”, a solo un giorno dalla riunione dice: “personalmente nei molti anni che ho passato all’opposizione non son mai stata chiamata da un Presidente del Consiglio per parlare di una proposta di legge. Il bilaterale si è fatto, ma più per discutere sembra che la Meloni si sia presentata per farsi bella e democratica alla stampa e gli elettori.
Attualità
Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma
Attualità
La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

Nella notte tra l’1 e il 2 giugno, intorno alle 2:30, un gruppo di barcaioli dell’isola di Ponza è stato oggetto di minacce per un semplice gesto di solidarietà: aver esposto la bandiera della Palestina sulle loro imbarcazioni come simbolo di sostegno ad una popolazione in una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo aver infastidito il guardiano del porto, gli autori dell’intimidazione hanno strappato e rimosso con la forza la bandiera palestinese.
È un episodio che va oltre il fatto in sé, perchè tocca il nervo scoperto di un’Italia che troppo spesso confonde la solidarietà con la provocazione e che si mostra incapace di accettare gesti di umanità se non allineati con un certo sentire politico.
Esporre la bandiera della Palestina, in questo contesto, non equivale a prendere parte a un conflitto, perchè è un’affermazione di empatia per le vittime civili, per i bambini sotto le bombe, per le famiglie distrutte da decenni di violenza. Non significa negare il dolore degli israeliani, né tantomeno giustificare il terrorismo, ma riconoscere la sofferenza di un popolo dimenticato e condannato.
Ponza, isola aperta al mondo, costruita nei secoli sull’accoglienza e sul passaggio di genti diverse, non merita che certi gesti vengano accolti con violenza. Il gesto di quei barcaioli va rispettato, anche da chi non lo condivide, perché la democrazia è proprio questo: il diritto di manifestare un pensiero pacifico, anche scomodo, senza temere ritorsioni.
Chi ha strappato quella bandiera ha voluto togliere voce a una parte della coscienza collettiva, ma non potrà strappare il senso più profondo della solidarietà umana.
In un tempo in cui il silenzio complice è la norma, chi ha il coraggio di esporsi, anche solo con un simbolo, merita rispetto, non intimidazioni.
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