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Processo per il Crollo della Funivia del Mottarone: Morte di 14 Persone

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Processo per il Crollo della Funivia del Mottarone: Morte di 14 Persone

Inizio del Processo per lo Schianto della Funivia del Mottarone

Il 17 gennaio 2024 si apre il processo per il tragico incidente avvenuto alla Funivia del Mottarone il 23 maggio 2021. In quell’occasione, la cabina numero 3 si è schiantata a causa della rottura della fune traente, provocando la morte di 14 persone, compreso un bambino di 5 anni che è stato trasportato in ospedale in gravi condizioni.

Riapertura e Tragedia

La Funivia del Mottarone era stata riaperta al pubblico il 23 maggio 2021, dopo un lungo periodo di chiusura dovuto alla pandemia di Covid-19. Il bel tempo aveva attirato numerosi turisti desiderosi di godersi il panorama. Purtroppo, intorno alle 12.30, la fune traente si è spezzata, causando l’incidente mortale.

Indagini sulla Causa dello Schianto

Le indagini iniziali hanno rivelato che la rottura della fune trainante avrebbe dovuto attivare un sistema di emergenza per prevenire l’incidente. Tuttavia, questo sistema non ha funzionato, sollevando interrogativi sulla manutenzione e le misure di sicurezza adottate dalla Funivia del Mottarone.

Accuse e Controversie Giudiziarie

A seguito del tragico evento, sono state indagate 14 persone e due società, con accuse di omicidio colposo e lesioni colpose. Il processo preliminare è iniziato nel luglio 2021, focalizzato sulla ricostruzione dettagliata dell’incidente. Le indagini sono state caratterizzate da controversie sulle responsabilità tra i vari organi giudiziari coinvolti.

La Tragedia del Piccolo Sopravvissuto

Tra le vittime, un bambino di 5 anni che è deceduto a causa delle gravi ferite riportate. Il piccolo è stato l’unico sopravvissuto della sua famiglia, diventando così il simbolo di questa immane tragedia.

Impatti e Considerazioni Sulla Sicurezza

L’incidente ha causato grande agitazione pubblica e ha messo in luce carenze significative nella manutenzione e nelle misure di sicurezza della struttura della Funivia del Mottarone. La tragedia ha sollevato importanti domande e ha reso necessaria una revisione delle norme di sicurezza per prevenire simili disastri in futuro.

Per ulteriori informazioni, consulta la [fonte](https://www.fanpage.it/attualita/crollo-della-funivia-del-mottarone-si-apre-il-processo-per-la-strage-in-cui-morirono-14-persone/).

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Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma

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Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma

Mentre le strade di Roma risuonavano ancora di musica, canti e slogan del Pride, un episodio vergognoso ha ricordato a tutti quanto sia ancora lunga la strada verso una reale inclusione: sabato 14 giugno, intorno alle 19:40, subito dopo la fine del Roma Pride, che ha visto la partecipazione di oltre 200.000 persone, una donna trans è stata aggredita nei pressi della stazione Laurentina della linea B della metropolitana.

Secondo quanto denunciato da Gay Help Line, la vittima è stata bersagliata da insulti transfobici e poi inseguita da un uomo. Le frasi urlate “Frocio!”, “Si vede che sei un uomo!” sono lo specchio di un odio che continua a diffondersi nella nostra società, anche quando i riflettori delle grandi manifestazioni si spengono. Fortunatamente, alcuni passanti sono intervenuti, permettendo alla donna di mettersi in salvo su un autobus.

Il servizio di supporto Gay Help Line, che ha ricevuto la segnalazione attraverso il numero verde 800 713 713, lancia ora un appello a chiunque fosse presente in quel momento alla fermata: servono testimonianze, immagini, qualunque elemento possa aiutare a identificare l’aggressore.

In una città che poche ore prima celebrava l’amore, la libertà e la diversità, è inaccettabile che un’aggressione del genere possa accadere in pieno giorno, in un luogo pubblico, tra l’indifferenza di molti.

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La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

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La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

Nella notte tra l’1 e il 2 giugno, intorno alle 2:30, un gruppo di barcaioli dell’isola di Ponza è stato oggetto di minacce per un semplice gesto di solidarietà: aver esposto la bandiera della Palestina sulle loro imbarcazioni come simbolo di sostegno ad una popolazione in una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo aver infastidito il guardiano del porto, gli autori dell’intimidazione hanno strappato e rimosso con la forza la bandiera palestinese.

È un episodio che va oltre il fatto in sé, perchè tocca il nervo scoperto di un’Italia che troppo spesso confonde la solidarietà con la provocazione e che si mostra incapace di accettare gesti di umanità se non allineati con un certo sentire politico.

Esporre la bandiera della Palestina, in questo contesto, non equivale a prendere parte a un conflitto, perchè è un’affermazione di empatia per le vittime civili, per i bambini sotto le bombe, per le famiglie distrutte da decenni di violenza. Non significa negare il dolore degli israeliani, né tantomeno giustificare il terrorismo, ma riconoscere la sofferenza di un popolo dimenticato e condannato.

Ponza, isola aperta al mondo, costruita nei secoli sull’accoglienza e sul passaggio di genti diverse, non merita che certi gesti vengano accolti con violenza. Il gesto di quei barcaioli va rispettato, anche da chi non lo condivide, perché la democrazia è proprio questo: il diritto di manifestare un pensiero pacifico, anche scomodo, senza temere ritorsioni.

Chi ha strappato quella bandiera ha voluto togliere voce a una parte della coscienza collettiva, ma non potrà strappare il senso più profondo della solidarietà umana.

In un tempo in cui il silenzio complice è la norma, chi ha il coraggio di esporsi, anche solo con un simbolo, merita rispetto, non intimidazioni.

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