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Discriminazione a Fiumicino: Negato l’acquisto di acqua per provenienza russa

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Discriminazione a Fiumicino: Negato l’acquisto di acqua per provenienza russa

Il caso di Anna Larina, una donna russa in Italia da dieci anni, ha fatto il giro del web. La sua lamentela di non essere stata in grado di acquistare una bottiglia d’acqua all’aeroporto di Roma Fiumicino a causa della sua nazionalità ha attirato l’attenzione sui social network, dove ha condiviso un video del suo incidente che è rapidamente diventato virale.

Larina ha spiegato che l’incidente si è verificato al negozio Aelia DutyFree del Terminal 1 di Fiumicino. Non le è stato permesso di comprare l’acqua a causa della sua nazionalità russa, una mossa riferita allo stato attuale delle tensioni tra la Russia e l’Ucraina. “Mi hanno detto che non potrò comprare nulla perché ho un passaporto russo”, ha condiviso Larina, aggiungendo che il venditore le ha indicato di controllare questa regola sul sito del Ministero degli Esteri italiano.

Per aggiungere ulteriore contesto, Larina stava in viaggio verso Erevan ed aveva presentato la sua carta d’imbarco come richiesto dal regolamento. Ha poi condiviso un secondo video in cui esprime la sua incredulità per quanto successo, sottolineando di possedere un permesso di soggiorno italiano e di contribuire economicamente al paese da dieci anni. Questa situazione ha suscitato indignazione sulla piattaforma social, con migliaia di utenti che hanno condiviso il suo video e hanno espresso la loro costernazione per quanto accaduto.

La gestione dell’aeroporto di Roma Fiumicino è intervenuta per scusarsi con Larina per l’incidente. Esercitanoo una forte lamentela verso tale comportamento, escludendo che vi sia una policy che vieti la vendita di prodotti o beni a persone di determinate nazionalità. Hanno inoltre garantito che il gestore del duty free sia stato informato dell’incidente e si stia attivando per individuare gli opportuni provvedimenti disciplinari. L’invito da parte dell’aeroporto è che Larina ritorni per sperimentare un servizio più corretto in futuro.

La società gestrice del duty free, Aelia LaGardere, si è assunta la piena responsabilità dell’episodio emettendo una nota ufficiale in cui ammette che si è trattato di un errore da parte del suo personale. La company ha ribadito che non esistono norme specifiche che vietino la vendita di acqua a qualsiasi individuo, a prescindere dalla nazionalità. Inoltre, Aelia LaGardere ha sottolineato che sta applicando sanzioni appropriate al personale coinvolto e avviando campagne di sensibilizzazione per prevenire incidenti simili in futuro, al fine di garantire che ogni cliente possa avere la migliore esperienza nei loro negozi.

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Esplosione a Roma, installati sensori per rilevare residui di gas

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Esplosione a Roma, installati sensori per rilevare residui di gas

Resta alta l’attenzione a Roma dopo la violenta esplosione avvenuta ieri mattina intorno alle 8 in via dei Gordiani, zona Prenestino. Un distributore di GPL è saltato in aria causando oltre 40 feriti, tra cui due in condizioni gravi, ora ricoverati all’ospedale Sant’Eugenio. Sul posto sono intervenuti immediatamente i vigili del fuoco, le forze dell’ordine e i soccorritori, alcuni dei quali sono rimasti coinvolti nella deflagrazione.

L’Arpa e il Noe hanno installato dispositivi per monitorare la qualità dell’aria, temendo la presenza di gas residui. La Protezione Civile ha consigliato ai residenti di non uscire, tenere chiuse le finestre e spegnere i condizionatori. La Procura ha aperto un’indagine per disastro colposo: le prime ipotesi parlano di un guasto ad un impianto GPL.

Il tempestivo intervento dei gestori di un centro estivo vicino ha evitato una possibile tragedia: i bambini presenti sono stati evacuati poco prima dell’esplosione. La zona resta isolata, con ingenti danni anche a strutture vicine, come la polisportiva Villa De Sanctis. Le autorità stanno proseguendo le indagini e i controlli ambientali.

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Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

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Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

Tragedia alla Montagnola, nella periferia sud della Capitale: Mamun Miah, 27 anni, cittadino del Bangladesh e cuoco in un ristorante di piazza Venezia, è stato trovato senza vita al parco della Solidarietà, nei pressi del civico 393 di via Cristoforo Colombo. Il giovane è stato colpito al torace da una coltellata che non gli ha lasciato scampo, l’aggressore è fuggito ed è tuttora ricercato.

L’ipotesi investigativa principale resta quella della rapina finita male. Secondo alcuni amici della vittima, connazionali che spesso trascorrevano con lui le serate nel parco dopo il lavoro, Mamun avrebbe reagito a un tentativo di furto ed è stato accoltellato. I testimoni, pur trovandosi a una certa distanza al momento dell’attacco, raccontano di averlo visto discutere animatamente con un uomo nei pressi di un centro sportivo, non lontano dalla sua abitazione in via dell’Arcadia.

Ma il dettaglio che lascia perplessi è che nella tasca dei pantaloni del giovane è stato rinvenuto il portafoglio, completo di denaro e documenti. Un elemento che complica la lettura del movente: perché uccidere per rapinare, se poi l’aggressore fugge a mani vuote?

A destare ulteriori sospetti è l’identikit tracciato dagli amici di Mamun, che indicano come possibile responsabile un senzatetto della zona, noto per aggirarsi nei pressi del parco. Al momento, però, l’uomo non è stato rintracciato.

I carabinieri della compagnia Eur, insieme ai colleghi della stazione di San Sebastiano, stanno conducendo le indagini e sono già state acquisite le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nell’area per cercare di identificare chi fosse nei paraggi al momento del delitto. Sarà anche l’autopsia a fornire risposte decisive, chiarendo l’esatta dinamica dell’aggressione e se la vittima abbia tentato di difendersi.

Mamun Miah viveva da solo e lavorava duramente per mantenersi. I familiari, rimasti in Bangladesh, sono stati avvisati della tragedia. Nel frattempo, la comunità bengalese di Roma è sotto shock e chiede giustizia per un giovane la cui unica colpa sembra essere stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Un omicidio così brutale, in un contesto apparentemente tranquillo, riaccende i riflettori sulla sicurezza nelle aree periferiche della città: luoghi spesso dimenticati, dove la presenza delle forze dell’ordine non è costante e il degrado sociale favorisce l’emergere di situazioni pericolose. La morte di Mamun Miah non può restare solo una notizia di cronaca: deve spingere a riflettere su come tutelare davvero chi lavora onestamente e cerca solo una vita dignitosa.

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