Attualità
Professore di religione accusato di pedofilia ritorna in aula: richiesta pena di 10 anni

Cronaca – Mirko Campoli, il professore di religione e dirigente dell’Azione Cattolica, ha tentato di difendersi giustificando gli abusi sessuali commessi con un momento di fragilità, dichiarando “ero depresso, chiedo scusa“.
Tuttavia, il magistrato non è stato convinto ed ha proposto una condanna a 10 anni di carcere per lui, affermando che “la depressione non si cura con la pedofilia“. Queste informazioni provengono dall’ultima udienza del processo contro Campoli, accusato di violenza sessuale nei confronti di due minori.
I fatti si riferiscono a episodi risalenti a quando le vittime avevano 12 e 16 anni. Il più giovane era frequentemente lasciato sotto la custodia di Campoli dai suoi genitori, che lo ritenevano una persona di fiducia per le posizioni che ricopriva nell’Azione Cattolica e nella scuola. Invece, il docente avrebbe abusato di lui per quattro anni, finché l’arrivo della pandemia non ha posto fine ai loro incontri. Secondo le accuse, gli abusi avvenivano almeno una volta al mese, anche durante un viaggio a Gardaland, per un totale di circa 50 episodi di violenza sessuale.
Le indagini sono state avviate anni dopo, quando i due ragazzi hanno raccontato alle rispettive fidanzate quanto avvenuto. Ciò ha innescato una serie di interrogatori e approfondimenti. Nel processo, anche il Garante per l’infanzia e l’adolescenza nel Lazio, Monica Sansoni, si è costituita parte civile.
Dopo gli abusi, Campoli avrebbe acquistato il silenzio dei ragazzi con regali e soldi. Una delle vittime, a causa delle violenze subite, avrebbe sviluppato una dipendenza dal gioco d’azzardo. L’ultima udienza del rito abbreviato è prevista il prossimo 7 marzo, insieme alla sentenza. Il procuratore ha chiesto una condanna a 10 anni di carcere e un risarcimento di un milione di euro da dividere tra le due vittime.
Ma Mirko Campoli potrebbe non essere l’unico ad essere processato per questi crimini. Infatti, la Procura di Tivoli ha chiuso una seconda indagine che lo riguarda, suggerendo che avrebbe potuto abusare anche di due fratelli di 12 e 10 anni che vivevano in una casa famiglia in zona Boccea.
Secondo Francesco Zanardi, presidente di ‘Rete L’Abuso’, ci sono dozzine di casi simili a quello di Campoli, ma spesso non viene preso alcun provvedimento se non dopo lo scoppio dell’attenzione mediatica. A seguito di queste rivelazioni, la polizia sta attualmente cercando di rintracciare e smantellare una rete di abusi di pedofilia che si estende al di là del Lazio.
Ultime Notizie Roma
Esplosione a Roma, installati sensori per rilevare residui di gas
Resta alta l’attenzione a Roma dopo la violenta esplosione avvenuta ieri mattina intorno alle 8 in via dei Gordiani, zona Prenestino. Un distributore di GPL è saltato in aria causando oltre 40 feriti, tra cui due in condizioni gravi, ora ricoverati all’ospedale Sant’Eugenio. Sul posto sono intervenuti immediatamente i vigili del fuoco, le forze dell’ordine e i soccorritori, alcuni dei quali sono rimasti coinvolti nella deflagrazione.
L’Arpa e il Noe hanno installato dispositivi per monitorare la qualità dell’aria, temendo la presenza di gas residui. La Protezione Civile ha consigliato ai residenti di non uscire, tenere chiuse le finestre e spegnere i condizionatori. La Procura ha aperto un’indagine per disastro colposo: le prime ipotesi parlano di un guasto ad un impianto GPL.
Il tempestivo intervento dei gestori di un centro estivo vicino ha evitato una possibile tragedia: i bambini presenti sono stati evacuati poco prima dell’esplosione. La zona resta isolata, con ingenti danni anche a strutture vicine, come la polisportiva Villa De Sanctis. Le autorità stanno proseguendo le indagini e i controlli ambientali.
Attualità
Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

Tragedia alla Montagnola, nella periferia sud della Capitale: Mamun Miah, 27 anni, cittadino del Bangladesh e cuoco in un ristorante di piazza Venezia, è stato trovato senza vita al parco della Solidarietà, nei pressi del civico 393 di via Cristoforo Colombo. Il giovane è stato colpito al torace da una coltellata che non gli ha lasciato scampo, l’aggressore è fuggito ed è tuttora ricercato.
L’ipotesi investigativa principale resta quella della rapina finita male. Secondo alcuni amici della vittima, connazionali che spesso trascorrevano con lui le serate nel parco dopo il lavoro, Mamun avrebbe reagito a un tentativo di furto ed è stato accoltellato. I testimoni, pur trovandosi a una certa distanza al momento dell’attacco, raccontano di averlo visto discutere animatamente con un uomo nei pressi di un centro sportivo, non lontano dalla sua abitazione in via dell’Arcadia.
Ma il dettaglio che lascia perplessi è che nella tasca dei pantaloni del giovane è stato rinvenuto il portafoglio, completo di denaro e documenti. Un elemento che complica la lettura del movente: perché uccidere per rapinare, se poi l’aggressore fugge a mani vuote?
A destare ulteriori sospetti è l’identikit tracciato dagli amici di Mamun, che indicano come possibile responsabile un senzatetto della zona, noto per aggirarsi nei pressi del parco. Al momento, però, l’uomo non è stato rintracciato.
I carabinieri della compagnia Eur, insieme ai colleghi della stazione di San Sebastiano, stanno conducendo le indagini e sono già state acquisite le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nell’area per cercare di identificare chi fosse nei paraggi al momento del delitto. Sarà anche l’autopsia a fornire risposte decisive, chiarendo l’esatta dinamica dell’aggressione e se la vittima abbia tentato di difendersi.
Mamun Miah viveva da solo e lavorava duramente per mantenersi. I familiari, rimasti in Bangladesh, sono stati avvisati della tragedia. Nel frattempo, la comunità bengalese di Roma è sotto shock e chiede giustizia per un giovane la cui unica colpa sembra essere stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Un omicidio così brutale, in un contesto apparentemente tranquillo, riaccende i riflettori sulla sicurezza nelle aree periferiche della città: luoghi spesso dimenticati, dove la presenza delle forze dell’ordine non è costante e il degrado sociale favorisce l’emergere di situazioni pericolose. La morte di Mamun Miah non può restare solo una notizia di cronaca: deve spingere a riflettere su come tutelare davvero chi lavora onestamente e cerca solo una vita dignitosa.
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