Attualità
Accoltella la moglie a Tor Vergata: 50enne arrestato per tentato omicidio

Arresto per Tentato Omicidio
I carabinieri hanno arrestato e portato in carcere un 50enne per tentato omicidio. Avrebbe accoltellato la compagna 41enne durante una lite per motivi economici.
L’Incidente e l’Arresto
Un uomo di cinquant’anni è stato arrestato per il tentato omicidio della compagna e portato nel carcere di Regina Coeli. L’episodio di violenza risale ai giorni scorsi ed è avvenuto in un’abitazione in via Salvatore Barzilai, nella zona di Tor Vergata a Roma. A finire in manette è un cinquantenne di nazionalità cinese, che ha accoltellato la compagna quarantunenne, la quale ha dovuto ricorrere a cure mediche ed è grave. A rendere esecutiva la misura di custodia cautelare in carcere sono stati i carabinieri della Sezione Radiomobile della Compagnia di Frascati.
Immagine di Repertorio
Immagine di repertorio
L’Accoltellamento per Motivi Economici
Secondo quanto ricostruito in sede d’indagine dagli investigatori, era la mattina di qualche giorno fa quando l’uomo avrebbe accoltellato la moglie con diversi fendenti al culmine di una lite nata per motivi economici. A dare l’allarme sono stati alcuni cittadini cinesi, conoscenti della coppia, dopo che il cinquantenne li aveva avvisati di quello che aveva appena fatto. Subito, preoccupati per le condizioni di salute della donna, hanno dato l’allarme, chiamando il Numero Unico delle Emergenze 112 e chiedendo l’intervento urgente di un’ambulanza per una donna accoltellata dal compagno, che si trovava in condizioni gravi. Hanno anche indicato ai soccorritori l’indirizzo dell’abitazione della coppia.
Intervento dei Soccorsi
Sul posto, ricevuta la segnalazione, è arrivato il personale sanitario in ambulanza, che ha soccorso la quarantunenne e l’ha trasportata con urgenza al Policlinico di Tor Vergata. Giunta al pronto soccorso in codice rosso, la paziente è stata affidata alle cure dei medici, che l’hanno sottoposta agli accertamenti del caso. È stata ricoverata in gravissime condizioni per le ferite d’arma bianca riportate.
Arresto e Sequestro dell’Arma
I carabinieri hanno arrestato il cinquantenne e lo hanno portato nel carcere di Regina Coeli, dove si trova a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, in attesa di comparire davanti al giudice per l’udienza di convalida. I militari hanno anche sequestrato il coltello con il quale avrebbe colpito ripetutamente la compagna.
Attualità
Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

Tragedia alla Montagnola, nella periferia sud della Capitale: Mamun Miah, 27 anni, cittadino del Bangladesh e cuoco in un ristorante di piazza Venezia, è stato trovato senza vita al parco della Solidarietà, nei pressi del civico 393 di via Cristoforo Colombo. Il giovane è stato colpito al torace da una coltellata che non gli ha lasciato scampo, l’aggressore è fuggito ed è tuttora ricercato.
L’ipotesi investigativa principale resta quella della rapina finita male. Secondo alcuni amici della vittima, connazionali che spesso trascorrevano con lui le serate nel parco dopo il lavoro, Mamun avrebbe reagito a un tentativo di furto ed è stato accoltellato. I testimoni, pur trovandosi a una certa distanza al momento dell’attacco, raccontano di averlo visto discutere animatamente con un uomo nei pressi di un centro sportivo, non lontano dalla sua abitazione in via dell’Arcadia.
Ma il dettaglio che lascia perplessi è che nella tasca dei pantaloni del giovane è stato rinvenuto il portafoglio, completo di denaro e documenti. Un elemento che complica la lettura del movente: perché uccidere per rapinare, se poi l’aggressore fugge a mani vuote?
A destare ulteriori sospetti è l’identikit tracciato dagli amici di Mamun, che indicano come possibile responsabile un senzatetto della zona, noto per aggirarsi nei pressi del parco. Al momento, però, l’uomo non è stato rintracciato.
I carabinieri della compagnia Eur, insieme ai colleghi della stazione di San Sebastiano, stanno conducendo le indagini e sono già state acquisite le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nell’area per cercare di identificare chi fosse nei paraggi al momento del delitto. Sarà anche l’autopsia a fornire risposte decisive, chiarendo l’esatta dinamica dell’aggressione e se la vittima abbia tentato di difendersi.
Mamun Miah viveva da solo e lavorava duramente per mantenersi. I familiari, rimasti in Bangladesh, sono stati avvisati della tragedia. Nel frattempo, la comunità bengalese di Roma è sotto shock e chiede giustizia per un giovane la cui unica colpa sembra essere stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Un omicidio così brutale, in un contesto apparentemente tranquillo, riaccende i riflettori sulla sicurezza nelle aree periferiche della città: luoghi spesso dimenticati, dove la presenza delle forze dell’ordine non è costante e il degrado sociale favorisce l’emergere di situazioni pericolose. La morte di Mamun Miah non può restare solo una notizia di cronaca: deve spingere a riflettere su come tutelare davvero chi lavora onestamente e cerca solo una vita dignitosa.
Ultime Notizie Roma
Quando la fede diventa spettacolo: il caso del nuovo imam di Bologna

La figura dell’imam, tradizionalmente, ha un ruolo fondamentale: guida spirituale, punto di riferimento religioso e promotore di dialogo e di pace nella comunità. Ma cosa accade quando la predicazione si trasforma in spettacolo social, e le invocazioni in contenuti virali su TikTok?
È quanto sembra emergere dal caso del nuovo imam di Bologna, subentrato dopo che lo storico imam Zulfiqar Khan è rimasto bloccato in Pakistan per motivi di sicurezza nazionale. Il nuovo arrivato, giovane e popolare, ha portato con sé un linguaggio decisamente più acceso, una comunicazione più aggressiva e una presenza social sempre più invadente.
Le dichiarazioni dell’imam, come quando critica i musulmani che si scambiano gli auguri di Natale, definendo questo gesto inaccettabile perché “a Natale è nato il figlio di Dio, e dire che Allah abbia un figlio è un insulto”, oppure quando afferma che donne e uomini non dovrebbero parlarsi liberamente, non sono semplicemente controverse: sono l’espressione di una visione chiusa e rigida, profondamente in contrasto con i principi di libertà e convivenza che costituiscono le fondamenta della nostra società democratica
Non è questo l’Islam che conosciamo attraverso tante persone musulmane che vivono e lavorano pacificamente in Italia, che credono in una fede fatta di rispetto, carità, umiltà e fratellanza. Non è questo l’Islam che, anche nelle sue interpretazioni più conservatrici, invita al confronto con il mondo e non alla sua demonizzazione.
Ma è proprio qui il punto dolente: il confine tra religione e ideologia, tra fede e potere, tra guida spirituale e influencer radicale. La religione, qualunque essa sia, non può essere usata per intimidire, per imporre un modello di comportamento che nega libertà individuali, specialmente alle donne.
La preoccupazione sollevata da alcune voci politiche non può essere liquidata come semplice allarmismo: siamo di fronte a una forma di radicalizzazione che si traveste da predicazione, ma che nei fatti mina le basi della convivenza civile. Quando un imam, per di più giovane e popolare sui social, usa il pulpito per attaccare, giudicare e dividere, non sta diffondendo fede: sta alimentando una cultura del sospetto, della chiusura e del controllo.
La cosa più pericolosa è che tutto questo avviene sotto gli occhi di tutti, in video che raggiungono migliaia di visualizzazioni e parlano a un pubblico spesso giovane, in cerca di riferimenti e identità.
Continuare a ignorare questi segnali significa lasciare spazio all’estremismo, legittimarlo con il silenzio e permettere che cresca anche dove si dovrebbe invece coltivare il dialogo.
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