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Omicidio di Michelle Causo: 17enne Condannato a 20 Anni di Carcere

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Omicidio di Michelle Causo: 17enne Condannato a 20 Anni di Carcere

La Sentenza per l’Assassinio di Michelle Causo

Il Tribunale per i Minori di Roma ha sentenziato 20 anni di reclusione per il giovane cingalese, all’epoca dei fatti 17enne, riconosciuto colpevole dell’omicidio di Michelle Causo, avvenuto il 28 giugno 2023. Il corpo della ragazza è stato ritrovato in un carrello della spesa abbandonato per strada.

«Ho commesso un reato gravissimo e voglio pagare per quello che ho fatto».

Una Sentenza Senza Pietà

Nonostante il pubblico ministero avesse richiesto una pena più severa di 30 anni, la condanna a 20 anni rappresenta comunque un’importante decisione giudiziaria, visto che raramente un minore riceve una punizione così grave. Michelle e il suo assassino avevano entrambi la stessa età e l’atrocità si è consumata nella zona di Primavalle a Roma.

Nuove Accuse e Problemi Legali

Il caso ha visto ulteriori sviluppi con l’emergere di nuove accuse. Il giovane condannato è ora accusato di “revenge porn” e violenza, complicando ulteriormente la sua situazione legale. Queste accuse derivano da comportamenti online tenuti dal ragazzo durante la sua detenzione.

Utilizzo dei Social Media dal Carcere

I genitori di Michelle hanno denunciato il fatto che il killer utilizzi i social media dal carcere per comunicare con le amiche della vittima. Questo comportamento ha sollevato preoccupazioni sulla gestione del detenuto e aggiunto ulteriore dolore e frustrazione alla famiglia di Michelle.

Ricordando Michelle

La madre di Michelle ha espresso una parziale soddisfazione per la sentenza, affermando: «Oggi con questa sentenza riusciamo un pochino a dare giustizia a Michelle. È la prima volta che un minore prende 20 anni, ma se li merita tutti. Adesso andiamo avanti, ho un altro figlio e mi dovrò dedicare completamente a lui». Le sue parole evidenziano il desiderio di trovare pace e di concentrarsi sulla famiglia rimasta.

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Droga, minacce ed incendi tra Roma e Calabria: 11 arresti, smantellata la rete legata al narcotraffico

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Droga, minacce ed incendi tra Roma e Calabria: 11 arresti, smantellata la rete legata al narcotraffico

Undici persone sono state arrestate dai Carabinieri nell’ambito di un’operazione antidroga che ha colpito un’organizzazione criminale attiva tra Roma, Latina e la Calabria. Le accuse nei loro confronti comprendono associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione e incendio doloso in concorso. Altri tre soggetti risultano ancora ricercati.

L’operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, è frutto di un’indagine articolata che ha incluso intercettazioni e l’analisi di chat criptate. L’inchiesta si collega ad una precedente operazione condotta nel Gennaio 2022, che aveva già smantellato un’organizzazione criminale, secondo gli investigatori, all’albanese Elvis Demce, condannato in seguito a 18 anni di carcere.

Gli arrestati avrebbero avuto ruoli ben definiti all’interno dell’organizzazione, che si occupava del traffico di cocaina lungo l’asse Roma-Reggio Calabria. Le forze dell’ordine hanno documentato il commercio illecito di almeno 338 kg di cocaina, 1510 kg di hashish e 70 kg di marijuana tra maggio 2020 e marzo 2021 nelle province di Roma e Latina. Tra gli episodi più gravi, uno riguarda l’incendio di una sala scommesse a Roma e le successive minacce di morte rivolte al proprietario, accusato di non aver saldato un debito per l’acquisto di droga.

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Gesù rivisitato: provocazione artistica o cancellazione simbolica?

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Gesù rivisitato: provocazione artistica o cancellazione simbolica?
Sta facendo discutere la scelta di affidare all’attrice britannica Cynthia Erivo – donna, nera e apertamente omosessuale – il ruolo di Gesù nel celebre musical Jesus Christ Superstar. Una decisione che viene vista da alcuni come un atto di coraggio e inclusività, ma per altri rappresenta un ulteriore passo verso lo svuotamento dei simboli identitari in nome di una visione ideologica.

Non si tratta, come spesso viene sostenuto in questi casi, di razzismo o omofobia. Il talento di Erivo è fuori discussione, così come il diritto del teatro di sperimentare linguaggi nuovi. Tuttavia, è lecito porsi una domanda: perché modificare radicalmente l’identità di una figura simbolica universale come Gesù Cristo?La figura di Gesù – maschile, ebraica, storicamente e religiosamente connotata – ha attraversato i secoli mantenendo un valore spirituale e culturale ben preciso; cambiarne l’aspetto, il genere e il profilo identitario non è un dettaglio creativo, ma un atto profondamente ideologico, un segnale del nostro tempo, in cui ogni rappresentazione tradizionale viene riscritta per adattarsi a criteri di inclusione sempre più rigidi e imposti.

L’inclusività è un valore importante, ma quando diventa un obbligo culturale che trasforma ogni simbolo in qualcosa di instabile e privo di radici, rischia di ottenere l’effetto opposto: non più unire, ma confondere.

Quando tutto può essere tutto, allora nulla ha più significato, e in questo caso non si rompe un tabù per cercare nuove verità, ma si sostituisce un simbolo per riscrivere ciò che rappresenta.

E il pubblico ha il diritto di chiedersi dove finisce l’arte e dove comincia l’ideologia.

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