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Cronaca

Tiktoker Nicolò muore per suicidio a 21 anni. In un video affermava: «Non ce la faccio più», ma è stato accusato di “fare la vittima”.

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Tiktoker Nicolò muore per suicidio a 21 anni. In un video affermava: «Non ce la faccio più», ma è stato accusato di “fare la vittima”.

«Questo sarà un video un po’ triste, ma io non ce la faccio più a reggere questa maschera. Devo ammettere di essere una persona sola, che in questo momento sta soffrendo molto». Con queste parole inizia il video pubblicato su TikTok il 24 settembre da Nicolò, 21enne influencer di Roma nord. Un appello disperato diventato virale solo dopo il tragico suicidio, avvenuto il 16 ottobre. A darne il triste annuncio i genitori e il fratello minore sui social.

La vicenda

Nicolò condivideva con i suoi follower video allegri e divertenti, ma nell’ultimo mese il tono dei suoi contenuti era progressivamente diventato più cupo fino all’ultimo reel del 15 ottobre, un giorno prima della scomparsa. Poi il silenzio. «Ho uno psicologo, una psichiatra, ma questo non è sufficiente», aveva confessato, facendo intendere che il suo malessere era noto alla famiglia che lo stava seguendo. Su TikTok Nicolò descriveva una vita quotidiana vissuta con una «fatica bestiale», senza una direzione chiara, pur studiando all’università e mancandogli un anno alla laurea. «Io non so più chi sono, forse non l’ho mai saputo. Temo il peggio», diceva, manifestando un senso di smarrimento che sembrava permeare ogni aspetto della sua esistenza. Malgrado il suo appello fosse pubblico, la sua richiesta di aiuto è stata in gran parte ignorata o addirittura fraintesa dai follower. Alcuni utenti, infatti, lo hanno accusato di «fare la vittima» e di esagerare il proprio dolore, forse peggiorando ulteriormente il suo stato d’animo. Il giovane ha raccontato come, nelle ultime settimane, si fosse aperto completamente con i suoi seguaci: «Vi sto confidando le mie fragilità».

Delusione dalle relazioni

In uno dei suoi ultimi reel, esprimeva la sua delusione per le critiche ricevute: «Mi dispiace che alcuni mi abbiano preso come falso. Una ragazza mi ha detto addirittura “Fai sempre la vittima, ti vittimizzi troppo”. Questa cosa mi ha dispiaciuto molto perché non è assolutamente così. Io faccio questi video perché mi piace che ci sia un ritorno, che ci sia gente che mi risponde, che mi dà supporto». Nicolò non cercava compassione, ma un po’ di affetto, un segno di empatia. «Basta dire cose brutte, per favore, basta, basta, basta», aveva ripetuto con disperazione.

Alla sofferenza, il ragazzo aveva tentato di trovare un sollievo anche rifugiandosi nei rapporti affettivi, ma questi si erano rivelati altrettanto deludenti. Fino a indurlo quasi dipendente da una app di incontri: «Le persone sono superficiali e poi spariscono…». Smarrimento e frustrazione che lo avevano portato a frequentare, «posti dove mi faccio del male, dove rischio la vita». La spirale di dolore che lo consumava non è stata compresa o riconosciuta sul web prima che fosse troppo tardi. In questi giorni il suo profilo è inondato da messaggi di dolore e affetto: amici, influencer e comunità LGBTQ+ si sono strette intorno alla famiglia. Nicolò, non è un caso isolato: molti giovani oggi vivono il proprio malessere attraverso i social cercando risposte che la rete non può dare.

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Contro l’invasione dei bus turistici, i residenti si uniscono a Confcommercio

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Contro l’invasione dei bus turistici, i residenti si uniscono a Confcommercio

Hai mai immaginato Roma senza caos nel traffico? Scopri il colpo di scena al Campidoglio che potrebbe cambiare tutto! #RomaTraffico #MobilitàSvelata

La Richiesta di Confronto al Campidoglio

A Roma, le strade centrali sono da sempre un labirinto di auto e turisti, ma ora c’è una mossa che sta accendendo la curiosità. I rappresentanti locali hanno presentato una richiesta ufficiale al Campidoglio per un tavolo di confronto, lasciando tutti a chiedersi: quali cambiamenti sono in arrivo?

Cosa Si Nasconde Dietro le Strade Centrali

Le modalità di accesso alle vie più iconiche della città potrebbero essere riviste in modo radicale. Immagina poter esplorare i tesori di Roma senza il solito ingorgo: un’idea che sta generando un’ondata di interesse e dibattiti. Quali proposte emergeranno da questo tavolo? Potrebbe essere l’inizio di una vera rivoluzione urbana.

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La denuncia di Federica: l’iniezione che ha cambiato tutto

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La denuncia di Federica: l’iniezione che ha cambiato tutto

FillerLabbra #MedicinaEsteticaScoperta L’incubo di una donna sfigurata da un trattamento illegale e low cost – ecco i rischi nascosti del mondo della bellezza!

La tentazione dei social e l’incontro con l’ignoto

Federica Funi, 34 anni di Roma, pensava di aver trovato l’offerta perfetta per rendere le sue labbra più affascinanti, ma il tentativo di risparmiare si è trasformato in un vero disastro. Ogni giorno, scorrendo i feed dei social, si imbatteva in post di dottoresse dell’Est Europa che promettevano risultati sorprendenti. Curiosa e attirata da prezzi apparentemente irresistibili, ha contattato una dottoressa bulgara via Instagram, usando il traduttore per superare la barriera linguistica. Ma quello che sembrava un appuntamento rapido si è rivelato un incubo: iniezioni eseguite in un appartamento affittato, senza verifiche o sterilizzazione adeguata.

I pericoli di procedure non regolamentate

Federica aveva già filler alle labbra, ma la dottoressa non ha esitato a iniettarne altro, ignorando ogni cautela. “Se fosse stata competente, mi avrebbe consigliato di sciogliere prima il vecchio filler”, racconta con rammarico. L’appuntamento, fissato con appuntamenti ogni 30 minuti, si è svolto in una casa di fronte al Colosseo, convertita temporaneamente in uno studio improvvisato. Strumenti non sterilizzati, comunicazioni a gesti e zero visite preliminarie: non c’era traccia di trasparenza o professionalità, alimentando subito i sospetti di Federica.

Le conseguenze devastanti e i segni permanenti

Il filler utilizzato, chiamato Sardenya e non autorizzato, non si è riassorbito come promesso, lasciando labbra deformate con bozzi, grinze e un buco al centro. “Sembravo un mostro”, confida Federica, che ha dovuto sottoporsi a interventi dolorosi come l’ialuronidasi e persino piccoli fori per rimuovere il prodotto. Il risultato? Labbra che ora appaiono come un palloncino sgonfio, con effetti psicologici che l’hanno costretta a isolarsi. Tutto per un costo leggermente più basso, che alla fine non è valso nemmeno la promessa di una tecnica “Russian Lips” esclusiva.

Il business sommerso e il silenzio delle vittime

In un mondo di filler low cost e dottoresse itineranti, Federica non è l’unica a cadere in questa trappola. Operazioni a domicilio, senza regolamentazioni, attirano chi cerca shortcut per la bellezza, ma i rischi sono altissimi. Nonostante il trauma, Federica non ha denunciato la dottoressa, complice l’anonimato e il lavoro “a nero”. “Prima ci vai senza pensarci, poi ti chiedi come hai potuto”, ammette, evidenziando un fenomeno che continua a crescere nell’ombra.

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