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Bastogi: a 8 mesi dall’incendio dell’ex residence non è cambiato nulla

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Bastogi: a 8 mesi dall’incendio dell’ex residence non è cambiato nulla

Il corridoio della palazzina dove è scoppiato l’incendio non è mai stato bonificato, non è stata ripristinata la corrente negli spazi comuni di quel piano, non sono state fatte prove di sforzo negli appartamenti dichiarati inagibili –

Sono trascorsi ben otto mesi da quando un incendio ha colpito la palazzina F del comprensorio ex Bastogi, nella periferia nord ovest della Capitale. Era l’8 marzo 2024 quando le fiamme hanno avvolto il comprensorio. Il bilancio è stato di un appartamento completamente distrutto, due persone intossicate e l’intera struttura senza luce e acqua per giorni. Il rogo avrebbe potuto avere conseguenze ben più drammatiche, visto che in quella palazzina (come in altre della borgata) non ci sono gli impianti per l’allaccio del gas ma ogni appartamento ha al suo interno una bombola.

Oggi, 8 novembre 2024 e otto mesi esatti dal rogo non c’è stata ancora nessuna bonifica dell’area. “Siamo ancora in attesa che qualcuno si faccia vivo per dirci se siamo in pericolo o no – ci spiega Eleonora, residente nella palazzina, senza nascondere l’amarezza – e non ce la facciamo più. Dopo tutto questo tempo non è cambiato nulla e siamo sempre abbandonati a noi stessi”.

“Dal Dipartimento non è stato fatto un solo intervento: il corridoio della palazzina dove è scoppiato l’incendio non è mai stato bonificato, non è stata ripristinata la corrente negli spazi comuni di quel piano, non sono state fatte prove di sforzo negli appartamenti dichiarati inagibili – denuncia la consigliera del Municipio…

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Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma

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Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma

Mentre le strade di Roma risuonavano ancora di musica, canti e slogan del Pride, un episodio vergognoso ha ricordato a tutti quanto sia ancora lunga la strada verso una reale inclusione: sabato 14 giugno, intorno alle 19:40, subito dopo la fine del Roma Pride, che ha visto la partecipazione di oltre 200.000 persone, una donna trans è stata aggredita nei pressi della stazione Laurentina della linea B della metropolitana.

Secondo quanto denunciato da Gay Help Line, la vittima è stata bersagliata da insulti transfobici e poi inseguita da un uomo. Le frasi urlate “Frocio!”, “Si vede che sei un uomo!” sono lo specchio di un odio che continua a diffondersi nella nostra società, anche quando i riflettori delle grandi manifestazioni si spengono. Fortunatamente, alcuni passanti sono intervenuti, permettendo alla donna di mettersi in salvo su un autobus.

Il servizio di supporto Gay Help Line, che ha ricevuto la segnalazione attraverso il numero verde 800 713 713, lancia ora un appello a chiunque fosse presente in quel momento alla fermata: servono testimonianze, immagini, qualunque elemento possa aiutare a identificare l’aggressore.

In una città che poche ore prima celebrava l’amore, la libertà e la diversità, è inaccettabile che un’aggressione del genere possa accadere in pieno giorno, in un luogo pubblico, tra l’indifferenza di molti.

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La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

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La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

Nella notte tra l’1 e il 2 giugno, intorno alle 2:30, un gruppo di barcaioli dell’isola di Ponza è stato oggetto di minacce per un semplice gesto di solidarietà: aver esposto la bandiera della Palestina sulle loro imbarcazioni come simbolo di sostegno ad una popolazione in una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo aver infastidito il guardiano del porto, gli autori dell’intimidazione hanno strappato e rimosso con la forza la bandiera palestinese.

È un episodio che va oltre il fatto in sé, perchè tocca il nervo scoperto di un’Italia che troppo spesso confonde la solidarietà con la provocazione e che si mostra incapace di accettare gesti di umanità se non allineati con un certo sentire politico.

Esporre la bandiera della Palestina, in questo contesto, non equivale a prendere parte a un conflitto, perchè è un’affermazione di empatia per le vittime civili, per i bambini sotto le bombe, per le famiglie distrutte da decenni di violenza. Non significa negare il dolore degli israeliani, né tantomeno giustificare il terrorismo, ma riconoscere la sofferenza di un popolo dimenticato e condannato.

Ponza, isola aperta al mondo, costruita nei secoli sull’accoglienza e sul passaggio di genti diverse, non merita che certi gesti vengano accolti con violenza. Il gesto di quei barcaioli va rispettato, anche da chi non lo condivide, perché la democrazia è proprio questo: il diritto di manifestare un pensiero pacifico, anche scomodo, senza temere ritorsioni.

Chi ha strappato quella bandiera ha voluto togliere voce a una parte della coscienza collettiva, ma non potrà strappare il senso più profondo della solidarietà umana.

In un tempo in cui il silenzio complice è la norma, chi ha il coraggio di esporsi, anche solo con un simbolo, merita rispetto, non intimidazioni.

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