Attualità
Sciopero a Roma l’8 novembre, a rischio i mezzi Atac per 24 ore senza fasce di garanzia: gli orari

Sciopero nazionale dei trasporti domani, 8 novembre 2024. Venerdì nero, con a rischio bus, metro e tram. La protesta, a cui aderiscono Atac e Cotral, dura 24 ore e non prevede fasce di garanzia.
Autobus alla stazione Termini fuori servizio durante l’ultimo sciopero.
Una giornata nera per chi si muove a Roma con i mezzi pubblici quella di domani, venerdì 8 novembre 2024 a causa dello sciopero nazionale del trasporto pubblico locale di 24 ore e senza fasce di garanzia. A Roma a rischio tram, bus e metro di Cotral e Atac. Quest’ultima, nonostante l’assenza di fasce di garanzia, assicura comunque alcuni servizi che reputa essenziali durante lo sciopero nelle tradizionali fasce di legge, come si legge sul sito ufficiale di Roma Mobilità. Ad organizzare lo sciopero le sigle nazionali sindacali Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Faisa Cisal per chiedere il rinnovo dello sciopero: prevista per il giorno stesso una manifestazione nel piazzale di Porta Pia dalle 10 alle 13.30.
Sciopero a Roma venerdì 8 novembre senza fasce di garanzia, le motivazioni e la manifestazione
Come anticipato, lo sciopero è stato indetto dalle sigle sindacali nazionali Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Faisa Cisal “per chiedere il rinnovo del contratto nazionale dei lavoratori ferrotranvieri e maggiori sicurezze sul posto di lavoro”. Per questo motivo è stata chiamata anche una manifestazione nel piazzale di Porta Pia dalle 10.30 alle 13.30, per permettere la quale scattano i divieti di sosta dalle ore 7. In particolare non si potrà sostare:
- sul piazzale di Porta Pia,
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Attualità
Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma
Attualità
La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

Nella notte tra l’1 e il 2 giugno, intorno alle 2:30, un gruppo di barcaioli dell’isola di Ponza è stato oggetto di minacce per un semplice gesto di solidarietà: aver esposto la bandiera della Palestina sulle loro imbarcazioni come simbolo di sostegno ad una popolazione in una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo aver infastidito il guardiano del porto, gli autori dell’intimidazione hanno strappato e rimosso con la forza la bandiera palestinese.
È un episodio che va oltre il fatto in sé, perchè tocca il nervo scoperto di un’Italia che troppo spesso confonde la solidarietà con la provocazione e che si mostra incapace di accettare gesti di umanità se non allineati con un certo sentire politico.
Esporre la bandiera della Palestina, in questo contesto, non equivale a prendere parte a un conflitto, perchè è un’affermazione di empatia per le vittime civili, per i bambini sotto le bombe, per le famiglie distrutte da decenni di violenza. Non significa negare il dolore degli israeliani, né tantomeno giustificare il terrorismo, ma riconoscere la sofferenza di un popolo dimenticato e condannato.
Ponza, isola aperta al mondo, costruita nei secoli sull’accoglienza e sul passaggio di genti diverse, non merita che certi gesti vengano accolti con violenza. Il gesto di quei barcaioli va rispettato, anche da chi non lo condivide, perché la democrazia è proprio questo: il diritto di manifestare un pensiero pacifico, anche scomodo, senza temere ritorsioni.
Chi ha strappato quella bandiera ha voluto togliere voce a una parte della coscienza collettiva, ma non potrà strappare il senso più profondo della solidarietà umana.
In un tempo in cui il silenzio complice è la norma, chi ha il coraggio di esporsi, anche solo con un simbolo, merita rispetto, non intimidazioni.
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