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Cronaca

Roma, caos al pronto soccorso del San Camillo. «Ho portato da mangiare di nascosto a mia madre parcheggiata in corridoio»

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Roma, caos al pronto soccorso del San Camillo. «Ho portato da mangiare di nascosto a mia madre parcheggiata in corridoio»

Un pomeriggio affollato al Pronto Soccorso del San Camillo di Roma riporta in primo piano le difficoltà del sistema sanitario. Persone in attesa da ore, alcuni anche da giorni, si ritrovano nei corridoi, spesso anziani e su barelle, attendendo diagnosi e cure in un’atmosfera di emergenza considerata ormai normale.

Aspettative Infrante

Due sorelle, Donata e Giada, sono tra i molti che cercano risposte sulla salute della madre. Dopo una caduta in casa di riposo, la loro situazione si complica tra visite inconcludenti e una comunicazione frammentata. «Siamo qui da ieri», afferma Donata, esprimendo frustrazione per la mancanza di informazioni chiare. Anche Giada condivide la propria disperazione, raccontando di una madre su una barella senza assistenza adeguata.

Astanteria da Incubo

Al Santo Spirito, nei pressi di Castel Sant’Angelo, la scena è simile. Famiglie di turisti come Arnold, il cui figlia è in attesa di una visita per una caviglia slogata, esprimono incredulità verso un sistema che sembra non fornire risposte. Anche due donne spagnole e Massimo, un ingegnere romano, riscontrano problemi di comunicazione mentre sperano in aggiornamenti sui propri cari.

Anziani in Attesa

Le esperienze di Stefania e Antonella aggravano il racconto di un sistema già sotto pressione. La permanenza notturna del padre in pronto soccorso, tra attese indefinite e frammentarie comunicazioni, delinea un quadro allarmante. Simona, anch’essa in attesa di notizie sul padre, riassume il sentimento generale: «È intollerabile vedere le persone lasciate in questa angoscia».

La situazione mette in evidenza le criticità di un sistema che spesso lascia pazienti e familiari senza risposte certe, alimentando un crescente malcontento tra chi cerca aiuto e assistenza.

Cronaca

Femminicidio a Sula: Ritrovato il cellulare di Ilaria in casa di Mark Samson, che dichiara di averlo dato a sua madre.

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Femminicidio a Sula: Ritrovato il cellulare di Ilaria in casa di Mark Samson, che dichiara di averlo dato a sua madre.

SvoltaChocNelCaso: Il killer cambia versione sul telefono della vittima, e la verità è più inquietante di quanto si pensi!

La confessione inaspettata

In un colpo di scena che sta accendendo i riflettori sulle indagini, il killer ha rivelato ai pubblici ministeri di aver passato il telefono della giovane vittima a sua madre, Nors Manlapaz. Questa ammissione ha lasciato tutti a chiedersi cosa altro potrebbe emergere da questa intricata storia di inganni e misteri.

La storia che si sgretola

Prima di questa rivelazione, l’uomo aveva sostenuto di aver gettato il dispositivo in un tombino, una narrazione che ora è stata smascherata come falsa. Gli inquirenti sono in fibrillazione, e i dettagli di questo voltafaccia stanno alimentando speculazioni su possibili nuovi indizi nascosti.

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L’ex fidanzato e il segreto della valigia misteriosa

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L’ex fidanzato e il segreto della valigia misteriosa

MisteroUccisioneARoma Scopri i dettagli scioccanti sul cellulare ritrovato della studentessa uccisa, che potrebbe svelare segreti inimmaginabili! #Roma #Femminicidio #IndaginiSegrete

Il Ritrovamento Scioccante

È stato finalmente ritrovato il cellulare di Ilaria Sula, la giovane studentessa tragicamente uccisa con tre coltellate al collo dal suo ex fidanzato Mark Samson. L’apparecchio, ora sotto sequestro, è stato scoperto a casa di Samson, il reo confesso che ha abbandonato il corpo della vittima in un dirupo nella zona di Capranica Prenestina. Ma cosa potrebbe nascondere questo telefono? Gli inquirenti sono già al lavoro per analizzarlo, alimentando la curiosità su possibili messaggi o prove nascoste che potrebbero cambiare tutto.

Le Indagini in Corso

Intanto, le autorità stanno approfondendo gli esami disposti dalla Procura di Roma sul tablet e sul computer di Ilaria, oltre al cellulare di Samson. I pm, coordinati dal procuratore aggiunto Giuseppe Cascini, contestano a Samson l’omicidio volontario aggravato dalla relazione affettiva e l’occultamento di cadavere. È incredibile pensare a quante tracce digitali potrebbero emergere, rivelando lati oscuri di questa storia che tiene tutti con il fiato sospeso.

Il Racconto Drammatico della Madre

«Sembrava un demonio, ho avuto paura che mi facesse del male». Sono queste le parole agghiaccianti di Nors Man Lapaz, la madre di Mark Samson, durante un interrogatorio in Questura. La donna, ora indagata per concorso in occultamento di cadavere, ha descritto le ore successive al femminicidio avvenuto nell’appartamento di via Homs, nel quartiere Africano. Ha sentito i due discutere animatamente quella mattina, e quando ha bussato alla porta, ha trovato il figlio in uno stato terrificante. Tremava e farfugliava frasi confuse, come «se non lo facevo io, ammazzavano me», lasciando intendere un possibile scenario alternativo che gli inquirenti stanno verificando con attenzione. Ma è lei che potrebbe aver aiutato a ripulire la scena del crimine e a infilare il corpo in una valigia, un dettaglio che fa rabbrividire e solleva mille domande su cosa sia davvero accaduto.

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