Attualità
4 modi per sbarazzarsi dell’umidità nel soffitto del bagno le cause e i rimedi casalinghi per chi non ha tempo per gli esperti

ScopriCome questi rimedi naturali possono salvare il tuo bagno dall’umidità invasiva! Hai mai notato quei fastidiosi punti neri sul soffitto del tuo bagno e ti sei chiesto come farli sparire per sempre? L’umidità non è solo un fastidio estetico, ma può causare seri problemi di salute e danneggiare la tua casa, spesso dovuta a scarsa ventilazione o perdite nelle tubature. Immagina di risolvere tutto con ingredienti semplici che potresti già avere in cucina – sì, è possibile, e stiamo per rivelarti i trucchi!
Rimedi Naturali per Eliminare l’Umidità
Esiste un’ampia varietà di prodotti naturali e detergenti di uso quotidiano che possono eliminare facilmente questo problema. Quando li si applica, è consigliabile utilizzare protezioni come guanti e occhiali per evitare allergie. Queste sono le 4 soluzioni casalinghe consigliate per eliminare la muffa:
– Aceto: preferibilmente bianco o per la pulizia, ma diluito in acqua. Versarlo in uno spruzzino e applicarlo sul soffitto. Se persiste, ripetere l’operazione ma con l’aceto non diluito.
– Olio di melaleuca: è uno dei migliori disinfettanti naturali. Diluire con un po’ d’acqua e spruzzare sulla zona. Dopo alcuni minuti le macchie dovrebbero scomparire.
– Borax: è un sale naturale noto come borato di sodio. Mescolate la polvere in acqua calda e applicatela con uno spruzzino. Fate attenzione a non farla entrare in contatto con gli occhi e la pelle. Si trova in farmacia o nei negozi di prodotti agricoli.
– Acqua ossigenata: ha anche un effetto antibatterico, anche se molto inferiore rispetto alle altre soluzioni. Si consiglia di utilizzarla quando la macchia è piccola e non si è diffusa in tutto lo spazio. Lasciare agire per 15 minuti e rimuovere i residui con una spazzola. Ripetere nuovamente il processo.
L’alcol è un’altra alternativa efficace per le macchie piccole. Dopo aver applicato uno di questi prodotti, ricordate che è più efficace coprire il soffitto con una vernice antimuffa che ne impedisca la ricomparsa.
Consigli per Prevenire la Muffa
Ma perché limitarsi a curare il problema quando puoi prevenirlo? L’azienda Villeroy & Boch, esperta in prodotti per la casa, suggerisce questi trucchi semplici yet potenti per tenere lontana la muffa dal tuo bagno. Non sottovalutare l’impatto: una buona ventilazione potrebbe essere la chiave per una casa sana e asciutta.
– Ventilazione: la muffa trova le condizioni ideali per formarsi quando l’umidità è alta, indipendentemente dalla temperatura. Aprite le finestre ogni giorno, almeno per 10 minuti.
– Installate un ventilatore elettrico: alcuni bagni non hanno finestre, motivo per cui è necessario utilizzare questi dispositivi aggiuntivi che fanno circolare l’aria in questo spazio chiuso.
– Deumidificatori: raccolgono l’umidità in modo naturale e impediscono che si mantenga a lungo.
– Riscaldamento: l’ideale è raggiungere una temperatura ambiente all’interno del bagno compresa tra 21 e 23°. Ciò faciliterà l’asciugatura dell’umidità.
– Non lasciate indumenti bagnati ed evitate di appendere asciugamani in bagno. Anche questi capi possono ammuffire.
Non perdere tempo con soluzioni complicate – questi consigli potrebbero trasformare il tuo bagno in un’oasi asciutta! Che aspetti a provarli?
Attualità
Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

Tragedia alla Montagnola, nella periferia sud della Capitale: Mamun Miah, 27 anni, cittadino del Bangladesh e cuoco in un ristorante di piazza Venezia, è stato trovato senza vita al parco della Solidarietà, nei pressi del civico 393 di via Cristoforo Colombo. Il giovane è stato colpito al torace da una coltellata che non gli ha lasciato scampo, l’aggressore è fuggito ed è tuttora ricercato.
L’ipotesi investigativa principale resta quella della rapina finita male. Secondo alcuni amici della vittima, connazionali che spesso trascorrevano con lui le serate nel parco dopo il lavoro, Mamun avrebbe reagito a un tentativo di furto ed è stato accoltellato. I testimoni, pur trovandosi a una certa distanza al momento dell’attacco, raccontano di averlo visto discutere animatamente con un uomo nei pressi di un centro sportivo, non lontano dalla sua abitazione in via dell’Arcadia.
Ma il dettaglio che lascia perplessi è che nella tasca dei pantaloni del giovane è stato rinvenuto il portafoglio, completo di denaro e documenti. Un elemento che complica la lettura del movente: perché uccidere per rapinare, se poi l’aggressore fugge a mani vuote?
A destare ulteriori sospetti è l’identikit tracciato dagli amici di Mamun, che indicano come possibile responsabile un senzatetto della zona, noto per aggirarsi nei pressi del parco. Al momento, però, l’uomo non è stato rintracciato.
I carabinieri della compagnia Eur, insieme ai colleghi della stazione di San Sebastiano, stanno conducendo le indagini e sono già state acquisite le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nell’area per cercare di identificare chi fosse nei paraggi al momento del delitto. Sarà anche l’autopsia a fornire risposte decisive, chiarendo l’esatta dinamica dell’aggressione e se la vittima abbia tentato di difendersi.
Mamun Miah viveva da solo e lavorava duramente per mantenersi. I familiari, rimasti in Bangladesh, sono stati avvisati della tragedia. Nel frattempo, la comunità bengalese di Roma è sotto shock e chiede giustizia per un giovane la cui unica colpa sembra essere stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Un omicidio così brutale, in un contesto apparentemente tranquillo, riaccende i riflettori sulla sicurezza nelle aree periferiche della città: luoghi spesso dimenticati, dove la presenza delle forze dell’ordine non è costante e il degrado sociale favorisce l’emergere di situazioni pericolose. La morte di Mamun Miah non può restare solo una notizia di cronaca: deve spingere a riflettere su come tutelare davvero chi lavora onestamente e cerca solo una vita dignitosa.
Ultime Notizie Roma
Quando la fede diventa spettacolo: il caso del nuovo imam di Bologna

La figura dell’imam, tradizionalmente, ha un ruolo fondamentale: guida spirituale, punto di riferimento religioso e promotore di dialogo e di pace nella comunità. Ma cosa accade quando la predicazione si trasforma in spettacolo social, e le invocazioni in contenuti virali su TikTok?
È quanto sembra emergere dal caso del nuovo imam di Bologna, subentrato dopo che lo storico imam Zulfiqar Khan è rimasto bloccato in Pakistan per motivi di sicurezza nazionale. Il nuovo arrivato, giovane e popolare, ha portato con sé un linguaggio decisamente più acceso, una comunicazione più aggressiva e una presenza social sempre più invadente.
Le dichiarazioni dell’imam, come quando critica i musulmani che si scambiano gli auguri di Natale, definendo questo gesto inaccettabile perché “a Natale è nato il figlio di Dio, e dire che Allah abbia un figlio è un insulto”, oppure quando afferma che donne e uomini non dovrebbero parlarsi liberamente, non sono semplicemente controverse: sono l’espressione di una visione chiusa e rigida, profondamente in contrasto con i principi di libertà e convivenza che costituiscono le fondamenta della nostra società democratica
Non è questo l’Islam che conosciamo attraverso tante persone musulmane che vivono e lavorano pacificamente in Italia, che credono in una fede fatta di rispetto, carità, umiltà e fratellanza. Non è questo l’Islam che, anche nelle sue interpretazioni più conservatrici, invita al confronto con il mondo e non alla sua demonizzazione.
Ma è proprio qui il punto dolente: il confine tra religione e ideologia, tra fede e potere, tra guida spirituale e influencer radicale. La religione, qualunque essa sia, non può essere usata per intimidire, per imporre un modello di comportamento che nega libertà individuali, specialmente alle donne.
La preoccupazione sollevata da alcune voci politiche non può essere liquidata come semplice allarmismo: siamo di fronte a una forma di radicalizzazione che si traveste da predicazione, ma che nei fatti mina le basi della convivenza civile. Quando un imam, per di più giovane e popolare sui social, usa il pulpito per attaccare, giudicare e dividere, non sta diffondendo fede: sta alimentando una cultura del sospetto, della chiusura e del controllo.
La cosa più pericolosa è che tutto questo avviene sotto gli occhi di tutti, in video che raggiungono migliaia di visualizzazioni e parlano a un pubblico spesso giovane, in cerca di riferimenti e identità.
Continuare a ignorare questi segnali significa lasciare spazio all’estremismo, legittimarlo con il silenzio e permettere che cresca anche dove si dovrebbe invece coltivare il dialogo.
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