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Cronaca

ROMA Furbetti del cartellino all’Asl Montesacro: 22 indagati

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ROMA Furbetti del cartellino all’Asl Montesacro: 22 indagati

ROMA Furbetti del cartellino all’Asl Montesacro: 22 indagati.

ROMA Furbetti del cartellino all’Asl Montesacro. Si recavano al lavoro, ma effettuavano continue pause relax. Per questo si profila il processo per 22 persone, tutte in servizio al poliambulatorio Asl Roma A di Montesacro. Medici, infermieri e impiegati che ogni giorno, con la stessa velocità con cui si prodigavano per i pazienti, si lanciavano in ripetute fughe dal posto di lavoro, che erano valsi loro il nomignolo di assenteisti dello snack. Ognuno in media ‘spariva’ dallo sportello o dagli ambulatori per quaranta minuti. Episodi che si verificavano continuamente, in gruppo o alla spicciolata. Per questo ora per i ventidue indagati è stato richiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di truffa e falso ai danni dello Stato.

In prima fila ci sono le posizioni di otto medici, di cui cinque dirigenti. Secondo i pm Stefano Rocco Fava, che ha fatto monitorare la sede nel novembre 2015, e Claudia Terracina, che ha proseguito le indagini, erano proprio loro i furbetti più incalliti: alcuni si facevano timbrare il badge al mattino da un collega e all’uscita da un altro, senza mai essere presenti nel poliambulatorio di via Lampedusa. Assenteisti in piena regola insomma.

Un radiologo, A.S., invece, nonostante le liste di attesa, in un mese avrebbe saltato 5 giorni d’ufficio, disponendo negli altri di entrate e uscite a piacimento. Stesso discorso anche per un collega, F.M., che si sarebbe allontanato «tredici giorni su tredici per archi temporali dai 20 minuti alle 3 ore e 20».

Il meccanismo si basava su favori reciproci. L.F., ad esempio, il 4 novembre 2015, è risultata presente al lavoro dalle 8 del mattino alle 19,34: in realtà, l’accusa ne avrebbe ricostruito un’assenza per 6 ore e 13 minuti (con fuga alle 13,26 senza fare rientro), cui al mattino si sarebbe unito un passaggio del badge per tre colleghi, entrati così falsamente alle ore 8.05, 8.31 e alle 13.14. Ma cosa facevano durante queste assenze? Colazioni, aperitivi, ma non solo. Secondo una delle prime informative, gli indagati «agendo in concorso tra loro e talvolta individualmente, con condotta fraudolenta, timbravano o si facevano timbrare il badge per poi allontanarsi dalla sede lavorativa e dedicarsi al disbrigo di faccende private».

Ad esempio, fare la spesa, riprendere o accompagnare i figli a scuola, pranzare a casa, recarsi in palestra. I furbetti del cartellino sono stati però inchiodati dalle telecamere poste all’ingresso del poliambulatorio, che per trenta giorni ne hanno monitorato l’andirivieni. «Un caffè al bar non è sinonimo di assenteismo», ha detto l’avvocato Mario Murano, difensore di un tecnico, «Al mio assistito si contesta qualche minuto di assenza». In alcuni casi i carabinieri, in effetti, hanno dovuto attivare i cronometri per attestare le assenze lampo.

Un infermiere solo il 5 novembre ha collezionato 12 sparizioni dall’ambulatorio, risparmiando in tutto due ore e 15 minuti di lavoro. Qualche collega in un solo colpo è invece risultato fuori sede anche per quasi sette ore. Al lavoro insomma, ma senza strafare. Per altri otto dipendenti è stata invece chiesta l’archiviazione: avrebbero effettuato solo brevi pause, non fughe.

INTANTO STANGATA PER GLI ULTRA’ BLUCERCHIATI DOPO SAMP-ROMA

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Blitz della Guardia di Finanza. Sequestrati 50 kg di Cocaina

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Blitz della Guardia di Finanza. Sequestrati 50 kg di Cocaina

Finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno sequestrato, presso il porto di Civitavecchia, un carico di
cocaina occultato all’interno di un container refrigerato in arrivo dall’Ecuador.

Nel corso dei normali controlli svolti nell’area portuale, le “fiamme gialle” del Gruppo di Civitavecchia hanno notato un gruppo di persone a piedi che si aggiravano nei pressi della banchina. Dopo l’intimazione dell’alt, il gruppo si è dato alla fuga e, poco distante, i militari hanno rinvenuto tre borsoni contenenti 45 panetti di cocaina, per un peso complessivo di circa 50 chilogrammi. Secondo le stime, il carico avrebbe potuto fruttare sulle piazze di spaccio ricavi per circa 5 milioni di euro.

Il procedimento penale è attualmente in fase di indagini preliminari e, in attesa di giudizio definitivo, si applica la presunzione di non colpevolezza. L’operazione si inserisce nel più ampio quadro delle attività di contrasto alla criminalità organizzata e al narcotraffico internazionale condotte dalla Guardia di Finanza all’interno degli spazi portuali, quale presidio permanente a tutela della sicurezza economica e della salute pubblica.

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Bomba sotto casa del boss Demce: è guerra aperta nella Roma criminale!

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Bomba sotto casa del boss Demce: è guerra aperta nella Roma criminale!

Un ordigno artigianale è stato piazzato lo scorso 15 luglio sotto casa di Elvis Demce, boss albanese legato alla criminalità romana. L’intervento degli artificieri ha evitato l’esplosione, ma il messaggio è chiaro: un avvertimento pesante diretto a uno dei personaggi più discussi del sottobosco criminale capitolino.

Il giorno prima dell’attentato, un’inchiesta dei carabinieri aveva portato all’arresto di 14 persone, ricostruendo anche il ruolo di Demce in un sequestro organizzato tramite un gruppo di sudamericani. Gli stessi che, poco dopo, sarebbero stati coinvolti nella gambizzazione di Giancarlo Tei, ex alleato di Demce oggi latitante.

Le ipotesi investigative parlano di una possibile faida interna tra i reduci della “batteria di Ponte Milvio”, legata al defunto Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik. Tanti anche i nemici esterni: da Giuseppe Molisso del clan Senese a Ermal Arapaj.

Demce, condannato in via definitiva a 15 anni, è detenuto ad Ascoli, dove è in cura per problemi psichiatrici certificati da 17 perizie. Ora la Direzione Distrettuale Antimafia vuole capire: è un nuovo capitolo della guerra criminale o qualcuno teme che il boss voglia collaborare?

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