Attualità
Amadeus su Sanremo 2024: “Senza Fiorello non avrei potuto fare il Festival”

Amadeus, durante la sua recente apparizione su Domenica In, ha discusso con Mara Venier del prossimo Festival di Sanremo, che avrà inizio martedì 6 febbraio. Il noto conduttore e direttore artistico si sta preparando per il suo quinto Festival di Sanremo e ha condiviso i suoi pensieri su ciò che è accaduto nelle edizioni precedenti, toccando argomenti come i vincitori, i cambiamenti, Fiorello e l’implicazione del Covid.
Riflettendo sul Covid, Amadeus ha ricordato la vittoria dei Maneskin nell’edizione 2021, quando si esibirono con “Zitti e buoni” su un palco Ariston vuoto. “Rivedere le immagini della pandemia fa un certo effetto”, ha ammesso, ringraziando tutti coloro che hanno partecipato a quell’edizione “e i cantanti, ovviamente”.
Riguardo al suo personale successo, Amadeus ha commentato: “Non mi aspettavo questo successo, ho affrontato il primo festival con spensieratezza e consapevolezza che non avrebbe seguito un secondo. Poi sono arrivati altri tre, ho riscoperto la mia passione per la musica grazie all’amore per il Festival e l’ho portato ai giovani”.
Dopo, il conduttore ha parlato del supporto ricevuto dalla moglie Giovanna e del figlio José. La moglie non solo condivide con lui i suoi pensieri, ma gli fornisce anche una prospettiva preziosa. Il figlio, invece, gli presenta nuovi artisti, molti dei quali hanno poi partecipato al Festival.
Inoltre, Fiorello si è rivelato un amico importante per Amadeus nel corso degli anni. I due si conoscono da lungo tempo e hanno collaborato in numerose occasioni.
Infine, guardando al futuro, Amadeus ha condiviso con Mara Venier i suoi sogni: “Ho realizzato quello che desideravo, ma non pensavo di farcela. Non sono uno che tende a rilassarsi, ho sempre bisogno di nuove idee e di fare cose che mi divertono e che spero piacciano al pubblico”.
Infine, anticipa la prima conferenza stampa del Festival di Sanremo 2024, che sarà trasmessa in diretta. Non ha specificato dove o a che ora, ma si può presumere che sarà trasmessa sui canali ufficiali dell’evento.
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Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?
Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.
Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.
Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.
Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?
Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.
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