Attualità
8 marzo, Primavalle ricorda Michelle Causo. Genitori: “Ergastolo di dolore”

A Primavalle, è stato organizzato un momento di ricordo per Michelle Causo, uccisa nel giugno dell’anno precedente, in occasione dell’8 marzo. L’evento si è tenuto in via Stefano Borgia, dove il corpo della giovane è stato trovato avvolto in sacchi neri all’interno di un carrello della spesa. Gli amici e la famiglia hanno voluto ricordare Michelle come una ragazza di borgata vittima della violenza presente nella società.
Il processo per l’omicidio di Michelle Causo è in corso, con il 17enne accusato di omicidio aggravato dalla premeditazione, l’occultamento e il vilipendio del cadavere. La prossima udienza è prevista per il 29 maggio al Tribunale dei minori, durante la quale il killer dovrebbe deporre in aula e potrebbe arrivare l’esito della perizia psichiatrica richiesta dalla difesa. La sentenza è attesa per il 5 giugno. Il padre di Michelle si è opposto alla decisione di disporre una perizia psichiatrica, sostenendo che la premeditazione del crimine dimostra la mancanza di infermità mentale da parte del colpevole. Se si cercherà di far passare il ragazzo per pazzo per ridurre la pena, il padre si opporrà con tutte le sue forze.
Attualità
Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma
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La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

Nella notte tra l’1 e il 2 giugno, intorno alle 2:30, un gruppo di barcaioli dell’isola di Ponza è stato oggetto di minacce per un semplice gesto di solidarietà: aver esposto la bandiera della Palestina sulle loro imbarcazioni come simbolo di sostegno ad una popolazione in una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo aver infastidito il guardiano del porto, gli autori dell’intimidazione hanno strappato e rimosso con la forza la bandiera palestinese.
È un episodio che va oltre il fatto in sé, perchè tocca il nervo scoperto di un’Italia che troppo spesso confonde la solidarietà con la provocazione e che si mostra incapace di accettare gesti di umanità se non allineati con un certo sentire politico.
Esporre la bandiera della Palestina, in questo contesto, non equivale a prendere parte a un conflitto, perchè è un’affermazione di empatia per le vittime civili, per i bambini sotto le bombe, per le famiglie distrutte da decenni di violenza. Non significa negare il dolore degli israeliani, né tantomeno giustificare il terrorismo, ma riconoscere la sofferenza di un popolo dimenticato e condannato.
Ponza, isola aperta al mondo, costruita nei secoli sull’accoglienza e sul passaggio di genti diverse, non merita che certi gesti vengano accolti con violenza. Il gesto di quei barcaioli va rispettato, anche da chi non lo condivide, perché la democrazia è proprio questo: il diritto di manifestare un pensiero pacifico, anche scomodo, senza temere ritorsioni.
Chi ha strappato quella bandiera ha voluto togliere voce a una parte della coscienza collettiva, ma non potrà strappare il senso più profondo della solidarietà umana.
In un tempo in cui il silenzio complice è la norma, chi ha il coraggio di esporsi, anche solo con un simbolo, merita rispetto, non intimidazioni.
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