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Lavorare nei Musei Vaticani: mancano tutele e dignità

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Lavorare nei Musei Vaticani: mancano tutele e dignità

Dipendenti in protesta nella Santa Sede

“Nei Musei Vaticani lavoriamo senza tutele e senza dignità”. Così è partita un’istanza al governatorato.

La Class Action dei Dipendenti

Sono 49 i dipendenti dei Musei Vaticani coinvolti in una class action per chiedere maggiore dignità e il cambiamento di alcune “regole di lavoro” all’interno dello Stato Vaticano. A sostenerli legalmente l’avvocata Laura Sgrò, già nota legale della famiglia di Emanuela Orlandi.

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“Eminenza Reverendissima, le condizioni di lavoro ledono la dignità e la salute di ciascun lavoratore. È evidente la mala gestione, che sarebbe ancora più grave se fosse frutto della sola logica di ottenere maggiori guadagni”, si legge nell’istanza presentata dai 49 dipendenti, di cui 47 custodi, un restauratore e un addetto al bookshop su 700 dipendenti totali. L’istanza rappresenta un primo passo prima di un tentativo di conciliazione obbligatorio.

Le condizioni di lavoro dei dipendenti

L’accusa, da parte dei e delle dipendenti, è di lavorare senza dignità né tutele. In caso di malattia, secondo quanto dichiarato, i dipendenti della Santa Sede dovrebbero restare in casa tutto il giorno: c’è chi parla di un “vero e proprio obbligo di dimora”, di “violazione della dignità personale”. Sembra che la visita, infatti, possa arrivare in qualsiasi momento: alcuni dipendenti sarebbero stati sanzionati perché, anziché in casa, si trovavano dal medico.

Protesta degli addetti alle pulizie di Palazzo Chigi

Non ci pagano gli straordinari. Nessuna norma di diritto del lavoro: le ore di straordinario verrebbero pagate meno di quelle ordinarie secondo il Rescritto «Ex Audentia SS.mi» del 28 agosto 2015. E secondo quanto lamentato dai dipendenti, non ci sarebbero criteri per l’assegnazione dei livelli e delle classi di merito di anzianità. C’è chi parla, come riporta il Corriere della Sera, di un “perenne stato di caos”. E c’è chi aggiunge che, chi si occupa dei familiari infermi, sia stato penalizzato.

La mancanza di ammortizzatori sociali e l’epoca Covid

Nessuna cassa integrazione, nessun sostegno in caso di crisi o di disoccupazione: sembra che neppure durante il Covid il Vaticano sia riuscito ad istituire delle soluzioni a riguardo. Sembra, invece, che la situazione sia peggiorata drasticamente: durante la pandemia sembra che sia stato istituito un monte ore negativo che sarebbe aumentato in base alle assenze. Per ripagarlo il Vaticano avrebbe trattenuto una somma dalla busta paga fino all’esaurimento del “debito”.

Secondo i dipendenti in protesta, non verrebbe riconosciuta loro l’indennità di rischio sanitario, biologico e fisico, nonostante ogni giorno i Musei Vaticano ospitini fra le 25mila e le 30mila persone (anche se il massimo concesso sarebbe di 24mila persone).

L’istanza contro il Governarato

L’istanza presentata dall’avvocata Sgrò è soltanto l’ultima delle azioni dei 49 dipendenti che, fino ad ora, in forma individuale, avrebbero provato a far sentire la propria voce, ma avrebbero “trovato sempre un muro” da parte del Vaticano.

L’atto è stato notificato la scorsa settimana al cardinale Fernando Vèrgez Alzaga, presidente del Governatorato, che esercita il potere esecutivo nella città del Vaticano e da cui dipendono anche i lavoratori dei Musei. Un passo fondamentale, quanto inedito, che non potrà non avere dei risvolti formali nella Santa Sede.

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Esplosione a Roma, installati sensori per rilevare residui di gas

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Esplosione a Roma, installati sensori per rilevare residui di gas

Resta alta l’attenzione a Roma dopo la violenta esplosione avvenuta ieri mattina intorno alle 8 in via dei Gordiani, zona Prenestino. Un distributore di GPL è saltato in aria causando oltre 40 feriti, tra cui due in condizioni gravi, ora ricoverati all’ospedale Sant’Eugenio. Sul posto sono intervenuti immediatamente i vigili del fuoco, le forze dell’ordine e i soccorritori, alcuni dei quali sono rimasti coinvolti nella deflagrazione.

L’Arpa e il Noe hanno installato dispositivi per monitorare la qualità dell’aria, temendo la presenza di gas residui. La Protezione Civile ha consigliato ai residenti di non uscire, tenere chiuse le finestre e spegnere i condizionatori. La Procura ha aperto un’indagine per disastro colposo: le prime ipotesi parlano di un guasto ad un impianto GPL.

Il tempestivo intervento dei gestori di un centro estivo vicino ha evitato una possibile tragedia: i bambini presenti sono stati evacuati poco prima dell’esplosione. La zona resta isolata, con ingenti danni anche a strutture vicine, come la polisportiva Villa De Sanctis. Le autorità stanno proseguendo le indagini e i controlli ambientali.

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Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

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Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

Tragedia alla Montagnola, nella periferia sud della Capitale: Mamun Miah, 27 anni, cittadino del Bangladesh e cuoco in un ristorante di piazza Venezia, è stato trovato senza vita al parco della Solidarietà, nei pressi del civico 393 di via Cristoforo Colombo. Il giovane è stato colpito al torace da una coltellata che non gli ha lasciato scampo, l’aggressore è fuggito ed è tuttora ricercato.

L’ipotesi investigativa principale resta quella della rapina finita male. Secondo alcuni amici della vittima, connazionali che spesso trascorrevano con lui le serate nel parco dopo il lavoro, Mamun avrebbe reagito a un tentativo di furto ed è stato accoltellato. I testimoni, pur trovandosi a una certa distanza al momento dell’attacco, raccontano di averlo visto discutere animatamente con un uomo nei pressi di un centro sportivo, non lontano dalla sua abitazione in via dell’Arcadia.

Ma il dettaglio che lascia perplessi è che nella tasca dei pantaloni del giovane è stato rinvenuto il portafoglio, completo di denaro e documenti. Un elemento che complica la lettura del movente: perché uccidere per rapinare, se poi l’aggressore fugge a mani vuote?

A destare ulteriori sospetti è l’identikit tracciato dagli amici di Mamun, che indicano come possibile responsabile un senzatetto della zona, noto per aggirarsi nei pressi del parco. Al momento, però, l’uomo non è stato rintracciato.

I carabinieri della compagnia Eur, insieme ai colleghi della stazione di San Sebastiano, stanno conducendo le indagini e sono già state acquisite le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nell’area per cercare di identificare chi fosse nei paraggi al momento del delitto. Sarà anche l’autopsia a fornire risposte decisive, chiarendo l’esatta dinamica dell’aggressione e se la vittima abbia tentato di difendersi.

Mamun Miah viveva da solo e lavorava duramente per mantenersi. I familiari, rimasti in Bangladesh, sono stati avvisati della tragedia. Nel frattempo, la comunità bengalese di Roma è sotto shock e chiede giustizia per un giovane la cui unica colpa sembra essere stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Un omicidio così brutale, in un contesto apparentemente tranquillo, riaccende i riflettori sulla sicurezza nelle aree periferiche della città: luoghi spesso dimenticati, dove la presenza delle forze dell’ordine non è costante e il degrado sociale favorisce l’emergere di situazioni pericolose. La morte di Mamun Miah non può restare solo una notizia di cronaca: deve spingere a riflettere su come tutelare davvero chi lavora onestamente e cerca solo una vita dignitosa.

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