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Prende a calci e pugni una suora in chiesa, arrestato 27enne: la religiosa salvata dai passanti

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Prende a calci e pugni una suora in chiesa, arrestato 27enne: la religiosa salvata dai passanti

Il 27enne è stato arrestato dagli agenti della Sezione Volanti, allertati dai passanti che hanno sentito le grida della suora provenire dalla chiesa.

Un uomo di ventisette anni è stato arrestato dopo aver aggredito una suora in una chiesa a Roma, in largo Torre Argentina. La religiosa è stata presa a calci e pugni dal 27enne, dopo che lei lo aveva invitato a uscire dalla chiesa, dove era entrato con fare guardingo. Quando lei gli ha chiesto di allontanarsi, lui le si è scagliato contro, gettandola a terra e picchiandola.

Sono state le urla della donna ad attirare l’attenzione dei passanti, che hanno lanciato l’allarme e chiamato il 112, segnalando l’aggressione. La suora non ha riportato fortunatamente ferite gravi, mentre il 27enne, fermato poi dagli agenti della Sezione Volanti, è stato arrestato e portato uffici del 1 Distretto Trevi Campo Marzio per gli accertamenti di rito. Dopo essere stato recluso nelle celle di sicurezza della Questura, è stato processato con rito direttissimo, con il giudice che ha convalidato l’arresto.

Cosa il 27enne, un ragazzo di origini nigeriane, avesse intenzione di fare nella chiesa, non è chiaro. La suora lo ha visto entrare con il cappuccio in testa e aggirarsi con fare sospetto tra i banchi. Quando lei gli ha chiesto di uscire e andarsene, lui l’ha presa a calci e pugni senza dire nemmeno una parola. Terrorizzata, lei è caduta a terra, cominciando a urlare. Sono stati i passanti, dopo averla sentita, a correre in suo soccorso.

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Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma

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Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma

Mentre le strade di Roma risuonavano ancora di musica, canti e slogan del Pride, un episodio vergognoso ha ricordato a tutti quanto sia ancora lunga la strada verso una reale inclusione: sabato 14 giugno, intorno alle 19:40, subito dopo la fine del Roma Pride, che ha visto la partecipazione di oltre 200.000 persone, una donna trans è stata aggredita nei pressi della stazione Laurentina della linea B della metropolitana.

Secondo quanto denunciato da Gay Help Line, la vittima è stata bersagliata da insulti transfobici e poi inseguita da un uomo. Le frasi urlate “Frocio!”, “Si vede che sei un uomo!” sono lo specchio di un odio che continua a diffondersi nella nostra società, anche quando i riflettori delle grandi manifestazioni si spengono. Fortunatamente, alcuni passanti sono intervenuti, permettendo alla donna di mettersi in salvo su un autobus.

Il servizio di supporto Gay Help Line, che ha ricevuto la segnalazione attraverso il numero verde 800 713 713, lancia ora un appello a chiunque fosse presente in quel momento alla fermata: servono testimonianze, immagini, qualunque elemento possa aiutare a identificare l’aggressore.

In una città che poche ore prima celebrava l’amore, la libertà e la diversità, è inaccettabile che un’aggressione del genere possa accadere in pieno giorno, in un luogo pubblico, tra l’indifferenza di molti.

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La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

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La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

Nella notte tra l’1 e il 2 giugno, intorno alle 2:30, un gruppo di barcaioli dell’isola di Ponza è stato oggetto di minacce per un semplice gesto di solidarietà: aver esposto la bandiera della Palestina sulle loro imbarcazioni come simbolo di sostegno ad una popolazione in una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo aver infastidito il guardiano del porto, gli autori dell’intimidazione hanno strappato e rimosso con la forza la bandiera palestinese.

È un episodio che va oltre il fatto in sé, perchè tocca il nervo scoperto di un’Italia che troppo spesso confonde la solidarietà con la provocazione e che si mostra incapace di accettare gesti di umanità se non allineati con un certo sentire politico.

Esporre la bandiera della Palestina, in questo contesto, non equivale a prendere parte a un conflitto, perchè è un’affermazione di empatia per le vittime civili, per i bambini sotto le bombe, per le famiglie distrutte da decenni di violenza. Non significa negare il dolore degli israeliani, né tantomeno giustificare il terrorismo, ma riconoscere la sofferenza di un popolo dimenticato e condannato.

Ponza, isola aperta al mondo, costruita nei secoli sull’accoglienza e sul passaggio di genti diverse, non merita che certi gesti vengano accolti con violenza. Il gesto di quei barcaioli va rispettato, anche da chi non lo condivide, perché la democrazia è proprio questo: il diritto di manifestare un pensiero pacifico, anche scomodo, senza temere ritorsioni.

Chi ha strappato quella bandiera ha voluto togliere voce a una parte della coscienza collettiva, ma non potrà strappare il senso più profondo della solidarietà umana.

In un tempo in cui il silenzio complice è la norma, chi ha il coraggio di esporsi, anche solo con un simbolo, merita rispetto, non intimidazioni.

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