Attualità
All’ospedale di Civitavecchia aggrediti un medico e un’infermiera: sono stati presi a pugni

La denuncia dell’Ordine dei Medici: “Questi episodi, ormai quotidiani, non sono soltanto atti sconsiderati ma rappresentano un vulnus e minano il sistema sanitario e la società civile”.
Un medico e un’infermiera sono stati aggrediti nella sala triage del pronto soccorso dell’ospedale San Paolo di Civitavecchia. Stando a quanto si apprende, l’episodio si è verificato nella notte tra giovedì e venerdì scorsi. Il medico di guardia sarebbe stato preso a pugni sul volto da un uomo con diversi precedenti alle spalle. Secondo quanto ricostruito, l’aggressore avrebbe preteso di entrare all’interno del reparto di urgenza, dove erano in corso accertamenti su una ragazza che poco prima era arrivata in ospedale con lesioni sospette, forse causate da maltrattamenti. Per il medico la prognosi è di sei giorni.
A rendere nota l’ennesima aggressione è l’Ordine provinciale di Roma dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri (Omceo), che ha ribadito “la condanna di ogni forma di violenza, fisica o verbale, nei confronti degli operatori sanitari ed esprime piena solidarietà al medico e all’infermiera aggrediti”.
Antonio Magi, presidente dell’Ordine di Roma, ha dichiarato in una nota: “Questi episodi, ormai quotidiani, non sono soltanto atti sconsiderati ma rappresentano un vulnus e minano il sistema sanitario e la società civile. Episodi che impediscono a chi opera per la salute collettiva di avere la serenità necessaria per svolgere il fondamentale e delicato lavoro cui sono preposti, costringendo molti ad andare all’estero o…
Attualità
Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?
Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.
Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.
Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.
Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?
Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.
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