Attualità
Studenti antifascisti occupano stabile abbandonato a Villa Pamphili: sgomberati dalla polizia

Decine di studenti hanno occupato questa sera la Casetta Bel Respiro a Villa Pamphili, da anni abbandonata e lasciata all’incuria. L’obiettivo, “riqualificare uno spazio lasciato all’incuria”.
Decine di ragazzi appartenenti all’Assemblea antifascista di Monteverde hanno occupato la Casetta bel Respiro, una struttura abbandonata da tempo all’interno di Villa Pamphili. L’occupazione è avvenuta a seguito di un’assemblea che si è svolta nel pomeriggio all’interno della villa, e che ha visto coinvolti molti giovani del quartiere e non per discutere del ddl 1660, che va a inasprire in modo pesante le pene per chi partecipa a manifestazioni di protesta. Al termine della riunione, i ragazzi si sono mossi in corteo verso la Casetta bel Respiro, entrando e occupandola.
“Mentre l’attenzione delle istituzioni comunali e municipali sono concentrate su tutt’altro, e a noi non restano che gli scarti, è proprio di questi scarti che ci occuperemo: il nostro obiettivo è quello di riqualificare luoghi dimenticati dalle istituzioni”, dichiarano i ragazzi in una nota. “Le ragioni di questa protesta, oltre a evidenziare la presenza di spazi abbandonati, sono anche quelli di dimostrare la capacità e la voglia da parte dellx giovani di prendersi cura degli spazi che possano essere fuori dalle logiche di mercato e di lucro, inclusivi e aperti a tuttx”.
Sul posto, sono arrivate dopo pochissimo diverse camionette della Polizia di Stato per sgomberare l’occupazione. “Venite tutti qui davanti, in modo da tutelare chi è dentro…
Attualità
Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma
Attualità
La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

Nella notte tra l’1 e il 2 giugno, intorno alle 2:30, un gruppo di barcaioli dell’isola di Ponza è stato oggetto di minacce per un semplice gesto di solidarietà: aver esposto la bandiera della Palestina sulle loro imbarcazioni come simbolo di sostegno ad una popolazione in una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo aver infastidito il guardiano del porto, gli autori dell’intimidazione hanno strappato e rimosso con la forza la bandiera palestinese.
È un episodio che va oltre il fatto in sé, perchè tocca il nervo scoperto di un’Italia che troppo spesso confonde la solidarietà con la provocazione e che si mostra incapace di accettare gesti di umanità se non allineati con un certo sentire politico.
Esporre la bandiera della Palestina, in questo contesto, non equivale a prendere parte a un conflitto, perchè è un’affermazione di empatia per le vittime civili, per i bambini sotto le bombe, per le famiglie distrutte da decenni di violenza. Non significa negare il dolore degli israeliani, né tantomeno giustificare il terrorismo, ma riconoscere la sofferenza di un popolo dimenticato e condannato.
Ponza, isola aperta al mondo, costruita nei secoli sull’accoglienza e sul passaggio di genti diverse, non merita che certi gesti vengano accolti con violenza. Il gesto di quei barcaioli va rispettato, anche da chi non lo condivide, perché la democrazia è proprio questo: il diritto di manifestare un pensiero pacifico, anche scomodo, senza temere ritorsioni.
Chi ha strappato quella bandiera ha voluto togliere voce a una parte della coscienza collettiva, ma non potrà strappare il senso più profondo della solidarietà umana.
In un tempo in cui il silenzio complice è la norma, chi ha il coraggio di esporsi, anche solo con un simbolo, merita rispetto, non intimidazioni.
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