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Castelverde forzano posto di blocco. Parte l’inseguimento

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Castelverde forzano posto di blocco. Parte l’inseguimento

A pochi chilometri da Roma a Castelverde forzano posto di blocco. I carabinieri però si lanciano nell’inseguimento e li fermano.

A Castelverde forzano posto di blocco perché in sella a scooter rubato. I Carabinieri però si lanciano nell’inseguimento e li acciuffano. 

Tutto è avvenuto nella zona della via Polense dove due uomini hanno forzato un posto di blocco attuato dai militari dell’Aliquota Radiomobile di Frascati impegnati in alcuni controlli alla circolazione stradale.

Il lungo inseguimento è terminato dopo circa 9 chilometri, esattamente in via Massa San Giuliano a Castelverde. Il guidatore 34enne ha fatto scendere il passeggero e, dopo aver fatto un’inversione a “U”, ha cercato di eludere nuovamente gli agenti.

Una volta bloccati, i militari hanno scoperto che lo scooter risultava rubato nel 2014 e la targa corrispondeva ad un altro modello di scooter, denunciata rubata lo scorso anno. I due uomini di 34 e 44 anni, entrambi di Tivoli, conosciuti alle Forze dell’Ordine sono stati denunciati per resistenza a Pubblico Ufficiale, ricettazione e danneggiamento in concorso. Dopo l’arresto, i due sono stati portati in caserma e trattenuti in attesa del rito direttissimo.

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Cancro polmone, il ruolo dei linfociti B nella risposta positiva alle cure: lo studio

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Cancro polmone, il ruolo dei linfociti B nella risposta positiva alle cure: lo studio

Un gruppo di ricercatori dell’Istituto nazionale tumori Regina Elena (Ire) di Roma ha individuato un possibile meccanismo che spiega perché, in alcuni casi, il tumore del polmone risponde completamente alla chemio-immunoterapia prima dell’intervento chirurgico. Al centro di questa scoperta ci sono i linfociti B, cellule del sistema immunitario che, quando ben organizzate all’interno del tumore, possono attivare una potente risposta difensiva. I risultati dello studio, realizzato con il supporto di Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, sono stati pubblicati sul ‘Journal for ImmunoTherapy of Cancer’.

Il lavoro – spiega una nota degli Istituti fisioterapici ospitalieri (Ifo) – nasce dalla collaborazione tra l’Unità di Immunologia e immunoterapia dei tumori, la Chirurgia toracica e l’Oncologia medica 2, e descrive il caso clinico di una paziente con tumore del polmone non a piccole cellule (Nsclc) e metastasi cerebrale sincrona. La paziente ha ottenuto una risposta completa e una lunga sopravvivenza libera da malattia dopo un trattamento neoadiuvante combinato, seguito da chirurgia e mantenimento immunoterapico. Lo studio identifica nei linfociti B e in specifiche strutture immunitarie presenti nel tumore dopo il trattamento un possibile indicatore chiave della risposta positiva alle terapie. Una scoperta che apre nuove strade per cure sempre più mirate nel campo dell’oncologia di precisione.

In Italia il tumore al polmone è la seconda neoplasia più frequente negli uomini e la terza nelle donne. Ogni anno si registrano oltre 40mila nuove diagnosi. Dal punto di vista clinico, si distinguono due tipi principali di tumore del polmone: il tumore polmonare a piccole cellule rappresenta il 10-15% dei casi; quello non a piccole cellule costituisce circa l’85% delle diagnosi. Lo studio dell’Ire si concentra proprio su quest’ultima forma e in particolare sulla terapia neoadiuvante, una strategia che prevede la somministrazione di trattamenti sistemici, come chemio e immunoterapia, prima dell’intervento chirurgico. L’obiettivo è ridurre la massa tumorale, eliminare le micrometastasi e stimolare una risposta immunitaria duratura. Nel tumore del polmone non a piccole cellule in fase iniziale, ma localmente avanzato, la terapia neoadiuvante con immunoterapia ha recentemente mostrato risultati promettenti, ma i meccanismi alla base della risposta efficace non erano ancora del tutto chiari.

L’uso di tecnologie di nuova generazione sta rivoluzionando la ricerca sul cancro, evidenzia l’Ire. Tecniche come la trascrittomica spaziale e l’analisi a singola cellula consentono di osservare come le cellule tumorali e le cellule immunitarie si distribuiscono all’interno del tumore e di comprendere come interagiscono dopo la terapia neoadiuvante.

“Dopo il trattamento neoadiuvante – riferisce Paola Nisticò, responsabile dell’Unità Immunologia e immunoterapia dei tumori del Regina Elena – abbiamo analizzato il tessuto tumorale con strumenti di altissima precisione ed è stata osservata una forte presenza di linfociti B e di strutture linfoidi terziarie nel tessuto polmonare residuo. Tali strutture possiamo descriverle come vere e proprie fabbriche di risposta immunitaria all’interno del tumore, e sembra abbiano un ruolo centrale nel generare una risposta efficace e duratura, suggerendo un potenziale nuovo biomarcatore predittivo di efficacia terapeutica”. Lo studio, precisa Nicla Porciello, ricercatrice Ire, ” dimostra, per la prima volta, come l’organizzazione locale dei linfociti B nel tumore possa contribuire alla produzione di anticorpi e alla memoria immunologica, aprendo nuove prospettive nell’ambito dell’oncologia di precisione”.

“All’Istituto Regina Elena – conclude Giovanni Blandino, direttore scientifico f.f. – il lavoro di un team multidisciplinare integrato e l’accesso a tecnologie diagnostiche avanzate rappresentano elementi fondamentali per affrontare il tumore del polmone con approcci sempre più efficaci. La stretta collaborazione tra immunologi, oncologi, chirurghi e patologi consente di tradurre rapidamente i risultati della ricerca in percorsi di cura innovativi per i pazienti”.  

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Un traguardo di straordinaria importanza

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Un traguardo di straordinaria importanza

Al Policlinico universitario Umberto I di Roma è stata eseguita la prima donazione di cuore da donatore a cuore fermo nel Lazio. “Un traguardo di straordinaria importanza – annuncia l’ospedale – reso possibile grazie all’impegno e alla sinergia di numerose équipe multidisciplinari, impegnate in un complesso processo clinico e organizzativo durato molte ore, ma soprattutto allo straordinario spirito di solidarietà del giovane donatore”. La procedura, altamente complessa – spiega una nota – ha previsto l’impiego di macchine da riperfusione ovvero tecnologie avanzate in grado di ricondizionare gli organi dopo l’arresto cardiaco e dopo il lasso di tempo di 20 minuti previsto dalla legge per la certificazione di morte del donatore, mantenendoli vitali e idonei per il trapianto. Grazie a questa tecnica è stato possibile preservare e trapiantare con successo fegato, cuore e reni.

“Con questa prima donazione di cuore e polmoni da un donatore a cuore fermo il Policlinico Umberto I, struttura all’avanguardia nella medicina dei trapianti, rafforza il proprio ruolo nella rete trapiantologica nazionale”, dichiara il direttore generale, Fabrizio d’Alba, rimarcando che anche in questo caso, come in tutti i casi di dono, “il ringraziamento più profondo, sentito e corale” suo, del direttore della Rianimazione Francesco Pugliese e di Gustavo Spadetta e Francesca Pacini del Coordinamento aziendale donazione organi “va al donatore, un giovane uomo che in vita aveva espresso la sua volontà di donare gli organi e alla sua commovente famiglia che con un gesto di immensa generosità e solidarietà ha permesso di salvare e migliorare la vita di tanti pazienti in attesa di un organo”.

“L’intervento ha richiesto una straordinaria coordinazione tra anestesisti, rianimatori, cardiochirurghi, chirurghi toracici e dei trapianti, chirurghi vascolari, cardiologi, tecnici perfusionisti, infermieri e personale della sala operatoria – riferisce l’ospedale – che hanno lavorato in stretta collaborazione per una intera giornata, dimostrando un’eccellenza clinica e organizzativa, rappresenta un modello a livello nazionale. Un ringraziamento e riconoscimento professionale va anche al personale della radiologia, del centro trasfusionale, del laboratorio analisi, dell’anatomia patologica e del centro regionale trapianti che hanno dato il loro significativo contributo durante tutte fasi dell’intervento”.

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