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Caso Cucchi – “M’hanno menato quelli che mi hanno arrestato”. La teste Annamaria Costanzo

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Caso Cucchi – “M’hanno menato quelli che mi hanno arrestato”. La teste Annamaria Costanzo

Oggi altra udienza del Caso Cucchi, il giovane romano ucciso per le percosse subite mentre era in stato di fermo. Davanti al giudice c’è stata un’altra testimonianza.

“Stefano ripeteva ‘sto male, sto male”. Poi mi confido’ di essere stato picchiato da chi lo aveva arrestato”. Annamaria Costanzo, ex detenuta, oggi in aula ha ricordato cosa le disse Stefano Cucchi quando lo incontrò nelle celle del tribunale capitolino dove il geometra romano attendeva l’udienza di convalida. La donna, quelle frasi le aveva già dette nel processo scaturito dalla prima inchiesta . Ora i giudici stanno valutando la posizione di cinque carabinieri, tre dei quali accusati di omicidio preterintenzionale.

“Fu Stefano a fermarmi mentre ero nel corridoio delle celle. Mi chiese una sigaretta, mi disse che era in cella per un po’ di fumo e che stava male perché non gli volevano dare la pasticchetta. Continuava a dire ‘sto male’ e gli domandai “ma che ti hanno menato?”. Mi rispose di sì e che erano stati gli agenti che l’avevano arrestato; e che erano in due. Io quella sigaretta gliela diedi dicendogli “speriamo che non e’ l’ultima che te fumi”, perché vidi che stava veramente male. Le condizioni di Cucchi, in quell’occasione sono state descritte nei particolari: “Vidi la sua faccia dallo spioncino della celletta, aveva lividi in faccia. Agli agenti dissi ‘chiamate qualcuno, chiamate un dottore, perché questo ragazzo sta male”. E un secondino mi rispose che non dipendeva da lui, ma dal nucleo che l’aveva portato lì, che l’aveva arrestato. Mi sento sempre in colpa, sto col pensiero quando sento parlare di questo ragazzo”.

Queste le parole della testimone Annamaria Costanzo.

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Esplosione a Roma, installati sensori per rilevare residui di gas

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Esplosione a Roma, installati sensori per rilevare residui di gas

Resta alta l’attenzione a Roma dopo la violenta esplosione avvenuta ieri mattina intorno alle 8 in via dei Gordiani, zona Prenestino. Un distributore di GPL è saltato in aria causando oltre 40 feriti, tra cui due in condizioni gravi, ora ricoverati all’ospedale Sant’Eugenio. Sul posto sono intervenuti immediatamente i vigili del fuoco, le forze dell’ordine e i soccorritori, alcuni dei quali sono rimasti coinvolti nella deflagrazione.

L’Arpa e il Noe hanno installato dispositivi per monitorare la qualità dell’aria, temendo la presenza di gas residui. La Protezione Civile ha consigliato ai residenti di non uscire, tenere chiuse le finestre e spegnere i condizionatori. La Procura ha aperto un’indagine per disastro colposo: le prime ipotesi parlano di un guasto ad un impianto GPL.

Il tempestivo intervento dei gestori di un centro estivo vicino ha evitato una possibile tragedia: i bambini presenti sono stati evacuati poco prima dell’esplosione. La zona resta isolata, con ingenti danni anche a strutture vicine, come la polisportiva Villa De Sanctis. Le autorità stanno proseguendo le indagini e i controlli ambientali.

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Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

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Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

Tragedia alla Montagnola, nella periferia sud della Capitale: Mamun Miah, 27 anni, cittadino del Bangladesh e cuoco in un ristorante di piazza Venezia, è stato trovato senza vita al parco della Solidarietà, nei pressi del civico 393 di via Cristoforo Colombo. Il giovane è stato colpito al torace da una coltellata che non gli ha lasciato scampo, l’aggressore è fuggito ed è tuttora ricercato.

L’ipotesi investigativa principale resta quella della rapina finita male. Secondo alcuni amici della vittima, connazionali che spesso trascorrevano con lui le serate nel parco dopo il lavoro, Mamun avrebbe reagito a un tentativo di furto ed è stato accoltellato. I testimoni, pur trovandosi a una certa distanza al momento dell’attacco, raccontano di averlo visto discutere animatamente con un uomo nei pressi di un centro sportivo, non lontano dalla sua abitazione in via dell’Arcadia.

Ma il dettaglio che lascia perplessi è che nella tasca dei pantaloni del giovane è stato rinvenuto il portafoglio, completo di denaro e documenti. Un elemento che complica la lettura del movente: perché uccidere per rapinare, se poi l’aggressore fugge a mani vuote?

A destare ulteriori sospetti è l’identikit tracciato dagli amici di Mamun, che indicano come possibile responsabile un senzatetto della zona, noto per aggirarsi nei pressi del parco. Al momento, però, l’uomo non è stato rintracciato.

I carabinieri della compagnia Eur, insieme ai colleghi della stazione di San Sebastiano, stanno conducendo le indagini e sono già state acquisite le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nell’area per cercare di identificare chi fosse nei paraggi al momento del delitto. Sarà anche l’autopsia a fornire risposte decisive, chiarendo l’esatta dinamica dell’aggressione e se la vittima abbia tentato di difendersi.

Mamun Miah viveva da solo e lavorava duramente per mantenersi. I familiari, rimasti in Bangladesh, sono stati avvisati della tragedia. Nel frattempo, la comunità bengalese di Roma è sotto shock e chiede giustizia per un giovane la cui unica colpa sembra essere stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Un omicidio così brutale, in un contesto apparentemente tranquillo, riaccende i riflettori sulla sicurezza nelle aree periferiche della città: luoghi spesso dimenticati, dove la presenza delle forze dell’ordine non è costante e il degrado sociale favorisce l’emergere di situazioni pericolose. La morte di Mamun Miah non può restare solo una notizia di cronaca: deve spingere a riflettere su come tutelare davvero chi lavora onestamente e cerca solo una vita dignitosa.

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