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Cronaca

ROMA Cinecittà I banditi puntavano a un bottino più sostanzioso

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ROMA Cinecittà I banditi puntavano a un bottino più sostanzioso

ROMA Puntavano a un bottino più sostanzioso, Ennio Proietti ed Enrico Antonelli, i due banditi che hanno tentato la rapina al bar tabaccheria ‘Caffè Europeo’ a Cinecittà.

Durante la rapina è rimasto ucciso Proietti, colpito da uno dei tre colpi esplosi dall’arma del complice. Ferito il titolare della rivendita, un cinese di 56 anni. Puntavano a un bottino più sostanzioso, 25.000 euro, i banditi che hanno tentato il colpo a Cinecittà. I particolari emergono dell’interrogatorio di Enrico Antonelli, arrestato subito dopo il colpo. Proietti e Antonelli si erano conosciuti in carcere nell’agosto del 2019. I due avevano stretto un’amicizia dalla quale era nata l’idea di effettuare la rapina alla Romanina.

A quanto raccontato da Antonelli a proporre l’affare era stato Proietti. All’inizio Antonelli aveva rifiutato ma poi aveva accettato a causa delle sue precarie condizioni economiche. Qualche ora prima della rapina Antonelli si era recato nel bar tabaccheria per un sopralluogo. Poi con il complice che aveva recuperato intanto le armi erano andati in via Ciamarra con il volto coperto da caschi e scaldacollo. Il piano, secondo il racconto di Antonelli, prevedeva che Proietti avrebbe dovuto svolgere il ruolo di copertura mentre a lui sarebbe toccato il compito di asportare il denaro dalla cassa.

I due non potevano però prevedere la “forte reazione da parte del tabaccaio” che, a quanto si legge nell’ordinanza di convalida dell’arresto di Antonelli, aveva subito ingaggiato una colluttazione con i banditi. Un corpo a corpo durante il quale l’arrestato ha esploso tre colpi di pistola, uccidendo il complice e ferendo il titolare del locale. Poco dopo l’arrivo della polizia e i soccorsi.

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La vicenda che ha sconvolto Anzio: arrestato per violenza sessuale

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La vicenda che ha sconvolto Anzio: arrestato per violenza sessuale

Latina, 18 luglio 2025 – È stato convalidato il fermo del 32enne arrestato sabato scorso ad Aprilia dalla Squadra Mobile di Roma. L’uomo, di origine straniera, è stato interrogato questa mattina nel carcere di Latina dal giudice per le indagini preliminari, Giuseppe Cario, alla presenza del suo avvocato difensore Leonardo Palombi.

Durante l’interrogatorio, il fermato ha ammesso le proprie responsabilità in relazione ai fatti avvenuti il 12 maggio scorso ad Anzio, ai danni di una giovane donna di 19 anni. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la vittima sarebbe stata aggredita nei pressi della via Nettunense, dopo essere scesa da un autobus.

Il 32enne, già noto alle forze dell’ordine per altri precedenti, è stato rintracciato nei giorni successivi presso la stazione ferroviaria di Aprilia, dove si trovava in attesa di un treno diretto a Roma. Gli agenti lo hanno fermato e condotto in stato di arresto.

A seguito della confessione, il giudice ha convalidato il fermo e disposto la custodia cautelare in carcere, in attesa dei prossimi sviluppi dell’indagine.

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Roma, scandalo in divisa: sospesi quattro agenti, “spariti” 74 chili di droga durante le perquisizioni

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Roma, scandalo in divisa: sospesi quattro agenti, “spariti” 74 chili di droga durante le perquisizioni

Quattro agenti della Polizia di Stato, fino al 2023 in servizio presso il commissariato di San Lorenzo, sono stati sospesi dal servizio dal gip di Roma nell’ambito dell’inchiesta “Don Rodrigo”. Lo scorso 23 giugno, la stessa inchiesta aveva già portato all’arresto di due poliziotti e alla custodia cautelare per altre 16 persone.

I quattro, indagati a piede libero per falso, sono stati interrogati in sede di preventivo come previsto dalla riforma Nordio. Il gip ha disposto sei mesi di sospensione per una poliziotta ora all’Ispettorato Viminale e un anno per gli altri tre, di cui due alla squadra mobile di Napoli e uno che frequenta il corso da vice-ispettore.

Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia, durante due perquisizioni a San Lorenzo gli agenti avrebbero omesso di sequestrare complessivamente 74,5 chili di hashish, poi finiti a due pusher amici di colleghi già arrestati.

Nel corso degli interrogatori, le versioni discordanti e contraddittorie dei quattro sono state giudicate inattendibili dal giudice, che ha evidenziato una “volontà precisa di non ricostruire la verità” per evitare responsabilità.

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