Mondo
Esplosione a Beirut: sale il numero di morti e feriti

Esplosione a Beirut: sale il numero di morti e feriti.
Dopo l’esplosione avvenuta a Beirut, in Libano, sono più di 100 i morti e più di 4.000 i feriti. Causa delle deflagrazione circa 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio presenti in un deposito. Questo quanto riferisce la Croce rossa. Il bilancio però potrebbe aggravarsi. Secondo il governatore della città, Marwan Abboud, i dispersi sono oltre 100. Il presidente libanese Michel Aoun ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale. Il premier Hassan Diab ha definito “inaccettabile che un carico di nitrato di ammonio, stimato in 2.750 tonnellate, sia presente per sei anni in un deposito senza misure di precauzione”. Oggi a Beirut si terrà una riunione del gabinetto d’emergenza. Tre ospedali sono andati “completamente distrutti” e altri due “parzialmente distrutti”.
Lo ha confermato ad al-Jazeera Mirna Doumit, presidente dell’Ordine degli infermieri di Beirut: “Abbiamo dovuto trasferire i pazienti in altri ospedali. È una catastrofe”. A provocare le esplosioni un carico di nitrato di ammonio conservato in un magazzino al porto dopo esser stato confiscato sei anni fa. Il ministro degli interni Mohammed Fahmi ha riferito che il nitrato si trovava nel magazzino da dopo il sequestro a una nave mercantile avvenuto nel 2014. Testimoni hanno riferito di aver visto una nuvola arancione. Nel Paese resta forte la preoccupazione per le tossine presenti ora nell’aria. Il ministro della salute Hamad Hasan ha consigliato a chiunque possa di allontanarsi dalla città. Hasan ha inoltre affermato che i materiali sprigionatisi nell’aria potrebbero avere effetti a lungo termine mortali.
Come dichiarato da Donald Trump dirigenti militari Usa pensano che l’esplosione sia un attacco, una bomba di qualche tipo: “Gli Usa aiuteranno il Libano”, ha detto il presidente degli Stati Uniti. Tre fonti del Dipartimento della Difesa hanno però riferito alla Cnn di non aver visto indicazioni sulla possibilità che le esplosioni siano frutto di un attacco. La Francia invierà un distaccamento di sicurezza civile e “diverse tonnellate di materiale sanitario”. Lo ha annunciato il presidente francese Emmanuel Macron sui social: “Medici di emergenza raggiungeranno inoltre Beirut il prima possibile per rafforzare gli ospedali. La Francia è già impegnata”. Macron aveva già assicurato al suo omologo libanese Michel Aoun il sostegno della Francia e aveva annunciato la consegna di “aiuti e risorse francesi”.
MIGRANTI – RIPRENDONO I VOLI PER I RIMPATRI VERSO LA TUNISIA
Attualità
L’ 8 e il 9 Giugno si vota: una scelta che riguarda tutti

L’8 e il 9 giugno milioni di cittadini italiani sono chiamati alle urne per esprimersi su due referendum abrogativi, che toccano temi centrali come il lavoro e l’immigrazione, e come troppo spesso accade, milioni di persone non ci andranno: rimarranno a casa per disillusione, per indifferenza, perché “tanto non cambia nulla”.
È una rinuncia, non solo a un diritto, ma a una possibilità concreta di contare, di orientare scelte che riguardano il lavoro e le politiche migratorie. Si vota per dire sì o no a norme che regolano direttamente i diritti dei lavoratori e le politiche migratorie.
Non partecipare a questo processo è un errore e, in parte, una colpa. Perché chi non vota, lascia agli altri la responsabilità di decidere. Ogni voto perso è un pezzo di democrazia lasciato indietro, un’occasione che si spegne.
In Italia siamo spesso bravi a lamentarci, a denunciare l’incoerenza dei partiti, l’inutilità delle istituzioni, la distanza della politica. Ma poi, quando c’è l’occasione per fare la propria parte, si resta indietro, si sceglie il silenzio.
Votare non è un atto eroico, non risolve tutto, non cambia il mondo da un giorno all’altro, ma è un segnale di partecipazione. C’è chi ha lottato, chi ha marciato, chi ha sfidato regimi, censure e repressioni per ottenerlo. In Italia, fino al 1946 le donne non potevano votare, è passato meno di un secolo, e prima ancora milioni di italiani – poveri, analfabeti, lavoratori – erano esclusi dalle urne per legge.
Il suffragio universale è una conquista recente ed è costato sacrifici e battaglie civili. E oggi, non partecipare al voto con indifferenza significa anche mancare di rispetto a quella memoria, a chi ha aperto la strada per farci contare e per farci scegliere.
Chi ha perso il diritto al voto, nella storia, sa quanto vale.
Noi lo diamo per scontato, e invece oggi, più che mai, va difeso.
L’8 e il 9 giugno si vota. Non è uno slogan, è un invito, ma anche qualcosa di più: una responsabilità personale e collettiva. Chi se ne tira fuori, poi, non potrà dire che la politica non lo rappresenta, perché ha scelto di non esserci.
Attualità
Statua Venere a Berlino rimossa per sessismo: arte sotto attacco o censura culturale?

Una decisione che fa discutere in tempi in cui la sensibilità collettiva verso le questioni di genere è (giustamente) in aumento, la rimozione di una statua raffigurante una Venere nuda a Berlino ha acceso un dibattito infuocato: l’opera, che riprendeva la tradizione classica della nudità femminile, è stata tolta dallo spazio pubblico con l’accusa di essere sessista.
La nudità nell’arte non è pornografia, né oggettificazione del corpo, ridurre ogni rappresentazione del nudo a una questione di “sessismo” è non solo limitato, ma pericolosamente superficiale.
Quando un’opera viene censurata non perché offende, ma perché potrebbe essere interpretata in modo offensivo, entriamo in un terreno dove il contesto, la storia e l’intenzione artistica vengono messi da parte in favore di una morale istantanea e poco riflessiva.
L’arte, per sua natura, non è sempre comoda né rassicurante: provoca, interroga, a volte disturba. Chiedere all’arte di conformarsi a uno standard etico e morale “sicuro” rischia di svuotarla di senso.
Infine, paradossalmente, è proprio questo tipo di censura che rischia di oggettificare la donna: non l’immagine in sé, ma l’idea che una figura femminile nuda non possa esistere nello spazio pubblico senza essere letta come offesa o strumento di dominio. Una donna nuda, in arte, non è automaticamente una vittima: può essere una dea, una madre, o semplicemente un simbolo estetico. Trattarla come un tabù è togliere complessità, non aggiungerla.
La battaglia per l’uguaglianza di genere è sacrosanta, ma confondere le immagini con le intenzioni è una forma di semplificazione che impoverisce tutti.
Rimuovere la statua della Venere a Berlino non è un passo avanti per le donne, ma un passo indietro per la cultura.
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