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Lettera aperta a Papa Francesco

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Lettera aperta a Papa Francesco

Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta dell’architetto Cesare Esposito rivolta a Papa Francesco e alla città di Roma e i suoi progetti.

Credo con umiltà che sia stato lo Spirito Santo a ispirarmi nel lontano 1983 per realizzare il progetto da me ideato e da me disegnato per far rievocare e rievocare al mondo, l’umile richiesta della Madonna che chiedeva una casa tutta per sé in un luogo che Ella stessa avrebbe indicato con un prodigio: nel mese di agosto, su uno dei Sette Colli di Roma, all’Esquilino, mutò il tempo e si parlò di miracolo; la neve indicò la sua casa e così nacque la Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.

Ho dedicato tutta la mia vita all’arte e continuerò a dedicarla a essa. In Verità molte mie opere sono nei musei e nelle piazze di Roma, nate tutte al primo rione di Roma, “Monti”. Credo che sia stato anche il destino ad aver fatto sì – come indica il mio nome Esposito, “esposto alla Madonna”- che dovessi fare qualcosa per Lei; i bambini che erano esposti all’interno della Sacra Ruota; per cui dovevo rendere alla nostra Madre un omaggio. La vita mi ha portato ad affrontare numerosi ostacoli e al contempo a scoprire quanto la forza dell’amore accolga e permane in ogni cosa.

Sono cresciuto in una famiglia di undici figli e nonostante le difficoltà e la povertà, mia madre dava da mangiare anche alle famiglie più povere del rione. Ogni sera apparecchiava per una ventina di persone. Anche quando non c’era più cibo e che alla nostra porta, al n°5 in via della Madonna dei Monti, bussavano famiglie e amici, riusciva sempre a trovare qualcosa di buono da donare. “Mamma è finita la cena”, lei rispondeva “Aspetta” e faceva apparire del cibo per loro. Tutto è nato in quel rione dove da bambino sono cresciuto, giocando, andando a scuola, soffermandomi tra le mura antiche dei mercati di Traiano, per poi proseguire il mio percorso di studi all’Accademia delle Belle Arti e alla Facoltà di Architettura. Una città che per me è stata eterna fonte d’ispirazione: disegnavo per le strade, osservavo e ogni giorno m’immergevo nelle atmosfere e nelle bellezze della città, delle sue Chiese e dello Spirito che l’avvolge.

Quando ho creato la prima nevicata nel 1983, il Sindaco di allora Luigi Petroselli e dopo di lui, Ugo Vetere, insieme all’assessore alla cultura, Renato Nicolini, approvarono il mio progetto e mi diedero l’incarico di realizzare l’evento ma non c’erano fondi. E così, i miei genitori impegnarono ogni cosa, mia madre e mio padre addirittura la loro fede nuziale, per far realizzare la prima edizione della Rievocazione storica del Miracolo, in onore della Regina della Pace più amata dai romani, evento che adesso è giunto alla 37esima edizione. Allora la Basilica Papale di Santa Maria Maggiore era sotto la guida spirituale di Sua Eminenza Arciprete Cardinale Carlo Confalonieri, che accettò il mio progetto e fu un grande successo per il Comune di Roma per la città, per me stesso, per la Madre di Dio e per la Basilica di Santa Maria Maggiore.

Dopo tanti sacrifici, devo ringraziare i miei genitori e la Nostra Madre che mi ha guidato: “Colei che abbassandosi è stata innalzata per vincere il mondo”. La ricorrenza del 5 agosto è poi diventato un appuntamento importante per i fedeli, tanto che nel 1987, anno Mariano, Sua Santità Giovanni Paolo II prese parte alla Cerimonia, tendendo un discorso sul prodigio della neve di fronte alle istituzioni e a migliaia di fedeli. Parteciparono all’evento, nomi autorevoli, tra i quali il ministro dei Beni Culturali On. Carlo Vizzini e il Cardinale Luigi Da Daglio. Come vuole il Cerimoniale, fui io ad aprire la processione arrivando nella cappella dedicata alla Madonna Salus Populi Romani, dove l’affresco del Cigoli e i bassorilievi del Maderno descrivono il Miracolo del 5 agosto 358 d.c.

A lei Santità viene dedicato l’evento di quest’anno, posticipato dal 5 al 30 agosto, pongo la mia supplica: in questi anni di tanti sacrifici mi trovo a continuare questa tradizione che dedico al Suo cuore Generoso e alla Pace e chiedo perdono se ho sbagliato. Così come la Madonna è tornata a proteggere Suo figlio, volendo edificare la Basilica dove sono anche custodite le aste della culla di Gesù, in un momento tanto difficile, iniziato con la Quaresima/quarantena, per cui il popolo è stato chiamato a redimersi, nel mese della Madonna, che combacia con l’Assunzione e la vittoria della Nostra Madre sul serpente, rivolgo, con profonda umiltà e modestia, a Lei Santità l’invito a testimoniare in occasione della rievocazione della Madonna della Neve, affinché diventi un simbolo di speranza e d’amore per tutti i fedeli e la città.

Roma, agosto 2020

Architetto Cesare Esposito

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Esplosione a Roma, installati sensori per rilevare residui di gas

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Esplosione a Roma, installati sensori per rilevare residui di gas

Resta alta l’attenzione a Roma dopo la violenta esplosione avvenuta ieri mattina intorno alle 8 in via dei Gordiani, zona Prenestino. Un distributore di GPL è saltato in aria causando oltre 40 feriti, tra cui due in condizioni gravi, ora ricoverati all’ospedale Sant’Eugenio. Sul posto sono intervenuti immediatamente i vigili del fuoco, le forze dell’ordine e i soccorritori, alcuni dei quali sono rimasti coinvolti nella deflagrazione.

L’Arpa e il Noe hanno installato dispositivi per monitorare la qualità dell’aria, temendo la presenza di gas residui. La Protezione Civile ha consigliato ai residenti di non uscire, tenere chiuse le finestre e spegnere i condizionatori. La Procura ha aperto un’indagine per disastro colposo: le prime ipotesi parlano di un guasto ad un impianto GPL.

Il tempestivo intervento dei gestori di un centro estivo vicino ha evitato una possibile tragedia: i bambini presenti sono stati evacuati poco prima dell’esplosione. La zona resta isolata, con ingenti danni anche a strutture vicine, come la polisportiva Villa De Sanctis. Le autorità stanno proseguendo le indagini e i controlli ambientali.

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Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

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Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

Tragedia alla Montagnola, nella periferia sud della Capitale: Mamun Miah, 27 anni, cittadino del Bangladesh e cuoco in un ristorante di piazza Venezia, è stato trovato senza vita al parco della Solidarietà, nei pressi del civico 393 di via Cristoforo Colombo. Il giovane è stato colpito al torace da una coltellata che non gli ha lasciato scampo, l’aggressore è fuggito ed è tuttora ricercato.

L’ipotesi investigativa principale resta quella della rapina finita male. Secondo alcuni amici della vittima, connazionali che spesso trascorrevano con lui le serate nel parco dopo il lavoro, Mamun avrebbe reagito a un tentativo di furto ed è stato accoltellato. I testimoni, pur trovandosi a una certa distanza al momento dell’attacco, raccontano di averlo visto discutere animatamente con un uomo nei pressi di un centro sportivo, non lontano dalla sua abitazione in via dell’Arcadia.

Ma il dettaglio che lascia perplessi è che nella tasca dei pantaloni del giovane è stato rinvenuto il portafoglio, completo di denaro e documenti. Un elemento che complica la lettura del movente: perché uccidere per rapinare, se poi l’aggressore fugge a mani vuote?

A destare ulteriori sospetti è l’identikit tracciato dagli amici di Mamun, che indicano come possibile responsabile un senzatetto della zona, noto per aggirarsi nei pressi del parco. Al momento, però, l’uomo non è stato rintracciato.

I carabinieri della compagnia Eur, insieme ai colleghi della stazione di San Sebastiano, stanno conducendo le indagini e sono già state acquisite le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nell’area per cercare di identificare chi fosse nei paraggi al momento del delitto. Sarà anche l’autopsia a fornire risposte decisive, chiarendo l’esatta dinamica dell’aggressione e se la vittima abbia tentato di difendersi.

Mamun Miah viveva da solo e lavorava duramente per mantenersi. I familiari, rimasti in Bangladesh, sono stati avvisati della tragedia. Nel frattempo, la comunità bengalese di Roma è sotto shock e chiede giustizia per un giovane la cui unica colpa sembra essere stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Un omicidio così brutale, in un contesto apparentemente tranquillo, riaccende i riflettori sulla sicurezza nelle aree periferiche della città: luoghi spesso dimenticati, dove la presenza delle forze dell’ordine non è costante e il degrado sociale favorisce l’emergere di situazioni pericolose. La morte di Mamun Miah non può restare solo una notizia di cronaca: deve spingere a riflettere su come tutelare davvero chi lavora onestamente e cerca solo una vita dignitosa.

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