Cronaca
Incidente Corso Francia – La difesa di Genovese: “Impatto inevitabile”

Incidente Corso Francia – Parla in aula l’avvocato Gianluca Tagnozzi, difensore di Pietro Genovese.
Incidente Corso Francia – Secondo il legale, Gaia e Camilla avrebbero comunque perso la vita in quel fatidico incidente lo scorso 22 dicembre. Questo perchè l’impatto è stato “imprevedibile e inevitabile”. Anche se Genovese fosse stato sobrio e avesse rispettato i limiti di velocità, non sarebbe riuscito a evitare le due ragazze. Adesso al ragazzo non resta che attendere il prossimo 30 ottobre, giorno della sentenza, per conoscere il proprio destino. Infausto se verrà accolta la richiesta del pm, 5 anni per omicidio colposo. Uno spiraglio di luce potrebbe però arrivare dal concorso di colpa: se accertato, infatti, la pena potrebbe essere di gran lunga inferiore.
Genovese, afferma Tagnozzi, non avrebbe potuto vedere Gaia e Camilla: prima dell’impatto, infatti, le due ragazze si trovavano dietro un’altra vettura, bianca, alla destra del Suv del ragazzo. Procede a velocità più sostenuta e supera Genovese di qualche metro, prima di frenare ed evitare le due giovani. Che però non riescono a fare lo stesso anche con il Suv: ciò proprio per quella frazione di secondo tra i due incroci, che impedisce a Genovese di frenare anch’egli. Una circostanza questa dimostrata dalla perizia, secondo cui non ci sono segni di frenata. Lo stesso lasso di tempo non ha inoltre consentito a Gaia e Camilla di vedere il Suv, anch’esso occultato dall’auto bianca.
Un aiuto a Genovese arriva infine anche dal cellulare: tra l’ultimo accesso e l’impatto ci sarebbero infatti 15 secondi. Il ragazzo dunque lo avrebbe usato mentre era fermo al semaforo, non dopo.
Attualità
”La verità che nessuno vuole accettare”: in carcere esce il libro di Gabriele Bianchi sull’omicidio di Willy Monteiro Duarte

Dal carcere di Rebibbia arriva una pubblicazione che riapre ferite ancora vive nell’opinione pubblica: Gabriele Bianchi, uno dei protagonisti del brutale pestaggio che nel settembre del 2020 costò la vita a Willy Monteiro Duarte, ha scritto un libro in cui si proclama innocente e vittima di un sistema che, a suo dire, lo avrebbe condannato prima ancora del verdetto giudiziario.
Il volume, intitolato “La verità che nessuno vuole accettare”, è stato scritto nella cella in cui il 30enne di Alatri sta scontando una condanna definitiva a 28 anni di carcere. Nelle pagine del libro, Bianchi si dice bersaglio di un “processo mediatico già scritto” e sostiene che pochi attimi possono distruggere una vita, portando anche chi è innocente “all’inferno, senza aver peccato”.
La notte tra il 5 e il 6 settembre 2020, Willy Monteiro Duarte fu picchiato a morte a Colleferro mentre tentava di difendere un amico da un’aggressione. La giustizia ha stabilito, in maniera definitiva, le responsabilità dei fratelli Marco e Gabriele Bianchi, con il primo condannato all’ergastolo e il secondo, appunto, a 28 anni. I giudici della Corte d’Assise d’Appello di Roma hanno accolto parzialmente le richieste della Cassazione, riconoscendo le attenuanti a Gabriele ma rivedendo la pena in aumento rispetto al precedente appello, che gliene aveva inflitti 24. Oltre a loro, sono stati condannati anche Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, ritenuti complici nel delitto, rispettivamente a 23 e 21 anni di reclusione.
Nel libro, Bianchi ripercorre la sua versione dei fatti e prova a restituire un’immagine diversa di sé: “Non sono un mostro, non ho ucciso nessuno”, ribadisce con fermezza. Parla della sua vita sconvolta, di affetti perduti e sogni infranti, ma anche del conforto ritrovato nello sguardo del figlio durante i colloqui in carcere come simbolo, per lui, di un desiderio di rinascita.
Tuttavia, il racconto autobiografico si scontra con una realtà giudiziaria ben diversa: oltre alle condanne, entrambi i fratelli sono stati protagonisti di episodi controversi in carcere: Gabriele, stando a una testimonianza interna, avrebbe ostentato atteggiamenti di prepotenza affermando “Io sono il re, voi gli schiavi”. Marco, invece, risulta coinvolto in un’indagine che lo vede tra i detenuti sorpresi a usare illegalmente telefoni cellulari nella struttura di Pescara.
La pubblicazione del libro solleva interrogativi sul diritto di esprimersi anche da parte di chi è stato riconosciuto colpevole in via definitiva per reati gravissimi. È giusto dare voce a chi si professa innocente, pur avendo ricevuto una condanna severa da parte della giustizia? Oppure si rischia di legittimare una narrazione che può ferire ulteriormente i familiari della vittima e confondere l’opinione pubblica?
Quello che è certo è che, a quasi cinque anni dall’omicidio di Willy Monteiro Duarte, il dolore per una morte assurda e ingiusta è ancora molto presente nella coscienza collettiva, e mentre Gabriele Bianchi tenta di riscrivere la sua verità, resta scolpita nella memoria una realtà ben più concreta: quella di un ragazzo generoso che ha perso la vita nel tentativo di difendere un amico e di una comunità intera che continua a chiedere giustizia e rispetto.
Cronaca
Un altro incendio a Ostia. Stavolta è il Faber Beach. Da accertare le cause dell’incendio

Ancora un rogo agli stabilimenti di Ostia. Stavolta è il famoso Faber Beach ad essere danneggiato per cause ancora da accertare. Infatti ieri sera intorno alle nove di sera, la sala operativa del Comando di Roma ha inviato a Ostia in Lungomare Paolo Toscanelli le squadre dei Vigili del fuoco di Ostia e dell’Eur con al seguito tre Autobotti, il Carro Autoprotettori ed il Capo Turno Provinciale per cercare un grande incendio un incendio che ha colpito tutto l’impianto balneare ormai generalizzato all’interno dello Stabilimento Faber Village Beach. Le operazioni di spegnimento sono durate tutta la notte dato che l’incendio aveva coinvolto tutta la struttura. Sul posto la Polizia e i Carabinieri, non ci sono stati feriti ma rimangono i dubbi su come sia potuto accadere.
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