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CASAL BERNOCCHI – Ritrovato il corpo privo di vita di Piero Giorgi

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CASAL BERNOCCHI – Ritrovato il corpo privo di vita di Piero Giorgi

CASAL BERNOCCHI – Ritrovato il corpo di Piero Giorgi, scomparso dal 24 ottobre

CASAL BERNOCCHI – Ritrovato il corpo – Nel pomeriggio di ieri, intorno le ore 17.00, è stato rinvenuto il corpo di Piero Giorgi sparito da casa dal 24 ottobre. La figlia da qual giorno, ha iniziato le ricerche per la zona senza sosta, andando anche al programma Chi l’ha Visto pur di trovare il padre malato di Parkinson. L’uomo, si era allontanato da casa il 24 ottobre, uscendo senza le medicine che avrebbe dovuto prendere quotidianamente. Le ricerche sono partite subito, organizzate dalla figlia spostandosi di luogo in luogo fino alla terribile notizia arrivata ieri. Il corpo, è stato rinvenuto in un piccolo bosco in via Brunone Bianchi, a Casal Bernocchi. A dare l’allarme è stato il meccanico che, come richiesto da amici e parenti, ha controllato le telecamere e ha notato l’uomo entrare nella via. Il carpo è stato trovato in stato di decomposizione, probabilmente era deceduto dal giorno della scomparsa. Il 24 ottobre è stato visto in una pizzeria poco distante da dov’è stato rinvenuto, nel parco di Via Coromaldi . La figlia del 64enne ha dato l’addio al papà su un post su Facebook: “Papà non c’è più”.

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Roma, abusava delle allieve minorenni: arrestato allenatore di Taekwondo

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Roma, abusava delle allieve minorenni: arrestato allenatore di Taekwondo

(Adnkronos) – La polizia ha arrestato a Roma un allenatore di Taekwondo accusato di violenza sessuale aggravata perché avrebbe abusato di almeno tre ragazzine a partire dal 2023. Secondo quanto ricostruito l’uomo, che lavorava in una palestra in zona Pietralata, era riuscito a guadagnare la fiducia delle famiglie e delle allieve, iniziando ad avvicinarle e ad abusare sessualmente di loro, grazie alla sua capacità manipolatoria.  

A dare il via alle indagini, la denuncia di una mamma che, a partire da alcuni comportamenti anomali della figlia, era riuscita a farsi raccontare le violenze subite: secondo chi indaga, le violenze si consumavano all’interno del centro sportivo o nell’autovettura che l’istruttore, grazie al favore che aveva ormai acquisito tra le famiglie delle sue allieve, utilizzava per riaccompagnarle a casa dopo averle trattenute oltre l’orario di allenamento. Le pressioni e gli abusi non avevano incontrato una battuta d’arresto neppure dopo il rifiuto delle vittime: una di loro, pur di non continuare a subire violenze, aveva deciso di abbandonare la disciplina. 

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Quando a tradire è chi dovrebbe proteggere: la scuola e il dovere della vigilanza

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Quando a tradire è chi dovrebbe proteggere: la scuola e il dovere della vigilanza

La condanna a sette anni di carcere inflitta al professore di chimica di due scuole romane, accusato di aver molestato cinque studenti quindicenni e di possedere materiale pedopornografico, segna una tappa dolorosa ma necessaria in una vicenda che scuote nel profondo la fiducia delle famiglie nella scuola.
Le testimonianze dei ragazzi, le denunce coraggiose dei genitori, i filmati dei carabinieri hanno tolto ogni dubbio sulla realtà delle violenze subite. La pena inflitta — già ridotta per la scelta del rito abbreviato — è severa ma, per molti, comunque insufficiente per il dolore causato alle vittime.
Eppure questa sentenza deve rappresentare soprattutto un punto di partenza, perché non basta condannare chi ha commesso il male: bisogna interrogarsi sulle condizioni che lo hanno permesso e sulle azioni da mettere in campo per prevenire casi simili.
Come è possibile che un professore già sotto indagine sia rimasto al suo posto, continuando a «scherzare e toccare» ragazzi inermi? Come è possibile che la segnalazione di un collega e i comportamenti «poco professionali» osservati dai compagni non siano bastati a fermarlo prima? Cosa manca nei nostri istituti, nelle procedure disciplinari, nella formazione del personale e nella vigilanza interna?
La sicurezza psicologica e fisica dei ragazzi deve venire prima di ogni altra considerazione: occorrono linee guida chiare, sportelli di ascolto, formazione specifica per il personale e una cultura che non banalizzi certi comportamenti come “scherzi”, ma li riconosca subito come violenze.
Sette anni di carcere e l’interdizione perpetua da ruoli a contatto con minori impediranno a quell’uomo di fare altri danni, ma la sfida più grande è fare in modo che quei ragazzi, e tutti i loro coetanei, possano tornare a sentire la scuola come una casa sicura.

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