Attualità
Morti sul lavoro, nel weekend superate le 600 vittime. Introdurre il reato di omicidio sul lavoro

I morti sul lavoro, una vergogna tutta italiana
Nell’ultimo fine settimana è stata superata la soglia dei 600 morti sul lavoro nel 2022. I dati raccolti da USB e Rete Iside parlano di 604 decessi. Morti sul lavoro 428, in itinere172, a causa del Covid 4.
USB e Rete Iside da tempo portano avanti una solida collaborazione sul tema della salute e sicurezza sul lavoro e, insieme alle deputate di ManifestA, hanno presentato una proposta di legge alla Camera per l’introduzione del reato di omicidio e lesioni gravi sul lavoro.
La cifra dei 172 morti in itinere è significativa: delle morti andando o tornando dal posto di lavoro nel nostro paese non si parla. Anche nelle statistiche ufficiali Inail si fa fatica ad avere restituite le dimensioni di un fenomeno che costa, invece, centinaia di vite. Questo perché l’Istituto copre l’infortunio in itinere laddove siano verificate le finalità lavorative, la normalità del tragitto e la compatibilità degli orari. Non sempre, purtroppo, infortuni e morti in itinere rispondono a questi parametri.
Le morti in itinere sono spesso causate dalla stanchezza dopo il turno, o ancora dovute al fatto che per raggiungere il posto di lavoro ci si deve alzare alle prime luci dell’alba, o perché che si è stati trattenuti oltre l’orario di lavoro usuale: è un fenomeno, quindi, strettamente correlato con precarietà e lavoro povero.
Proprio questa mattina, alle ore 6 lungo la SS 56 “Postumia”, in Veneto, due lavoratori sono deceduti a seguito dello schianto del furgone sul quale viaggiavano con un camion. Erano un ventottenne ghanese e un trentasettenne indiano, braccianti che raggiungevano il posto di lavoro; un caso che ricorda la strage di 12 lavoratori africani, avvenuta nell’agosto 2018, deceduti dopo lo schianto del furgone sul quale viaggiavano nelle campagne foggiane.
Morti sul Lavoro – I rider che perdono la vita
Per strada si muore in itinere, ma anche durante lo svolgimento del proprio lavoro: è il caso, ad esempio, dei riders. Turni massacranti, lavoro a cottimo e compensi scarni determinano maggiori rischi. Un rider per poter accumulare punteggio e guadagnare abbastanza per arrivare a fine mese deve fare tante consegne, nel minor tempo possibile.
Questo significa prendersi dei rischi per diminuire i tempi. Il compenso a cottimo, poi, rappresenta un vero e proprio elemento di ricatto. Tragico esempio è la morte ad Angri (Salerno) di Giuseppe Canavacciuolo, rider di 47 anni che nella notte tra il 15 e 16 luglio ha accettato una consegna pur essendo ormai rientrato a casa: è morto sul lavoro in un incidente stradale per incrementare di pochi centesimi il misero guadagno di un rider quasi cinquanntenne.
Morti sul lavoro – i dati per regione
Ecco i dati suddivisi per regione per i morti sul lavoro. Nell’anno 2022: 604 (dei quali: sul lavoro 428; in itinere 172; Covid 4)
Lombardia 80; Veneto 76; Piemonte, Campania 48; Emilia Romagna 46; Lazio 39; Puglia 37; Sicilia 36; Marche 33; Toscana 30; Calabria 26; Abruzzo 17; Sardegna 15; Umbria 14; Trentino 12; Liguria 9; Estero 8; Basilicata 7; Valle d’Aosta, Alto Adige, Molise 6; Friuli Venezia Giulia 5
Attualità
Vannacci sul Leoncavallo: “Antagonisti e alternativi lo facciano non alle spese della società”

Era il 21 agosto quando il Leoncavallo è stato definitivamanente sgomberato dopo ben 133 rinvii. Una cosa mai vista per un normale cittadino, ma il caso del centro sociale più famoso d’Italia è stata soprattutto una cosa politica. protetta dalla sinistra con il consenso degli amici degli amici.
Sulla questione è intervenuto l’eurodeputato della Lega Roberto Vannacci,
“Il Leoncavallo andava sgomberato. Anzi mi stupisce che ci siano voluti 31 anni perché in uno Stato libero e democratico non può sopravvivere alcuno spazio di illegalità, alcuno spazio dove la sopraffazione e la prevaricazione dominano sullo Stato e sull’ordine costituito. Quindi non so se si possa chiamare cultura quella che è stata effettuata o creata all’interno del Leoncavallo”.
Queste le parole dell’eurodeputato della Lega, Roberto Vannacci, nel corso del programma “Filorosso”, condotto da Manuela Moreno, in diretta su Rai 3, e che si è occupato del recente sgombero del centro sociale Leoncavallo di Milano.
“Certo che era uno spazio abusivamente occupato e visto che l’articolo 42 della Costituzione tutela la proprietà privata, andava sgomberato al più presto”, ha proseguito Vannacci, “Nessuno vuole togliere spazi alle persone che li cercano, ma i famosi antagonisti o alternativi lo facciano, ma non alle spese della società. Lo facciano a spese loro, si affittino un capannone, paghino le bollette, pagano i costi e facciano gli alternativi con i propri denari”.
Attualità
Achille Lauro e la polemica: “Inclusione o pietismo con la bambina disabile al concerto?”

#AchilleLauro2026 Lo storico concerto dello stadio Olimpico accende i riflettori su un problema silenzioso: l’accesso ai disabili. La denuncia scuote il mondo dello spettacolo!
Il concerto di Achille Lauro allo stadio Olimpico di Roma nel 2026, attesissimo da migliaia di fan, è diventato anche un emblema di una questione tanto importante quanto spesso trascurata. Una bambina con disabilità, inizialmente esclusa dall’evento perché i biglietti a lei accessibili erano esauriti, ha riportato l’attenzione sulle barriere che persone con disabilità devono affrontare per accedere ai grandi eventi musicali.
Graziella Saverino, presidentessa dell’associazione Entusiasmabili, ha lanciato un accorato appello. “Le criticità legate all’accesso per disabili sono inaccettabili”, afferma. La sua denuncia non è solo un grido d’aiuto per la bambina, ma una richiesta di maggiore consapevolezza e azione da parte di tutti i soggetti coinvolti nell’organizzazione di eventi di massa.
Nonostante il tutto esaurito, la vicenda ha scatenato un’ondata di solidarietà e una veloce reazione da parte degli organizzatori. La situazione è stata risolta con l’aggiunta di posti dedicati, dimostrando che la sensibilizzazione e l’intervento tempestivo possono fare la differenza.
Questa storia apre domande urgenti: quanti altri sono lasciati indietro? Cosa si può fare per garantire che eventi futuri siano realmente inclusivi? Questi quesiti risuonano mentre il sipario si chiude, lasciando spazio alla riflessione su un cambiamento necessario e inesorabile.
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