Attualità
Condanna di una Donna Iraniana per Foto Senza Hijab

Una Sentenza Impactante per una Giovane Donna Iraniana
Una giovane donna iraniana, Roya Heshmati, è stata recentemente condannata a 74 frustate per aver diffuso una foto in cui non indossava l’hijab mentre si trovava a Teheran. Inizialmente, la condanna era di un anno di reclusione. Tuttavia, la pena è stata poi convertita in 74 frustate e un divieto di lasciare il paese per tre anni.
Dettagli dell’Esecuzione della Pena
Questa punizione è stata eseguita il 3 gennaio presso l’ufficio del procuratore del distretto 7 di Teheran. Prima della fustigazione, Roya Heshmati ha subito violenze per il suo rifiuto costante di indossare il velo. Una donna le ha imposto con la forza un velo sulla testa, mentre l’uomo incaricato di frustarla minacciava di intensificare i colpi e di aprire nuovi casi contro di lei per punirla ulteriormente. La giovane è stata frustata su spalle, schiena, glutei e gambe.
Testimonianza di Roya Heshmati
Roya Heshmati ha raccontato che non è riuscita a contare i colpi ricevuti durante l’esecuzione della pena. Ha dichiarato di aver cantato in nome delle donne e della vita durante tutta la fustigazione.
Reazioni Internazionali e Condanne
La vicenda è stata riportata da Hengaw, un’organizzazione curda per i diritti umani con sede in Norvegia. Hengaw ha condannato l’uso della fustigazione praticata dal sistema giudiziario della Repubblica Islamica dell’Iran, descrivendola come un atto inumano, crudele e degradante, in netto contrasto con i principi dei diritti umani internazionali.
Conclusione
Il caso di Roya Heshmati ha sollevato preoccupazioni significative riguardo al rispetto dei diritti umani in Iran, suscitando reazioni da parte di organizzazioni internazionali e attirando l’attenzione della comunità globale sulla questione dell’obbligo del velo e delle punizioni inflitte a chi si ribella.
Ultime Notizie Roma
Esplosione a Roma, installati sensori per rilevare residui di gas
Resta alta l’attenzione a Roma dopo la violenta esplosione avvenuta ieri mattina intorno alle 8 in via dei Gordiani, zona Prenestino. Un distributore di GPL è saltato in aria causando oltre 40 feriti, tra cui due in condizioni gravi, ora ricoverati all’ospedale Sant’Eugenio. Sul posto sono intervenuti immediatamente i vigili del fuoco, le forze dell’ordine e i soccorritori, alcuni dei quali sono rimasti coinvolti nella deflagrazione.
L’Arpa e il Noe hanno installato dispositivi per monitorare la qualità dell’aria, temendo la presenza di gas residui. La Protezione Civile ha consigliato ai residenti di non uscire, tenere chiuse le finestre e spegnere i condizionatori. La Procura ha aperto un’indagine per disastro colposo: le prime ipotesi parlano di un guasto ad un impianto GPL.
Il tempestivo intervento dei gestori di un centro estivo vicino ha evitato una possibile tragedia: i bambini presenti sono stati evacuati poco prima dell’esplosione. La zona resta isolata, con ingenti danni anche a strutture vicine, come la polisportiva Villa De Sanctis. Le autorità stanno proseguendo le indagini e i controlli ambientali.
Attualità
Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

Tragedia alla Montagnola, nella periferia sud della Capitale: Mamun Miah, 27 anni, cittadino del Bangladesh e cuoco in un ristorante di piazza Venezia, è stato trovato senza vita al parco della Solidarietà, nei pressi del civico 393 di via Cristoforo Colombo. Il giovane è stato colpito al torace da una coltellata che non gli ha lasciato scampo, l’aggressore è fuggito ed è tuttora ricercato.
L’ipotesi investigativa principale resta quella della rapina finita male. Secondo alcuni amici della vittima, connazionali che spesso trascorrevano con lui le serate nel parco dopo il lavoro, Mamun avrebbe reagito a un tentativo di furto ed è stato accoltellato. I testimoni, pur trovandosi a una certa distanza al momento dell’attacco, raccontano di averlo visto discutere animatamente con un uomo nei pressi di un centro sportivo, non lontano dalla sua abitazione in via dell’Arcadia.
Ma il dettaglio che lascia perplessi è che nella tasca dei pantaloni del giovane è stato rinvenuto il portafoglio, completo di denaro e documenti. Un elemento che complica la lettura del movente: perché uccidere per rapinare, se poi l’aggressore fugge a mani vuote?
A destare ulteriori sospetti è l’identikit tracciato dagli amici di Mamun, che indicano come possibile responsabile un senzatetto della zona, noto per aggirarsi nei pressi del parco. Al momento, però, l’uomo non è stato rintracciato.
I carabinieri della compagnia Eur, insieme ai colleghi della stazione di San Sebastiano, stanno conducendo le indagini e sono già state acquisite le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nell’area per cercare di identificare chi fosse nei paraggi al momento del delitto. Sarà anche l’autopsia a fornire risposte decisive, chiarendo l’esatta dinamica dell’aggressione e se la vittima abbia tentato di difendersi.
Mamun Miah viveva da solo e lavorava duramente per mantenersi. I familiari, rimasti in Bangladesh, sono stati avvisati della tragedia. Nel frattempo, la comunità bengalese di Roma è sotto shock e chiede giustizia per un giovane la cui unica colpa sembra essere stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Un omicidio così brutale, in un contesto apparentemente tranquillo, riaccende i riflettori sulla sicurezza nelle aree periferiche della città: luoghi spesso dimenticati, dove la presenza delle forze dell’ordine non è costante e il degrado sociale favorisce l’emergere di situazioni pericolose. La morte di Mamun Miah non può restare solo una notizia di cronaca: deve spingere a riflettere su come tutelare davvero chi lavora onestamente e cerca solo una vita dignitosa.
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