Attualità
Eutanasia, ex premier olandese Dries van Agt e moglie Eugenie morti insieme

L’ex primo ministro olandese Dries van Agt, di fede cattolica, ha scelto di ricorrere all’eutanasia e morire accanto a sua moglie Eugenie van Agt-Krekelberg lo scorso lunedì. Entrambi di 93 anni, la coppia ha lottato a lungo con problemi di salute.
La notizia è stata confermata da The Rights Forum, l’organizzazione per i diritti umani fondata dall’ex premier. Secondo l’organizzazione, i due sono morti tenendosi per mano: “È morto mano nella mano con la sua amata moglie, il suo sostegno e la sua ancora per più di 70 anni, che ha sempre chiamato affettuosamente ‘la mia ragazza’”.
Le condizioni di salute della coppia erano molto precarie – nel 2019, Van Agt ha subito un’emorragia cerebrale da cui non si è mai ripreso completamente. Dopo aver lasciato la politica, Van Agt, di ideologia cristiano-democratica, ha adottato posizioni sempre più progressiste. Ha lasciato il suo partito nel 2017 a causa di differenze insormontabili sulla questione palestinese.
Il primo ministro olandese Mark Rutte ha elogiato Van Agt, definendolo il suo “bis-bisnonno in carica”. Ha lodato la sua eloquenza, le sue convinzioni salde e il suo stile unico. Anche la casa reale olandese ha elogiato l’ex premier per il suo contributo alla politica in un periodo di turbolenza.
Van Agt ha guidato il governo olandese dal 1977 al 1981 con il partito liberale di destra. È famoso per aver ideato la politica di tolleranza sulla cannabis ancora in vigore nei Paesi Bassi. Dopo le elezioni, è diventato nuovamente primo ministro per un anno in una coalizione con il partito laburista e i democratici centristi.
Dopo una visita in Israele nel 1999, Van Agt ha iniziato a esprimere apertamente il suo sostegno al popolo palestinese, definendo quel viaggio come una “conversione”. Nel 2009 ha fondato The Rights Forum, un’organizzazione che sostiene una politica giusta e sostenibile sulla questione Palestina/Israele.
Ultime Notizie Roma
Esplosione a Roma, installati sensori per rilevare residui di gas
Resta alta l’attenzione a Roma dopo la violenta esplosione avvenuta ieri mattina intorno alle 8 in via dei Gordiani, zona Prenestino. Un distributore di GPL è saltato in aria causando oltre 40 feriti, tra cui due in condizioni gravi, ora ricoverati all’ospedale Sant’Eugenio. Sul posto sono intervenuti immediatamente i vigili del fuoco, le forze dell’ordine e i soccorritori, alcuni dei quali sono rimasti coinvolti nella deflagrazione.
L’Arpa e il Noe hanno installato dispositivi per monitorare la qualità dell’aria, temendo la presenza di gas residui. La Protezione Civile ha consigliato ai residenti di non uscire, tenere chiuse le finestre e spegnere i condizionatori. La Procura ha aperto un’indagine per disastro colposo: le prime ipotesi parlano di un guasto ad un impianto GPL.
Il tempestivo intervento dei gestori di un centro estivo vicino ha evitato una possibile tragedia: i bambini presenti sono stati evacuati poco prima dell’esplosione. La zona resta isolata, con ingenti danni anche a strutture vicine, come la polisportiva Villa De Sanctis. Le autorità stanno proseguendo le indagini e i controlli ambientali.
Attualità
Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

Tragedia alla Montagnola, nella periferia sud della Capitale: Mamun Miah, 27 anni, cittadino del Bangladesh e cuoco in un ristorante di piazza Venezia, è stato trovato senza vita al parco della Solidarietà, nei pressi del civico 393 di via Cristoforo Colombo. Il giovane è stato colpito al torace da una coltellata che non gli ha lasciato scampo, l’aggressore è fuggito ed è tuttora ricercato.
L’ipotesi investigativa principale resta quella della rapina finita male. Secondo alcuni amici della vittima, connazionali che spesso trascorrevano con lui le serate nel parco dopo il lavoro, Mamun avrebbe reagito a un tentativo di furto ed è stato accoltellato. I testimoni, pur trovandosi a una certa distanza al momento dell’attacco, raccontano di averlo visto discutere animatamente con un uomo nei pressi di un centro sportivo, non lontano dalla sua abitazione in via dell’Arcadia.
Ma il dettaglio che lascia perplessi è che nella tasca dei pantaloni del giovane è stato rinvenuto il portafoglio, completo di denaro e documenti. Un elemento che complica la lettura del movente: perché uccidere per rapinare, se poi l’aggressore fugge a mani vuote?
A destare ulteriori sospetti è l’identikit tracciato dagli amici di Mamun, che indicano come possibile responsabile un senzatetto della zona, noto per aggirarsi nei pressi del parco. Al momento, però, l’uomo non è stato rintracciato.
I carabinieri della compagnia Eur, insieme ai colleghi della stazione di San Sebastiano, stanno conducendo le indagini e sono già state acquisite le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nell’area per cercare di identificare chi fosse nei paraggi al momento del delitto. Sarà anche l’autopsia a fornire risposte decisive, chiarendo l’esatta dinamica dell’aggressione e se la vittima abbia tentato di difendersi.
Mamun Miah viveva da solo e lavorava duramente per mantenersi. I familiari, rimasti in Bangladesh, sono stati avvisati della tragedia. Nel frattempo, la comunità bengalese di Roma è sotto shock e chiede giustizia per un giovane la cui unica colpa sembra essere stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Un omicidio così brutale, in un contesto apparentemente tranquillo, riaccende i riflettori sulla sicurezza nelle aree periferiche della città: luoghi spesso dimenticati, dove la presenza delle forze dell’ordine non è costante e il degrado sociale favorisce l’emergere di situazioni pericolose. La morte di Mamun Miah non può restare solo una notizia di cronaca: deve spingere a riflettere su come tutelare davvero chi lavora onestamente e cerca solo una vita dignitosa.
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