Attualità
Il destino del Santa Lucia e di 1000 lavoratori in bilico: fiaccolata ieri con la partecipazione di Rocca e Gualtieri.

Ore cruciali per l’Istituto Santa Lucia di Roma. Per il pomeriggio è stato convocato un incontro al ministero delle Imprese e del Made in Italy e per il 12 settembre, a meno di notizie positive dal vertice di oggi, è stato già annunciato uno sciopero.
Partecipazione di Personalità di Spicco
C’erano anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, e il governatore del Lazio, Francesco Rocca, alla fiaccolata organizzata dai sindacati Cgil, Cisl e Uil per difendere i lavoratori dell’istituto Santa Lucia, che rischia il fallimento. Sono 973 i dipendenti della Fondazione dedicata alla neuroriabilitazione e alla ricerca nelle neuroscienze che rischiano il proprio posto di lavoro. Per il pomeriggio è stato convocato un incontro al ministero delle Imprese e del Made in Italy e per il 12 settembre, a meno di notizie positive dal vertice di oggi, è stato già annunciato uno sciopero.
La situazione è molto delicata perché ad oggi la Fondazione Santa Lucia Irccs ha rifiutato la proposta delle istituzioni, cioè l’ipotesi dell’amministrazione straordinaria. Una soluzione che permetterebbe alla Regione Lazio di intervenire nella riorganizzazione dell’istituto, con la nomina di un commissario straordinario da parte del ministero. Una strada che per esempio è stata già percorsa per l’Idi qualche anno fa.
Invece l’azienda ha scelto, per il momento, la via dell’asta fallimentare, che non salvaguarderebbe né i lavoratori né il servizio neuroriabilitativo di alto livello offerto fino ad oggi dalla Fondazione. Al termine dell’ultimo tavolo del 6 agosto il segretario della Cgil di Roma e del Lazio, Natale di Cola, aveva riassunto così la vicenda: “Il governo, sostenuto dalle organizzazione sindacali ha chiesto di attivare la crisi d’impresa, prevista dalle norme nazionali e quindi un’amministrazione straordinaria che permetterebbe, con la nomina dei commissari, un’interlocuzione sia con il sindacato sia con le amministrazioni locali, perché la volontà che noi abbiamo è che un’impresa come il Santa Lucia non sia in mano ai privati, ma deve avere un governo e un controllo pubblico”.
Per il ‘salvataggio’ del Santa Lucia lo scorso 9 agosto il governo è intervenuto d’urgenza con un contributo straordinario di 11 milioni di euro inserito nel decreto-legge omnibus approvato dal Consiglio dei ministri. Ma incassati i soldi, ha spiegato la Regione Lazio, l’azienda ha comunicato di voler vendere la Fondazione di volersi avvalere di una procedura di concordato semplificato senza fare richiesta dell’amministrazione straordinaria. “Questa poca chiarezza e scarso rispetto istituzionale preoccupa, e la Regione ribadisce la richiesta alla proprietà di fare ricorso alla ammirazione straordinaria che è l’unico strumento che ha come fine, non solo il soddisfacimento dei creditori, ma anche la salvaguardia della strategicità dell’azienda tutelando al massimo i livelli occupazionali e la qualità sino ad oggi espressa”, si legge in una nota della Regione.
La Regione Lazio ha fatto sapere che vigilerà sugli 11 milioni sbloccati dall’esecutivo, per verificare che siano utilizzati effettivamente “per garantire l’assistenza, l’acquisto dei farmaci, il pagamento degli stipendi e per consentire le sostituzioni del personale in questo periodo feriale, e non vadano invece spesi in altro modo, come ad esempio nella liquidazione di consulenze. Per scongiurare la vendita ai privati, l’amministrazione regionale ribadisce che la via maestra è rappresentata dalla costituzione di un nuovo soggetto giuridico che permetta alla Regione Lazio di partecipare alla gestione dell’istituto insieme con un partner privato no profit”.
La Prospettiva del Governo
Nel vertice di oggi, convocato dal ministro Adolfo Urso, d’intesa con il ministro della Sanità Oreste Schillaci e con il presidente Rocca, saranno coinvolti tutti i soggetti interessati con l’obiettivo di individuare soluzioni concrete per tutelare i posti di lavoro. Nella precedente riunione, informa il Mimit, “l’azienda si era detta disponibile a valutare la richiesta unanime di sindacati e amministrazioni in favore del ricorso all’amministrazione straordinaria, considerato da tutti come lo strumento migliore per salvaguardare, in questa fase, un istituto così importante e significativo per la sanità nazionale”.
A margine della fiaccolata di ieri, l’ex assessore regionale alla Sanità del Lazio e consigliere di Azione, Alessio D’Amato, ha dichiarato: “La vicenda dell’IRCCS Santa Lucia ha una tempistica sospetta, poiché si dichiara la crisi dopo aver ricevuto 11 milioni di risorse pubbliche. Ora, se si vuole garantire la continuità occupazionale, il diritto alla salute e l’offerta dei servizi neuroriabilitativi, servono atti formali da parte del Governatore Rocca”.
Attualità
Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

Tragedia alla Montagnola, nella periferia sud della Capitale: Mamun Miah, 27 anni, cittadino del Bangladesh e cuoco in un ristorante di piazza Venezia, è stato trovato senza vita al parco della Solidarietà, nei pressi del civico 393 di via Cristoforo Colombo. Il giovane è stato colpito al torace da una coltellata che non gli ha lasciato scampo, l’aggressore è fuggito ed è tuttora ricercato.
L’ipotesi investigativa principale resta quella della rapina finita male. Secondo alcuni amici della vittima, connazionali che spesso trascorrevano con lui le serate nel parco dopo il lavoro, Mamun avrebbe reagito a un tentativo di furto ed è stato accoltellato. I testimoni, pur trovandosi a una certa distanza al momento dell’attacco, raccontano di averlo visto discutere animatamente con un uomo nei pressi di un centro sportivo, non lontano dalla sua abitazione in via dell’Arcadia.
Ma il dettaglio che lascia perplessi è che nella tasca dei pantaloni del giovane è stato rinvenuto il portafoglio, completo di denaro e documenti. Un elemento che complica la lettura del movente: perché uccidere per rapinare, se poi l’aggressore fugge a mani vuote?
A destare ulteriori sospetti è l’identikit tracciato dagli amici di Mamun, che indicano come possibile responsabile un senzatetto della zona, noto per aggirarsi nei pressi del parco. Al momento, però, l’uomo non è stato rintracciato.
I carabinieri della compagnia Eur, insieme ai colleghi della stazione di San Sebastiano, stanno conducendo le indagini e sono già state acquisite le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nell’area per cercare di identificare chi fosse nei paraggi al momento del delitto. Sarà anche l’autopsia a fornire risposte decisive, chiarendo l’esatta dinamica dell’aggressione e se la vittima abbia tentato di difendersi.
Mamun Miah viveva da solo e lavorava duramente per mantenersi. I familiari, rimasti in Bangladesh, sono stati avvisati della tragedia. Nel frattempo, la comunità bengalese di Roma è sotto shock e chiede giustizia per un giovane la cui unica colpa sembra essere stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Un omicidio così brutale, in un contesto apparentemente tranquillo, riaccende i riflettori sulla sicurezza nelle aree periferiche della città: luoghi spesso dimenticati, dove la presenza delle forze dell’ordine non è costante e il degrado sociale favorisce l’emergere di situazioni pericolose. La morte di Mamun Miah non può restare solo una notizia di cronaca: deve spingere a riflettere su come tutelare davvero chi lavora onestamente e cerca solo una vita dignitosa.
Ultime Notizie Roma
Quando la fede diventa spettacolo: il caso del nuovo imam di Bologna

La figura dell’imam, tradizionalmente, ha un ruolo fondamentale: guida spirituale, punto di riferimento religioso e promotore di dialogo e di pace nella comunità. Ma cosa accade quando la predicazione si trasforma in spettacolo social, e le invocazioni in contenuti virali su TikTok?
È quanto sembra emergere dal caso del nuovo imam di Bologna, subentrato dopo che lo storico imam Zulfiqar Khan è rimasto bloccato in Pakistan per motivi di sicurezza nazionale. Il nuovo arrivato, giovane e popolare, ha portato con sé un linguaggio decisamente più acceso, una comunicazione più aggressiva e una presenza social sempre più invadente.
Le dichiarazioni dell’imam, come quando critica i musulmani che si scambiano gli auguri di Natale, definendo questo gesto inaccettabile perché “a Natale è nato il figlio di Dio, e dire che Allah abbia un figlio è un insulto”, oppure quando afferma che donne e uomini non dovrebbero parlarsi liberamente, non sono semplicemente controverse: sono l’espressione di una visione chiusa e rigida, profondamente in contrasto con i principi di libertà e convivenza che costituiscono le fondamenta della nostra società democratica
Non è questo l’Islam che conosciamo attraverso tante persone musulmane che vivono e lavorano pacificamente in Italia, che credono in una fede fatta di rispetto, carità, umiltà e fratellanza. Non è questo l’Islam che, anche nelle sue interpretazioni più conservatrici, invita al confronto con il mondo e non alla sua demonizzazione.
Ma è proprio qui il punto dolente: il confine tra religione e ideologia, tra fede e potere, tra guida spirituale e influencer radicale. La religione, qualunque essa sia, non può essere usata per intimidire, per imporre un modello di comportamento che nega libertà individuali, specialmente alle donne.
La preoccupazione sollevata da alcune voci politiche non può essere liquidata come semplice allarmismo: siamo di fronte a una forma di radicalizzazione che si traveste da predicazione, ma che nei fatti mina le basi della convivenza civile. Quando un imam, per di più giovane e popolare sui social, usa il pulpito per attaccare, giudicare e dividere, non sta diffondendo fede: sta alimentando una cultura del sospetto, della chiusura e del controllo.
La cosa più pericolosa è che tutto questo avviene sotto gli occhi di tutti, in video che raggiungono migliaia di visualizzazioni e parlano a un pubblico spesso giovane, in cerca di riferimenti e identità.
Continuare a ignorare questi segnali significa lasciare spazio all’estremismo, legittimarlo con il silenzio e permettere che cresca anche dove si dovrebbe invece coltivare il dialogo.
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