Attualità
Simile a una competizione, il primo che effettua il pagamento ottiene la vittoria

Gli appartamenti disponibili sono sempre meno, complice anche l’imminente Giubileo e l’aumento quindi degli affitti brevi, e i prezzi schizzano sempre più in alto.
La Sfida di Trovare una Stanza in Affitto
Trovare una stanza in affitto a Roma è diventata una vera impresa. Bisogna destreggiarsi tra prezzi folli (oltre 600 euro per un posto letto), case fatiscenti e il pericolo di finire vittima di truffe. Le tende di protesta piantate in tutta Italia non sono riuscite infatti a fermare l’ascesa costante dei prezzi per una sola stanza. “È il mercato, bellezza” potrebbe dire qualcuno parafrasando la famosa frase del film L’Ultima minaccia. E in effetti l’equazione è veramente semplice: meno case disponibili, maggiore richiesta e il risultato qual è? Aumento del costo.
Situazione in Altre Città Italiane
Nel resto dell’Italia la situazione non è migliore. Lo rivela un report del sito Immobiliare.it pubblicato una settimana fa. La città più cara per quanto riguarda le stanze singole è Milano (con una media di 637 euro al mese) seguita da Bologna (506 euro al mese) e Roma (503 euro al mese). Quarto posto per Firenze con 493 euro al mese, seguita da Bergamo con 448 euro e Padova con 442 euro. Superano soglia 400 anche Venezia con 417 euro al mese, Torino con 409 euro, Verona con 407 euro e Napoli con 405 euro. La media nazionale è di 461 euro al mese, +7% rispetto ad agosto 2023 con una variazione del +27% della domanda.
“Cerco casa da sei mesi”. Valerio è uno studente di storia a La Sapienza e vive fuori Roma. Da aprile sta cercando una stanza in affitto, anche in zone meno vicine alla città universitaria ma senza successo. L’unica soluzione trovata al momento? Una stanza a 700 euro. “Non posso permettermi una cifra simile e trovo assurdo poi pagare così tanto solo per una stanza”. Durante la sua ricerca Valerio ha visto diverse case fatiscenti e dalla dubbia abitabilità: “Una volta non riuscivo ad entrare dalla porta d’ingresso, sono alto un metro e ottantacinque ma non sono un gigante. Ho detto alla proprietaria che non potevo prendere quella stanza perché fisicamente non riuscivo ad accedere nell’appartamento”.
La lotta degli studenti per un stanza in affitto a Roma: “Come una gara, vince chi paga prima”
“Noi nel nostro piccolo abbiamo provato a fare qualcosa – ci spiega Mattia Santarelli di Sinistra Universitaria – creando un gruppo WhatsApp per aiutare chi è ancora alla ricerca di una stanza con le lezioni alle porte. Nel gruppo siamo circa mille persone e abbiamo calcolato che 900 stanno ancora cercando”.
Attualità
Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

Tragedia alla Montagnola, nella periferia sud della Capitale: Mamun Miah, 27 anni, cittadino del Bangladesh e cuoco in un ristorante di piazza Venezia, è stato trovato senza vita al parco della Solidarietà, nei pressi del civico 393 di via Cristoforo Colombo. Il giovane è stato colpito al torace da una coltellata che non gli ha lasciato scampo, l’aggressore è fuggito ed è tuttora ricercato.
L’ipotesi investigativa principale resta quella della rapina finita male. Secondo alcuni amici della vittima, connazionali che spesso trascorrevano con lui le serate nel parco dopo il lavoro, Mamun avrebbe reagito a un tentativo di furto ed è stato accoltellato. I testimoni, pur trovandosi a una certa distanza al momento dell’attacco, raccontano di averlo visto discutere animatamente con un uomo nei pressi di un centro sportivo, non lontano dalla sua abitazione in via dell’Arcadia.
Ma il dettaglio che lascia perplessi è che nella tasca dei pantaloni del giovane è stato rinvenuto il portafoglio, completo di denaro e documenti. Un elemento che complica la lettura del movente: perché uccidere per rapinare, se poi l’aggressore fugge a mani vuote?
A destare ulteriori sospetti è l’identikit tracciato dagli amici di Mamun, che indicano come possibile responsabile un senzatetto della zona, noto per aggirarsi nei pressi del parco. Al momento, però, l’uomo non è stato rintracciato.
I carabinieri della compagnia Eur, insieme ai colleghi della stazione di San Sebastiano, stanno conducendo le indagini e sono già state acquisite le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nell’area per cercare di identificare chi fosse nei paraggi al momento del delitto. Sarà anche l’autopsia a fornire risposte decisive, chiarendo l’esatta dinamica dell’aggressione e se la vittima abbia tentato di difendersi.
Mamun Miah viveva da solo e lavorava duramente per mantenersi. I familiari, rimasti in Bangladesh, sono stati avvisati della tragedia. Nel frattempo, la comunità bengalese di Roma è sotto shock e chiede giustizia per un giovane la cui unica colpa sembra essere stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Un omicidio così brutale, in un contesto apparentemente tranquillo, riaccende i riflettori sulla sicurezza nelle aree periferiche della città: luoghi spesso dimenticati, dove la presenza delle forze dell’ordine non è costante e il degrado sociale favorisce l’emergere di situazioni pericolose. La morte di Mamun Miah non può restare solo una notizia di cronaca: deve spingere a riflettere su come tutelare davvero chi lavora onestamente e cerca solo una vita dignitosa.
Ultime Notizie Roma
Quando la fede diventa spettacolo: il caso del nuovo imam di Bologna

La figura dell’imam, tradizionalmente, ha un ruolo fondamentale: guida spirituale, punto di riferimento religioso e promotore di dialogo e di pace nella comunità. Ma cosa accade quando la predicazione si trasforma in spettacolo social, e le invocazioni in contenuti virali su TikTok?
È quanto sembra emergere dal caso del nuovo imam di Bologna, subentrato dopo che lo storico imam Zulfiqar Khan è rimasto bloccato in Pakistan per motivi di sicurezza nazionale. Il nuovo arrivato, giovane e popolare, ha portato con sé un linguaggio decisamente più acceso, una comunicazione più aggressiva e una presenza social sempre più invadente.
Le dichiarazioni dell’imam, come quando critica i musulmani che si scambiano gli auguri di Natale, definendo questo gesto inaccettabile perché “a Natale è nato il figlio di Dio, e dire che Allah abbia un figlio è un insulto”, oppure quando afferma che donne e uomini non dovrebbero parlarsi liberamente, non sono semplicemente controverse: sono l’espressione di una visione chiusa e rigida, profondamente in contrasto con i principi di libertà e convivenza che costituiscono le fondamenta della nostra società democratica
Non è questo l’Islam che conosciamo attraverso tante persone musulmane che vivono e lavorano pacificamente in Italia, che credono in una fede fatta di rispetto, carità, umiltà e fratellanza. Non è questo l’Islam che, anche nelle sue interpretazioni più conservatrici, invita al confronto con il mondo e non alla sua demonizzazione.
Ma è proprio qui il punto dolente: il confine tra religione e ideologia, tra fede e potere, tra guida spirituale e influencer radicale. La religione, qualunque essa sia, non può essere usata per intimidire, per imporre un modello di comportamento che nega libertà individuali, specialmente alle donne.
La preoccupazione sollevata da alcune voci politiche non può essere liquidata come semplice allarmismo: siamo di fronte a una forma di radicalizzazione che si traveste da predicazione, ma che nei fatti mina le basi della convivenza civile. Quando un imam, per di più giovane e popolare sui social, usa il pulpito per attaccare, giudicare e dividere, non sta diffondendo fede: sta alimentando una cultura del sospetto, della chiusura e del controllo.
La cosa più pericolosa è che tutto questo avviene sotto gli occhi di tutti, in video che raggiungono migliaia di visualizzazioni e parlano a un pubblico spesso giovane, in cerca di riferimenti e identità.
Continuare a ignorare questi segnali significa lasciare spazio all’estremismo, legittimarlo con il silenzio e permettere che cresca anche dove si dovrebbe invece coltivare il dialogo.
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