Attualità
Bambino usa cellulare della madre per ordinare 70mila dolci su Amazon creando un problema irrisolvibile in famiglia

Hai mai immaginato cosa succede quando un bambino di 8 anni trasforma un gioco in un disastro finanziario da migliaia di dollari? #ShoppingImprevedibile
In un’era dominata dallo shopping online, un semplice clic impulsivo ha scatenato una serie di eventi che stanno facendo discutere genitori e appassionati di e-commerce in tutto il mondo. Qualche giorno fa, un bambino ha sfruttato la facilità dell’ecosistema digitale per effettuare un acquisto per errore, ricordandoci come l’immediatezza senza filtri possa mettere a rischio le finanze familiari. Stiamo parlando della nuova formula di spedizione ideata da Amazon per chi non ha fretta e vuole risparmiare (“fino al 3% di sconto su alcuni prodotti”), ma che in questo caso ha portato a una situazione tutt’altro che dolce.
Una valanga di dolciumi
Immaginate di aprire la porta un domenica mattina a Lexington, nel Kentucky, e trovarvi di fronte a 22 scatole impilate: più di 70.000 lecca-lecca Dum-Dums appena consegnati da Amazon. È esattamente ciò che è successo a Holly LaFavers, la cui vita è stata sconvolta dall’ordine impulsivo del figlio Liam, che voleva organizzare una festa di carnevale per i suoi amici. L’addebito di 4.200 dollari ha svuotato il conto della madre, spingendola a un disperato tentativo di bloccare l’ordine, ma solo una parte è stata annullata—il resto, classificato come “alimento”, non poteva essere restituito.
L’errore e un gesto della comunità
Mentre Holly cercava di rivendere le scatole sui social media, la storia è esplosa online, attirando attenzione da media locali e nazionali e diventando un simbolo dei pericoli digitali per le famiglie. Genitori hanno condiviso aneddoti simili, come acquisti accidentali di monete virtuali per videogiochi o abbonamenti attivati da bambini. Le piattaforme come Roblox, Google Play e Apple offrono sistemi di verifica, ma non tutti li usano. Alla fine, Amazon ha rimborsato Holly come gesto di buona volontà, trasformando “una situazione difficile in qualcosa di dolce”. Dopo il rimborso, lei ha regalato i lecca-lecca a chi si era offerto di aiutarla, con scatole che sono finite in scuole, chiese e persino in un ufficio bancario.
La vicenda ha coinvolto anche l’azienda Spangler Candy Co., che produce i Dum-Dums dal 1924, invitando la famiglia a visitare la sua fabbrica in Ohio per un colpo di scena inaspettato. Nel frattempo, Liam ha offerto di vendere le sue carte Pokémon per rimediare, anche se i suoi privilegi su Amazon sono stati revocati. Questa storia, con la sua mix di tecnologia, infanzia e vulnerabilità, ci ricorda i rischi dell’e-commerce per i più piccoli, spingendo a raccomandazioni come attivare controlli parentali o insegnare l’alfabetizzazione digitale fin da subito. Nel mondo dell’online, il confine tra gioco e spesa reale è più sottile che mai.
Attualità
Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

Tragedia alla Montagnola, nella periferia sud della Capitale: Mamun Miah, 27 anni, cittadino del Bangladesh e cuoco in un ristorante di piazza Venezia, è stato trovato senza vita al parco della Solidarietà, nei pressi del civico 393 di via Cristoforo Colombo. Il giovane è stato colpito al torace da una coltellata che non gli ha lasciato scampo, l’aggressore è fuggito ed è tuttora ricercato.
L’ipotesi investigativa principale resta quella della rapina finita male. Secondo alcuni amici della vittima, connazionali che spesso trascorrevano con lui le serate nel parco dopo il lavoro, Mamun avrebbe reagito a un tentativo di furto ed è stato accoltellato. I testimoni, pur trovandosi a una certa distanza al momento dell’attacco, raccontano di averlo visto discutere animatamente con un uomo nei pressi di un centro sportivo, non lontano dalla sua abitazione in via dell’Arcadia.
Ma il dettaglio che lascia perplessi è che nella tasca dei pantaloni del giovane è stato rinvenuto il portafoglio, completo di denaro e documenti. Un elemento che complica la lettura del movente: perché uccidere per rapinare, se poi l’aggressore fugge a mani vuote?
A destare ulteriori sospetti è l’identikit tracciato dagli amici di Mamun, che indicano come possibile responsabile un senzatetto della zona, noto per aggirarsi nei pressi del parco. Al momento, però, l’uomo non è stato rintracciato.
I carabinieri della compagnia Eur, insieme ai colleghi della stazione di San Sebastiano, stanno conducendo le indagini e sono già state acquisite le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nell’area per cercare di identificare chi fosse nei paraggi al momento del delitto. Sarà anche l’autopsia a fornire risposte decisive, chiarendo l’esatta dinamica dell’aggressione e se la vittima abbia tentato di difendersi.
Mamun Miah viveva da solo e lavorava duramente per mantenersi. I familiari, rimasti in Bangladesh, sono stati avvisati della tragedia. Nel frattempo, la comunità bengalese di Roma è sotto shock e chiede giustizia per un giovane la cui unica colpa sembra essere stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Un omicidio così brutale, in un contesto apparentemente tranquillo, riaccende i riflettori sulla sicurezza nelle aree periferiche della città: luoghi spesso dimenticati, dove la presenza delle forze dell’ordine non è costante e il degrado sociale favorisce l’emergere di situazioni pericolose. La morte di Mamun Miah non può restare solo una notizia di cronaca: deve spingere a riflettere su come tutelare davvero chi lavora onestamente e cerca solo una vita dignitosa.
Ultime Notizie Roma
Quando la fede diventa spettacolo: il caso del nuovo imam di Bologna

La figura dell’imam, tradizionalmente, ha un ruolo fondamentale: guida spirituale, punto di riferimento religioso e promotore di dialogo e di pace nella comunità. Ma cosa accade quando la predicazione si trasforma in spettacolo social, e le invocazioni in contenuti virali su TikTok?
È quanto sembra emergere dal caso del nuovo imam di Bologna, subentrato dopo che lo storico imam Zulfiqar Khan è rimasto bloccato in Pakistan per motivi di sicurezza nazionale. Il nuovo arrivato, giovane e popolare, ha portato con sé un linguaggio decisamente più acceso, una comunicazione più aggressiva e una presenza social sempre più invadente.
Le dichiarazioni dell’imam, come quando critica i musulmani che si scambiano gli auguri di Natale, definendo questo gesto inaccettabile perché “a Natale è nato il figlio di Dio, e dire che Allah abbia un figlio è un insulto”, oppure quando afferma che donne e uomini non dovrebbero parlarsi liberamente, non sono semplicemente controverse: sono l’espressione di una visione chiusa e rigida, profondamente in contrasto con i principi di libertà e convivenza che costituiscono le fondamenta della nostra società democratica
Non è questo l’Islam che conosciamo attraverso tante persone musulmane che vivono e lavorano pacificamente in Italia, che credono in una fede fatta di rispetto, carità, umiltà e fratellanza. Non è questo l’Islam che, anche nelle sue interpretazioni più conservatrici, invita al confronto con il mondo e non alla sua demonizzazione.
Ma è proprio qui il punto dolente: il confine tra religione e ideologia, tra fede e potere, tra guida spirituale e influencer radicale. La religione, qualunque essa sia, non può essere usata per intimidire, per imporre un modello di comportamento che nega libertà individuali, specialmente alle donne.
La preoccupazione sollevata da alcune voci politiche non può essere liquidata come semplice allarmismo: siamo di fronte a una forma di radicalizzazione che si traveste da predicazione, ma che nei fatti mina le basi della convivenza civile. Quando un imam, per di più giovane e popolare sui social, usa il pulpito per attaccare, giudicare e dividere, non sta diffondendo fede: sta alimentando una cultura del sospetto, della chiusura e del controllo.
La cosa più pericolosa è che tutto questo avviene sotto gli occhi di tutti, in video che raggiungono migliaia di visualizzazioni e parlano a un pubblico spesso giovane, in cerca di riferimenti e identità.
Continuare a ignorare questi segnali significa lasciare spazio all’estremismo, legittimarlo con il silenzio e permettere che cresca anche dove si dovrebbe invece coltivare il dialogo.
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