Cronaca
ROMA Estorce 10mila euro ad un ragazzo invalido: scoperto dalla Polizia

Guai per un cittadino romano di 55 anni indagato per estorsione aggravata nei confronti di un ragazzo invalido
Un 55enne romano è finito agli arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico per il reato di estorsione aggravata, per un totale di circa 10mila euro, nei riguardi di un ragazzo invalido al 100%, nonché per porto abusivo di coltello a serramanico. La misura nei confronti di C.M., 55 anni romano, noto nel quartiere di Garbatella anche come “il braciola”, è stata eseguita nella giornata di ieri dagli agenti della Polizia di Stato del commissariato Colombo, diretto da Isea Ambroselli. La triste storia ha avuto inizio lo scorso gennaio, quando C.M. ha deciso di truffare la vittima, 20 anni, dicendogli di aver ricevuto da lui una banconota falsa e che avrebbero dovuto pagare una multa per non finire in carcere. Da quel giorno ha iniziato a chiedere al giovane alcune somme di denaro, intimorendolo con incessanti richieste, che andavano dai 100 ai 200 euro. Nel periodo che va da gennaio a marzo la consegna avveniva ogni 2 settimane, per poi passare a 4 volte in una settimana. Il malvivente si presentava a casa del ragazzo anche nel cuore della notte minacciandolo per avere denaro.
L’ultimo episodio risale al 7 marzo, quando il 55enne romano si è presentato verso le 19 sotto casa del giovane ed ha iniziato a suonare insistentemente al citofono. La vittima, per non disturbare i vicini, ha aperto la porta e consegnatato all’uomo 100 euro, a fronte dei 1300 richiesti sotto minaccia di un coltello. Alla scena ha assistito anche il badante che nel frattempo era rientrato in casa ed è stato minacciato a sua volta. Stufo delle continue minacce e richieste di soldi, il giovane è andato in commissariato e ha denunciato quanto stava accadendo, fornendo l’esatta descrizione del suo aguzzino. Il giorno successivo il 55enne romano è tornato a casa del ragazzo per avere altri soldi, ma quando la vittima gli ha raccontato di averlo denunciato, questo si è allontanato minacciandolo ancora una volta. Al termine delle indagini, gli investigatori hanno inviato all’Autorità Giudiziaria una completa informativa e la completezza del quadro probatorio ha consentito al PM della Procura della Repubblica di Roma – nell’ambito delle attività del gruppo reati gravi contro il patrimonio coordinato dal procuratore Aggiunto Lucia Lotti – di richiedere l’applicazione di misure cautelari. Il GIP Tribunale di Roma ha quindi accolto la richiesta. Al 17 marzo C.M. è riuscito ad estorcere al ragazzo circa 10mila euro.
CORONAVIRUS ITALIA Il bollettino del 21 Maggio
Attualità
Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

Tragedia alla Montagnola, nella periferia sud della Capitale: Mamun Miah, 27 anni, cittadino del Bangladesh e cuoco in un ristorante di piazza Venezia, è stato trovato senza vita al parco della Solidarietà, nei pressi del civico 393 di via Cristoforo Colombo. Il giovane è stato colpito al torace da una coltellata che non gli ha lasciato scampo, l’aggressore è fuggito ed è tuttora ricercato.
L’ipotesi investigativa principale resta quella della rapina finita male. Secondo alcuni amici della vittima, connazionali che spesso trascorrevano con lui le serate nel parco dopo il lavoro, Mamun avrebbe reagito a un tentativo di furto ed è stato accoltellato. I testimoni, pur trovandosi a una certa distanza al momento dell’attacco, raccontano di averlo visto discutere animatamente con un uomo nei pressi di un centro sportivo, non lontano dalla sua abitazione in via dell’Arcadia.
Ma il dettaglio che lascia perplessi è che nella tasca dei pantaloni del giovane è stato rinvenuto il portafoglio, completo di denaro e documenti. Un elemento che complica la lettura del movente: perché uccidere per rapinare, se poi l’aggressore fugge a mani vuote?
A destare ulteriori sospetti è l’identikit tracciato dagli amici di Mamun, che indicano come possibile responsabile un senzatetto della zona, noto per aggirarsi nei pressi del parco. Al momento, però, l’uomo non è stato rintracciato.
I carabinieri della compagnia Eur, insieme ai colleghi della stazione di San Sebastiano, stanno conducendo le indagini e sono già state acquisite le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nell’area per cercare di identificare chi fosse nei paraggi al momento del delitto. Sarà anche l’autopsia a fornire risposte decisive, chiarendo l’esatta dinamica dell’aggressione e se la vittima abbia tentato di difendersi.
Mamun Miah viveva da solo e lavorava duramente per mantenersi. I familiari, rimasti in Bangladesh, sono stati avvisati della tragedia. Nel frattempo, la comunità bengalese di Roma è sotto shock e chiede giustizia per un giovane la cui unica colpa sembra essere stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Un omicidio così brutale, in un contesto apparentemente tranquillo, riaccende i riflettori sulla sicurezza nelle aree periferiche della città: luoghi spesso dimenticati, dove la presenza delle forze dell’ordine non è costante e il degrado sociale favorisce l’emergere di situazioni pericolose. La morte di Mamun Miah non può restare solo una notizia di cronaca: deve spingere a riflettere su come tutelare davvero chi lavora onestamente e cerca solo una vita dignitosa.
Ultime Notizie Roma
Quando la fede diventa spettacolo: il caso del nuovo imam di Bologna

La figura dell’imam, tradizionalmente, ha un ruolo fondamentale: guida spirituale, punto di riferimento religioso e promotore di dialogo e di pace nella comunità. Ma cosa accade quando la predicazione si trasforma in spettacolo social, e le invocazioni in contenuti virali su TikTok?
È quanto sembra emergere dal caso del nuovo imam di Bologna, subentrato dopo che lo storico imam Zulfiqar Khan è rimasto bloccato in Pakistan per motivi di sicurezza nazionale. Il nuovo arrivato, giovane e popolare, ha portato con sé un linguaggio decisamente più acceso, una comunicazione più aggressiva e una presenza social sempre più invadente.
Le dichiarazioni dell’imam, come quando critica i musulmani che si scambiano gli auguri di Natale, definendo questo gesto inaccettabile perché “a Natale è nato il figlio di Dio, e dire che Allah abbia un figlio è un insulto”, oppure quando afferma che donne e uomini non dovrebbero parlarsi liberamente, non sono semplicemente controverse: sono l’espressione di una visione chiusa e rigida, profondamente in contrasto con i principi di libertà e convivenza che costituiscono le fondamenta della nostra società democratica
Non è questo l’Islam che conosciamo attraverso tante persone musulmane che vivono e lavorano pacificamente in Italia, che credono in una fede fatta di rispetto, carità, umiltà e fratellanza. Non è questo l’Islam che, anche nelle sue interpretazioni più conservatrici, invita al confronto con il mondo e non alla sua demonizzazione.
Ma è proprio qui il punto dolente: il confine tra religione e ideologia, tra fede e potere, tra guida spirituale e influencer radicale. La religione, qualunque essa sia, non può essere usata per intimidire, per imporre un modello di comportamento che nega libertà individuali, specialmente alle donne.
La preoccupazione sollevata da alcune voci politiche non può essere liquidata come semplice allarmismo: siamo di fronte a una forma di radicalizzazione che si traveste da predicazione, ma che nei fatti mina le basi della convivenza civile. Quando un imam, per di più giovane e popolare sui social, usa il pulpito per attaccare, giudicare e dividere, non sta diffondendo fede: sta alimentando una cultura del sospetto, della chiusura e del controllo.
La cosa più pericolosa è che tutto questo avviene sotto gli occhi di tutti, in video che raggiungono migliaia di visualizzazioni e parlano a un pubblico spesso giovane, in cerca di riferimenti e identità.
Continuare a ignorare questi segnali significa lasciare spazio all’estremismo, legittimarlo con il silenzio e permettere che cresca anche dove si dovrebbe invece coltivare il dialogo.
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