Attualità
ROMA – Venerdì 23 ottobre sciopero generale. Trasporti e scuole a rischio?

La CUB, Confederazione Unitaria di Base, ha indetto lo sciopero generale del 23 ottobre. Il sindacato chiede lavoro stabile e tutelato per aumentare salari, redditi, diritti e welfare
Lo sciopero del 23 ottobre investe tutti i settori del pubblico e del privato: da scuola e università, ai trasporti locali, ferroviari e aerei. Si fermano anche i lavoratori della sanità, degli uffici pubblici e delle poste. Lezioni e attività didattiche sono a rischio. La scuola, infatti, è un settore per il quale il sindacato denuncia stipendi bassi e la mancata stabilizzazione di molti docenti che lavorano da anni come precari. Non solo scuole elementari e medie, superiori e università: lo sciopero di venerdì 23 ottobre riguarderà anche scuole materne e asili nido. Lo scioperò interesserà anche il trasporto pubblico. Disagi previsti sul trasporto pubblico, locale e nazionale. In città si fermano bus, treni e metro, stop anche a ferrovie (Roma-Lido, Roma-Civitacatellana-Viterbo e Termini-Centocelle) e trasporto aereo. Il servizio sarà comunque regolare fino alle 8.30 e dalle 17 alle 20 durante le due fasce di garanzia.
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Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?
Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.
Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.
Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.
Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?
Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.
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