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L’ultima telefonata di Maradona al fratello: “Mi tengono qui chiuso, io voglio uscire”

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L’ultima telefonata di Maradona al fratello: “Mi tengono qui chiuso, io voglio uscire”

Continuano gli interrogativi sulla morte del campione argentino. Il racconto del fratello

A cinque giorni dalla scomparsa del grande campione argentino non si placano le polemiche. Dopo le accuse di negligenza e omicidio colposo nei riguardi del medico che seguiva l’ex calciatore, prende ora parola Hugo Maradona, fratello minore del pibe de oro,  a sua volta ex calciatore. Intervistato da Barbara D’Urso durante il suo programma domenicale, Hugo ha raccontato come viveva Diego durante la convalescenza post operatoria. “L’unico che gli stava accanto è mio nipote, che per lui era come un figlio. Lo affiancavano infermiera e dottore, ma non voleva nessuno in camera. Non so cosa sia successo e mi auguro che non sia stata trascurata la sua vita, o che ci sia stato qualche errore da parte dei medici. Ora ci sono le indagini, ci penseranno gli avvocati e la polizia in Argentina, se è vero quello che stanno dicendo mi fa il doppio del male perché non meritava di esser lasciato solo. Quello che mi sembra strano è che quando hanno chiamato l’ambulanza non è stato detto il nome di mio fratello, né il medico ne l’infermiera hanno fatto il nome di Maradona“. E sulle critiche legate alla condotta di vita del fratello ha preferito glissare: “Mio fratello si è fatto male da solo, mai ad altri. Parlare così di chi non si può difendere non è bello”, ha affermato.

L’ultima strana telefonata di Diego Maradona al fratello

Hugo, che vive in Italia, non ha potuto dare l’addio al fratello a causa delle problematiche di viaggio legate all’attuale pandemia da Coronavirus. Intervistato dalla rivista portoghese Caras, ha dichiarato di essere venuto a conoscenza della morte del fratello in modo del tutto inaspettato. “Ero uscito a comprare le sigarette, e il negoziante mi fece le  condoglianze. Lo ringraziai, ma non capii di cosa stesse parlando. In macchina mi chiamò mia figlia da Miami, mi chiese dove ero e cominciò a piangere. Mi disse di fermarmi perché doveva darmi una notizia. Le chiesi se fosse incinta. Lei invece mi disse: no papà, è morto lo zio. Non so neanche come ho fatto  a guidare fino a casa“. Hugo aveva parlato col fratello per l’ultima volta la domenica precedente; in quell’occasione Diego gli aveva detto una cosa strana. “Mi tengono qui chiuso, io invece voglio uscire”. “Io gli avevo risposto che presto sarei andato a fargli compagnia. Abbiamo litigato per 22 anni per cose futili. Ci scontravamo, ma era il nostro modo di dire che ci volevamo bene. Quando potrò tornare in Argentina andrò a trovarlo“, conclude Hugo.

 

 

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Il turismo che non vogliamo. “Stop ai viaggi organizzati lungo il confine di Gaza​”

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Il turismo che non vogliamo. “Stop ai viaggi organizzati lungo il confine di Gaza​”

Denunciamo con sdegno la promozione, da parte di alcune note agenzie turistiche internazionali, di “tour della realtà” al confine con Gaza, trasformando la tragedia umana della popolazione palestinese in un’attrazione turistica. Siamo di fronte a un’operazione cinica e inaccettabile, che sfrutta la sofferenza e la distruzione provocate da mesi di guerra per offrire “esperienze forti” a pagamento, con pacchetti che promettono scorci di città bombardate e la possibilità di “vedere con i propri occhi il confine con Gaza”.

Il tutto mentre la popolazione palestinese è sottoposta a bombardamenti, assedi, fame e deportazioni. Questa mercificazione del dolore umano è un oltraggio alla memoria delle vittime, una forma moderna di pornografia bellica, che contribuisce a normalizzare l’occupazione, la violenza e la disumanizzazione di un intero popolo.

Mentre la comunità internazionale dovrebbe mobilitarsi per il cessate il fuoco immediato e il riconoscimento dei diritti del popolo palestinese, c’è chi specula sulla guerra come se fosse un set cinematografico. È il riflesso più degradato di un sistema che fa profitto anche sulle macerie. Chiediamo l’immediata rimozione di questi “tour” dai portali di viaggio internazionali e l’apertura di un dibattito pubblico sull’etica del turismo nei contesti di conflitto.

Alcuni siti che promuovono questi viaggi sono tra i più visitati al mondo e contribuiscono a una narrazione tossica, che presenta solo un lato della guerra, legittimando l’occupazione e criminalizzando le vittime. Esprimiamo piena solidarietà al popolo palestinese e continueremo a battersi, in Italia e in Europa, contro il genocidio in corso a Gaza e contro ogni tentativo di strumentalizzarne il dramma. La guerra non è uno spettacolo. La morte non è un souvenir. Il turismo dell’orrore è complicità con il genocidio!”. Lo dichiara Giovanni Barbera della Direzione nazionale di Rifondazione Comunista.

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Art of play Roma e il lavoratore preso a pugni senza contratto. La risposta ufficiale della mostra

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Art of play Roma e il lavoratore preso a pugni senza contratto. La risposta ufficiale della mostra

L’organizzazione della mostra Art of Play desidera esprimere innanzitutto il proprio rammarico per l’episodio recentemente avvenuto presso l’esposizione in corso a Roma.

Dopo il pugno ricevuto che ha fatto il giro del web, arriva la nota ufficiale dell’azienda.

“Art of Play si avvale di agenzie esterne specializzate per l’ingaggio di performer e figuranti, tra cui la persona coinvolta nell’episodio. L’organizzazione di Art of Play ha un rapporto regolare con queste agenzie, pertanto non è direttamente coinvolta nei rapporti tra le agenzie e i lavoratori. Art of Play esprime ancora una volta vicinanza alla performer e si impegna a verificare eventuali irregolarità in sede appropriata”.

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