Cronaca
Regina Coeli: molestatore manda lettere alle sue vittime dal carcere

Regina Coeli- Sembra impensabile parlare di “guarigione”, è evidente che il condannato non si è perso d’animo e non veda l’ora di uscire per continuare i rapporti con i suoi prediletti, che orrore!
Il 46enne si trova dietro le sbarre dallo scorso giugno quando è stato condannato per violenza sessuale ai danni di ben 4 minori tutti di 16 anni. La sua permanenza all’interno del carcere sarà allungata notevolmente.
La causa di questo prolungamento, che per i carceri della capitale è veramente raro date le gravissime condizioni di sovraffollamento, non ostante ciò si è deciso di non fare uscire Alessandro Angeli proprio a causa delle sue continue attenzioni verso le sue vittime.
Le e-mail messaggi di affetto e venivano mandate dalla postazione internet del carcere, Angeli avrebbe sfruttato il poco tempo concessogli per inviare numerosissime mail alle sue vittime, attualmente in cure psichiatriche per gli abusi subiti.
Alessandro Angeli era il direttore di una Onlus, ma è stato conosciuto dai molti come colui che organizzava orge segrete con i ragazzi che doveva aiutare: la manipolazione era talmente profonda che è stato scoperto molto tempo dopo l’inizio degli abusi.
I ragazzi che molestava erano sicuri che fosse normale, ipnotizzati dalle parole di Alessandro. Lo seguivano nei suoi campi estivi organizzati con la Onlus e in tutti i suoi eventi a scopo “motivazionale”, mentre il pervertito preparava la prossima orgia.
Regina Coeli-Le indagini al tempo furono svolte in tempi record proprio per evitare la ormai certa reiterazione del reato, dato che i ragazzi lo visitavano costantemente anche dopo le accuse. L’uomo resterà dietro le sbarre per altro tempo.
Attualità
Gesù rivisitato: provocazione artistica o cancellazione simbolica?

Non si tratta, come spesso viene sostenuto in questi casi, di razzismo o omofobia. Il talento di Erivo è fuori discussione, così come il diritto del teatro di sperimentare linguaggi nuovi. Tuttavia, è lecito porsi una domanda: perché modificare radicalmente l’identità di una figura simbolica universale come Gesù Cristo?La figura di Gesù – maschile, ebraica, storicamente e religiosamente connotata – ha attraversato i secoli mantenendo un valore spirituale e culturale ben preciso; cambiarne l’aspetto, il genere e il profilo identitario non è un dettaglio creativo, ma un atto profondamente ideologico, un segnale del nostro tempo, in cui ogni rappresentazione tradizionale viene riscritta per adattarsi a criteri di inclusione sempre più rigidi e imposti.
L’inclusività è un valore importante, ma quando diventa un obbligo culturale che trasforma ogni simbolo in qualcosa di instabile e privo di radici, rischia di ottenere l’effetto opposto: non più unire, ma confondere.
Quando tutto può essere tutto, allora nulla ha più significato, e in questo caso non si rompe un tabù per cercare nuove verità, ma si sostituisce un simbolo per riscrivere ciò che rappresenta.
E il pubblico ha il diritto di chiedersi dove finisce l’arte e dove comincia l’ideologia.
Attualità
Omicidio a Racale: quando la violenza nasce dentro casa

Una donna uccisa a colpi d’accetta dal figlio, una casa di famiglia trasformata in scena del crimine. A Racale, nel leccese, il pomeriggio del 17 giugno si è consumato un delitto che sconvolge un’intera comunità: Teresa Sommario, 53 anni, è stata trovata senza vita nel proprio appartamento, colpita ripetutamente alla testa e al petto. L’aggressore è il figlio maggiore, Filippo Manni, 21 anni, fermato poco dopo in stato confusionale.
Il dettaglio più inquietante, oltre alla brutalità del gesto, è la sua matrice familiare…la violenza, ancora una volta, non arriva dall’esterno: avviene tra le mura domestiche, dove dovrebbe esserci protezione, affetto o almeno convivenza. Non è un caso isolato, il contesto di conflittualità all’interno della famiglia Sommario era noto ai vicini: litigi frequenti e tensioni che, probabilmente, covavano da tempo.
Resta da capire come e perché questa tensione sia esplosa in modo tanto estremo. È una domanda che accompagna ogni caso di cronaca nera in ambito familiare, ma che continua a non trovare chiarimenti adeguati. Il delitto di Racale ci mette davanti, ancora una volta, al nodo irrisolto della violenza che nasce all’interno di legami affettivi spezzati e distorti.
Il figlio minore, presente al momento dell’aggressione, lancia l’allarme. Anche questo elemento pesa: i figli come testimoni, e spesso vittime indirette, di drammi che segnano per sempre intere esistenze.
L’indagine chiarirà i contorni esatti della vicenda, il movente preciso e le responsabilità. Ma sullo sfondo resta una considerazione difficile da ignorare: le fratture all’interno della famiglia, quando ignorate o sottovalutate, possono degenerare e trasformare una casa qualunque nel teatro di una tragedia.
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